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REVIEWSLE RECENSIONI
14/02/2018
Bombay Royale
Run Kitty Run
Non ci si annoia con questi epigoni indo-australiani dei B 52’s, i quali, ve lo ripeto, potrebbero salvarvi dal tedio giornaliero, dalle zaffate di sudore che vi arrivano dal vostro vicino di autobus ...

Da qualche tempo la mia incazzatura nel sentirmi sempre le punte dei piedi freddi anche quando indosso scarponcini da neve è pari a quella di quando mi ritrovo ad ascoltare dei dischi insulsi e scontati. E questo accade sempre più spesso; i soliti suoni, la fuffa spacciata per oro, dischi talmente entusiasmanti che li uso per addormentarmi, tanto che ho abbandonato le gocce di lexotan.

Capita però, sempre più raramente, di ascoltare qualcosa di veramente eccitante che spezzi la solita routine fatta di ascolti distratti.

Prendi ad esempio i Bombay Royale, una band australiana di undici elementi con al suo interno due cantanti indiani, Parvin Kaur Singh, l’eroina in attesa di salvezza dalle grinfie di Shourov Bhattacharya ovvero la voce maschile, più un nativo di Melbourne nonché capoccia di tutta la banda, Andy Williamson, e un immaginario che noi europei abbiamo perduto da un pezzo.

La crew è al suo terzo album, “Run Kitty Run” il titolo, e ha già mietuto riconoscimenti in mezzo mondo, ha suonato al Womad, è stata inserita dalla rivista Rolling Stone USA come una delle dieci band che dovreste assolutamente ascoltare; insomma un po’ dappertutto tranne che (indovinate un po’) in Italia.

Cavoli vostri, mi verrebbe da dire, se vi accontentate della solita solfa.

Aggiungete un po’ di curry alla vostra dieta musicale e verrete scaraventati in una caleidoscopica sarabanda di suoni e atmosfere da film bollywoodiano. I Bombay Royale mischiano sapientemente suoni da spy movies e fantascienza da fine anno 60, surf music, crime jazz e disco e poi ancora tablas, sitar, bassi profondi, atmosfere da spaghetti western, il cantato in bengali, hindi e inglese, arie da melodramma indiano dove la voce in falsetto di Parvin si inerpica sulle note, alla ricerca di vette inesplorate. Canzoni come dei piccoli film a sé stanti, che non abbisognano di connessioni Wi-Fi e streaming per essere visti, se non quelli che il vostro cervelletto riesce ad elaborare.

Non ci si annoia con questi epigoni indo-australiani dei B 52’s, i quali, ve lo ripeto, potrebbero salvarvi dal tedio giornaliero, dalle zaffate di sudore che vi arrivano dal vostro vicino di autobus e dalle giornate in cui l’unica alternativa è quella di essere costretti a scegliere tra l’ennesima ristampa di una cariatide del rock o le playlist del solito dj cazzone di una qualsiasi radio rock-oriented. Io vi ho avvisato.