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REVIEWSLE RECENSIONI
30/07/2018
Culture Abuse
Bay Dream
In “Bay Dream” i Culture Abuse hanno le idee estremamente chiare: raccogliere l’eredità degli Weezer – melodie impeccabili sorrette da uno spesso muro di chitarre – e portarla avanti, verso gli anni Duemilaventi.

Una delle tante regole non scritte del Rock recita che una band californiana, prima o poi, deve rendere omaggio ai Beach Boys. I Culture Abuse, quintetto di San Francisco trapiantato a Los Angeles, non ha perso tempo e lo ha fatto già con il secondo album, Bay Dream. Ma andiamo con ordine. Formatisi nel 2013, i Culture Abuse (il cantante David Kelling, i chitarristi Nick Bruder e John McCarthy, il bassista Shane Plitt e il batterista Evan Pierce) hanno debuttato sulla lunga distanza con Peach nel 2016, si sono fatti notare con il singolo “Dream On” l’anno successivo e hanno poi firmato con la Epitaph di Brett Gurewitz dei Bad Religion, il quale li ha affidati al produttore Carlos de la Garza (Paramore, Jimmy Eat World, M83) e li ha spediti subito in studio. Il risultato è Bay Dream, un disco che sprizza California da tutti i pori.

Se in Peach i Culture Abuse suonavano ancora un po’ acerbi, incerti su quale direzione prendere – un po’ Hardcore melodico, un po’ Garage Punk, un po’ Grunge e un po’ Indie Alternative –, in Bay Dream David Kelling e soci hanno le idee estremamente chiare: raccogliere l’eredità degli Weezer – melodie impeccabili sorrette da uno spesso muro di chitarre – e portarla avanti, verso gli anni Duemilaventi. Via quindi le chitarre eccessivamente aggressive di Peach e largo a un sound più temperato, che fa di Bay Dream il disco perfetto mentre si è in auto, magari dalle parti di Santa Cruz, in un giorno di sole, alla ricerca della prima spiaggia libera a disposizione per fare surf.

E a questo punto si ritorna ai Beach Boys, dal momento che Bay Dream, come ogni album dallo spirito californiano che si rispetti, è sì un concentrato di grandi melodie, ma soprattutto un piccolo grande lavoro di produzione. A differenza di Peach, scritto e registrato nell’arco di un paio di mesi, per Bay Dream i Culture Abuse si sono presi tutto il tempo necessario, approfittando delle risorse che un’etichetta strutturata come la Epitaph ha potuto mettere loro a disposizione: un produttore come Carlos de la Garza che ha saputo assecondare i guizzi creativi di David Kelling, l’orecchio esperto di Brett Gurewitz per il missaggio e il contributo di due musicisti di vaglia come Zac Rae e Roger Manning Jr., che hanno suonato praticamente con chiunque, dai Jellyfish a Beck, passando per Morrissey e i Death Cab for Cutie.

«Peach was for the people. This one’s for us», ha detto David Kelling a Noisey a proposito di Bay Dream. E a sentire l’album, non si può che essere d’accordo con lui: c’è l’amore per quel Pop tipicamente West Coast fatto di armonie vocali e melodie cristalline, la semplicità e l’innocenza cartoonesca dei primi Ramones e la ricerca del ritornello perfetto tipica della scrittura di Rivers Cuomo, con il quale i cinque di Frisco condividono l’immagine del tizio della porta accanto à la Rick Moranis. E sottovalutare i Culture Abuse è proprio l’errore più grande che si può fare, dal momento che Bay Dream è un gioiellino di Power Pop che non smette di crescere ascolto dopo ascolto.