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REVIEWSLE RECENSIONI
19/10/2018
Therapy?
Cleave
Alla faccia del tempo che passa e della notorietà altalenante, ecco come con determinazione, passione e intelligenza si possa essere ancora sfacciatamente freschi e moderni. Ecco a voi i Therapy? e il loro nuovissimo Cleave.

Dopo quasi trent’anni anni di carriera, quattordici album alle spalle e un successo verso il grande pubblico che risale ormai a metà degli anni Novanta, chi l’avrebbe mai detto: i Therapy? suonano freschi e moderni come se fossero nati solo qualche anno fa.

Formatisi nel lontano 1989 in Irlanda del Nord, i Therapy? sfornarono solo qualche album prima di arrivare al 1993 e offrire alle stampe nei primi mesi del 1994 il loro album di maggior successo, Troublegum, che li fece amare e conoscere alle masse sulla scia delle sonorità dell’alternative rock tanto di moda in quegli anni. Successivamente i Therapy? hanno conosciuto alti e bassi: cambi di formazione, diverse critiche per molti degli album dalla seconda metà degli anni Novanta ai primi Duemila, alcune recensioni molto positive per alcuni dischi degli anni Duemila, fan che li hanno seguiti senza sosta e fan che hanno abbracciato solo alcune delle loro produzioni.

Ecco perché, senza aver sentito alcun commento o recensione all’alba del primo ascolto, dinnanzi all’idea di ascoltare il nuovo lavoro della band, non si generano necessariamente aspettative altissime. Certo, i Therapy? manipolano con sapienza il loro genere da tempo, mischiando rock, punk, metal e noise, e non ci si aspetta quindi un brutto disco, ma non si rimarrebbe nemmeno stupiti se fosse mediocre.

E invece si preme play, Cleave inizia il suo galoppo di soli 34 minuti con “Wreck it like Beckett” e non si hanno dubbi sul risultato: riff potenti e decisi, un groove classicamente anni Novanta e modernamente attuale, una linea di basso solida, un bel pattern di batteria e la bella voce di Andy Cairns, sempre pulita, flessibile, riconoscibile, fresca e incalzante.

Un giudizio positivo che non può che migliorare con la successiva “Kakistocracy”, una delle canzoni migliori dell’album, se non altro rispetto al significato che porta con sé. Cachistocrazia definisce infatti con una sola parola un concetto molto semplice, che in questi anni ci è purtroppo sempre più familiare: “il governo dei peggiori”. Coloro che con finta empatia nei confronti di chi ricerca in loro una guida, non fanno altro che creare divisioni, muri, rancori, scetticismo e mancanza di fiducia, governando con incompetenza e un livello vergognosamente basso di lungimiranza e umanità.

«Ti senti perso? Perché io mi sento perso. Ti senti deluso? Perché io mi sento così deluso. Ti senti tradito? Ti senti sconcertato? Come lo spieghiamo questo? Tu hai le risposte? Va bene non stare bene, va bene non stare bene, quando stai vivendo tutto questo».

Cleave passa poi attraverso la bellissima “Callow”, dalla melodia trascinante e dal gusto inequivocabilmente punk, dove Andy Cairns tratteggia una società zombificata e sotto pressione, che utilizza lo Xanax come unica forma di terapia e recuperando la sua passione per Hüsker Dü, Buzzcocks e Ramones (che si coglierà anche nell’altrettanto bella “Crutch”). «Se togli i miei demoni, porterai anche i miei angeli» canta nel ritornello, sottolineando da un lato come senza antidepressivi si passi dalle migliori vertigini ai peggiori abissi, e dall’altro, più in generale, come negoziamo il caos della vita di questi ultimi anni, capendo anche perché qualcuno preferisca intorpidirsi, in modo che nessuno si accorga delle sue (nostre) divisioni più intime.

“Success, Success Is Survival”, “I Stand Alone” e “No Sunshine”, oltre alle sopracitate, sono altre piccole perle nascoste tra le dieci tracce di questo agile e denso Cleave che, come indica la parola stessa (fendere, spaccare), ci parla delle spaccature e delle malattie del nostro tempo, quelle dei nostri governi e della nostra società.

Un disco attuale e degno di menzione per una band che, da sempre, decide di non adeguarsi e si sente fuori dal mondo, e che convince non una ma ben due volte, su due piani distinti. Sia del loro valore come gruppo, sia della necessità di resistere, di tenere alta l’attenzione verso ciò che ci circonda, di coltivare lo spirito critico e di non farsi fendere dalle divisioni che il mondo ci impone.

Quindi tiriamo fuori i muscoli, facciamo una bella iniezioni di adrenalina e scendiamo in trincea, i Theraphy? ci stanno già aspettando.