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THE BOOKSTORECARTA CANTA
Volevo solo andare a letto presto
Chiara Moscardelli
2016  (Giunti Editore)
LIBRI E ALTRE STORIE
all THE BOOKSTORE
19/10/2018
Chiara Moscardelli
Volevo solo andare a letto presto
L’unico pregio che posso riconoscere a questa accozzaglia di frasi da Baci Perugina, è il fatto di avermi portato a riflettere ancor di più su cosa sta diventando il mercato editoriale italiano: sempre più studiato a tavolino con operazioni di marketing ad hoc, avulso da qualsiasi contestualizzazione territoriale, sociale, storica.

Quando mi regalano un libro al primo impatto sono contenta; la gioia, dopo 8 secondi, si trasforma in ansia perché temo di trovarmi di fronte ad un libro già letto o, peggio, ad un libro che non leggerei mai nemmeno se da tale lettura dipendesse la cancellazione delle blatte dalla fauna di ogni latitudine. Poi, visto il libro, all’ansia può subentrare nuovamente la contentezza, o la curiosità, o la perplessità, o l’avvilimento e, in alcuni casi, non proprio rari, l’istinto piromane residuo di una vita precedente in cui facevo probabilmente parte dell’Inquisizione, dipartimento Indice libri proibiti.

Quest’estate mi hanno regalato un libro. Gioia. Ansia. Perplessità dovuta al fatto che non conoscevo l’autrice (il mio limite maggiore: conosco molto poco il panorama editoriale italiano contemporaneo, per un mio preconcetto, lo ammetto senza alcuna difficoltà). La persona che mi ha fatto questo regalo lo accompagna con la frase “So che tu leggi cose molto più serie di questo, ma è un libro molto divertente, mi ha fatto ridere tantissimo, una lettura leggera, per distrarsi”.

Allora: partiamo da quell’aggettivo “serie” detto con un tono e un’enfasi che sottintende tutta una sequela di accezioni tipo “pesanti”, “noiose”, “difficili”, “orribili” … come se le mie fossero letture di tomi del ‘600 sulla genealogia dei viceré spagnoli (che tra parentesi, a dirla tutta, hanno pure un loro perché). A parte questo, quel che mi ha inquietato è stato il passaggio “mi ha fatto ridere tantissimo” … Poteva significare tutto e niente: un libro di fine umorismo dunque? Una parodia? Un libro ironico alla Jerome K. Jerome? Divertente come un film di Totò e Peppino, di Troisi, o come uno di Boldi???

Allora ho deciso che la curiosità dovesse prepotentemente farsi strada nella mia testa e che avrei dedicato le successive due ore (“una lettura leggera, per distrarsi” per me si trasforma in “questo libro si legge in due ore” e questo non perché fa venir voglia di divorarlo) alla scoperta del meraviglioso mondo di Chiara Moscardelli. Eh già, perché nel frattempo apprendo, leggendo la quarta di copertina, che l’autrice è un vero e proprio caso di scrittrice italiana di successo; Volevo solo andare a letto presto è il suo quarto romanzo, ha venduto tantissimo con questo e con quelli precedenti, divertente, giovane… Insomma, ho cominciato a chiedermi come avessi fatto a vivere (e a leggere) fino a questo momento senza conoscere Chiara Moscardelli! Poi mi sono detta che non era poi un crimine non conoscere una scrittrice italiana, non si può conoscere ogni autrice di successo. Allora mi documento e scopro che la mia ignoranza è veramente abissale: la Moscardelli scrive romanzi che rientrano nel genere chick lit (!?) cioè letteratura per pollastrelle, vale a dire un genere rivolto ad un pubblico di donne giovani, single e in carriera. Confesso che ho cercato il termine su Wikipedia ove scopro che nel genere si possono annoverare, oltre a Orgoglio e Pregiudizio, e Emma, di Jane Austen, precorritrice del chick lit, capolavori del calibro de Il diario di Bridget Jones e Sex and the City!!!!

Tutti libri immancabili nella mia libreria! Ma la Moscardelli non scrive solo genere chick lit, lei scrive gialli chick lit! Ahhhh allora…

Mentre faccio mente locale alla ricerca del posto più adatto per allestire rapidamente un piccolo rogo, mi focalizzo sul titolo. Volevo solo andare a letto presto. Uhm... Non è proprio un granché ma il titolo non fa il libro, per citare un vecchio adagio, (e precisamente l’adagio che ho fatto proprio subito dopo l’uscita di un testo il cui titolo, La solitudine dei numeri primi, a me personalmente era piaciuto un sacco; poi ho letto il libro e… che ve lo dico a fare??!), e dunque ho iniziato la lettura.

Avevo sbagliato su due cose fondamentali:

1) il libro non si legge in due ore: ne basta meno di una, anche perché la metà delle frasi sono talmente banali che si può giocare a “Completa il periodo”; un esempio su tutti: in uno dei momenti che, secondo le pollastrelle, dovrebbero essere topici, quando la tensione è al massimo, come nel momento in cui assistete alla dimostrazione dell’utilità e della potenza dell’ultimo tipo di Folletto, la protagonista, parla di sé, della sua vita a questo tizio, che, sin dal primo incontro già sappiamo sarà il suo futuro marito, e dice che gli racconta tutto, anche le cose più intime; poi aggiunge “ero come…”??? Indovinate? Esatto: “un fiume in piena”. Vi giuro: avrei preferito una frase tipo “ero come una bottiglia di Coca scossa con forza per due ore cui improvvisamente levano il tappo” (poco poetica ma almeno inaspettata).

2) è realmente un crimine non conoscere i libri di Chiara Moscardelli perché se li conosci li eviti e non sprechi 40 minuti della tua vita, 40 minuti in cui, invece che leggere ovvietà, puoi fare qualcosa di più utile, e qualsiasi cosa sia sarà sicuramente più utile.

Il libro è di una banalità sconcertante. Non diverte, la trama è scontatissima, i personaggi stereotipati al massimo. Dalla prima pagina già si capisce come andrà a finire, addirittura si possono prevedere le caratteristiche dei coprotagonisti al solo sentirli nominare. Di giallo non c’è niente. Ora, io capisco che certe letture sono letture da spiaggia, per così dire (anche se mi sfugge sinceramente la ragione per cui una persona che va a prendere il sole sulla spiaggia debba leggere pessimi libri, forse per poterli buttare a mare senza rimorsi???), ma davvero questo libretto è imbarazzante. Non c’è un guizzo di inventiva: anche le situazioni che, nell’intento dell’autrice, dovrebbero essere comiche o sopra le righe, sono fondamentalmente noiose, trite e ritrite. Persino i nomi dei personaggi sono prevedibili, e questo davvero non mi era mai capitato.

L’unico pregio che posso riconoscere a questa accozzaglia di frasi da Baci Perugina, è il fatto di avermi portato a riflettere ancor di più su cosa sta diventando il mercato editoriale italiano: sempre più studiato a tavolino con operazioni di marketing ad hoc, avulso da qualsiasi contestualizzazione territoriale, sociale, storica. Un libro come questo si scrive in un soffio, chiunque potrebbe realizzarlo, e lo si potrebbe scrivere anche molto meglio. Solo che chiunque non lavora nel mondo dell’editoria mentre la Moscardelli sì, per cui ha gioco facile nel vederselo pubblicare.

È molto triste, considerato che, in Italia, ci sono tanti giovani scrittori dotati che non riescono a farsi spazio; infatti, a dispetto di quanto dicano molti scrittori di successo contemporanei  - “Ho mandato il manoscritto alla casa editrice e me ne ero quasi dimenticato quando mi hanno chiamato” - , è noto che le case editrici non accettano e non leggono i manoscritti, per cui un libro o te lo pubblichi da te sul web o a tue spese, o scordati di vederlo edito da una casa editrice più o meno nota.

Non si tratta, qui, di voler essere intellettuali a tutti i costi: va da sé che un genere come questo non ha pretese di premio Pulitzer ed è rivolto ad un target specifico. Ma non bisogna nemmeno cadere nell’equivoco, che ho visto riproporsi continuamente nei discorsi dei fan della Moscardelli, per cui un libro così esiste perché c’è un pubblico che lo vuole. È il contrario. E mi rifiuto di credere che le donne single, in carriera, giovani, e persino che tutte le pollastrelle, le oche e le galline, possano apprezzare storie di un tale livello, personaggi così insulsi.

Eppure, a ben pensarci, il libro di Chiara Moscardelli ha anche un altro pregio: mi ha fatto venire voglia di leggere, ma leggere un libro vero, di quelli che ti riconciliano con la letteratura, che magari alla fine possono anche non piacerti, deluderti, farti arrabbiare, ma almeno li puoi chiamare LIBRI.

PS: Se qualcuno di voi ha l’abitudine di leggere prima di dormire, e vi regalano questo libro, datemi retta: andate a letto presto.