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RE-LOUDDSTORIE DI ROCK
03/12/2018
Tarbox Ramblers
New Coffeehouse sound
La musica dei Tarbox Ramblers fuoriesce da una vecchia valigia di cartone legata con uno spago e gettata al volo sul retro di un vagone merci che attraversa le Grandi Pianure in una giornata d’inizio inverno.

Impolverata e appena colorata da un effetto seppia d’inizio secolo, dalla slide di Michael Tarbox trasuda molto fatalismo da Grande Depressione e una cascata di blues prebellico rigoroso eppure accattivante, suonato con piglio e volume moderni, impreziosito dal fiddle di Daniel Kellar e da una sezione ritmica agilissima e mai invadente. Un gruppo che aggiorna il repertorio del circuito delle coffee house universitarie che fu di Josh White, Blues Project e Big Boy Crudup, pescando in quell’enorme ed inesplorato territorio che va dalle piantagioni del Mississippi agli Appalachi, in equilibrio tra bluegrass, Piedmont Blues e Folk.

Pieno di traditional, senza farsi mancare momenti divertenti e ballabili (Jack of Diamonds, Honey in the Rock, Columbus Stockade), questi vagabondi dell’Est danno il meglio di sé quando il modo diventa minore e la slide attacca il jack e alza il volume per tessere una trama di “blue note” rinforzata dalla voce profonda del leader: Third Jinx Blues, No Harm Blues (un treno in corsa) e lo standard Shake 'Em on Down del nume tutelare Bukka Withe sono un mazzo di foto in bianco e nero che riescono a mantenere tutta la tradizione degli anni ‘30 e assieme un fragore e un ritmo addirittura rock, nello stile di John Campbell. Fra tanta bella roba una piccola menzione all’arcaica e ipnotica The Cuckoo, strisciante come un rettile nella sabbia, che continua a ronzare in testa anche quando tutto il disco è finito da un pezzo.