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REVIEWSLE RECENSIONI
10/12/2018
RedNeko Plane
RedNeko Plane
A prescindere dal risultato, è sempre un piacere e un sollievo ascoltare il lavoro di musicisti che fanno della sperimentazione e della ricerca l’obiettivo primario. Musica che ha come finalità esclusivamente sé stessa, la ricerca di un percorso nuovo senza aver definito a priori la meta finale.
di Emiliano Malavolta

In questo contesto si inseriscono i RedNeko Plane, trio jazz sperimentale che da poco ha pubblicato l’omonimo album d’esordio. Marco Scipione (Sax), Gianmarco Straniero (basso) e Alessandro Ferrari (Batteria) vengono da Pavia, sono attivi da qualche anno ma solo recentemente si sono affacciati a una platea trovando soddisfacente riscontro sulla scena locale.

Il jazz sperimentale dei RedNeko Plane è un jazz sicuramente contaminato. A livello concettuale l’improvvisazione si fonde con atmosfere che virano verso il rock e il prog, mentre a livello prettamente strumentale e sonoro la particolarità sta tutta nel giocare col sax collegato a pedaliere per chitarra andando a perlustrare in tal modo territori fortemente sperimentali e d’effetto, definendo il risultato come “stoner jazz” o dark jazz.

L’album parte con “Red”. Un inizio marziale che sfocia in un ritmo serrato con suoni distorti ci indica chiaramente con cosa avremo a che fare e ci prepara al pezzo successivo, “The Seed”, che da un incipit, diciamo, tradizionale, almeno nel sound, vira successivamente verso improvvisazioni dal sapore hendrixiano.

Della stessa forma canzone “Skywhale”, come se i Nostri volessero cullarci nelle nostre stesse sicurezze e poi prenderci per mano e portarci altrove:  il sax diventa synth, il sax diventa chitarra elettrica, il ritmo non lascia scampo, e quando crediamo di aver capito su quali territori ci stiamo muovendo arriva “#3” che ulteriormente sposta in alto l’asticella. I RedNeko Plane ci offrono sei minuti di pura sperimentazione che aumentano esponenzialmente in noi la curiosità di ascoltare live cosa sia tutto questo, perché alla fine mettere su disco necessariamente incatena, necessariamente definisce e limita.

Talvolta si ha l’impressione che il trio si spinga fin troppo oltre creando un sound pesantemente distorto e in netta contrapposizione con la melodia tracciata. Una tensione che ricorre in tutto l’album, un punto d’arrivo che pare inevitabile e i momenti, per così dire, tradizionali sembra siano solo una pausa per prendere fiato e per continuare la rincorsa ancora più forte.

Sulla stessa linea si continua con “Tbilisi”, pezzo lento e malinconico, più classico, se vogliamo, a cui seguono per la corsa finale “Born In The Echoes”, “Omega” e “Castalia” che in sostanza nulla aggiungono e nulla tolgono a tutto ciò che abbiamo detto finora.

Un esordio molto interessante e affascinante, quindi, che sicuramente trova nei live la sua giusta dimensione poiché quello che offrono i RedNeko Plane è un’esperienza sonora nella quale l’improvvisazione e l’ispirazione sono componenti primarie e irrinunciabili.

Rimane la curiosità di come continuerà tale percorso esplorativo, col rischio, sì, che possa ridursi in un circolo e alla fine risultare autoreferenziale ma poco importa, già da ora possiamo dire che ne sarà valsa la pena.