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REVIEWSLE RECENSIONI
12/03/2019
Indoor Pets
Be Content
Arrivano oggi al disco di debutto ma non sono degli esordienti, gli Indoor Pets. Con questo monicker la band è in giro dal 2015, ed ha alle spalle una nutrita serie di pubblicazioni, tra singoli ed ep. Naturale riflesso dei tempi odierni, in cui sollecitare in continuazione il mercato con uscite brevi, pare l’unico modo per provocare un’audience fin troppo restia ad impegnarsi troppo nell’ascolto.

Noi, peraltro, ci abbiamo già avuto a che fare in precedenza: a dicembre erano passati fugacemente da Milano, in apertura al concerto degli Ash, band con cui hanno condiviso un intero tour europeo. In Inghilterra li vedono come una sorta di next big thing, caricati forse dell’impegno gravoso di risollevare le sorti del Brit Pop. Ne escono parecchie, di band così, negli ultimi tempi, anche se rimangono più o meno tutte in secondo piano, adombrate dallo strabordante potere di ben altre sonorità.

Anche gli Indoor Pets, presumibilmente, non genereranno nessun isterismo e non scaleranno le classifiche (anche se i numeri che hanno in patria non sono malaccio) ma ciò non toglie che il loro mestiere lo sappiano fare benissimo. Jamie Glass (voce), James Simpson (chitarra), suo fratello Rob (batteria) e Ollie Nunn (basso) vengono da Sittingbourne, una cittadina del Kent con poco più di 50mila abitanti e si sono recentemente trasferiti a Londra, come facevano ai tempi d’oro del rock le band inglesi che volevano arrivare al successo.

Dividere il palco con un pezzo di storia come gli Ash è un buon indicatore del fatto che siano sulla buona strada, del resto. “Be Content”, oltre che un’opera prima è anche un mezzo best of di quanto fatto in passato, visto che tra una roba e l’altra, una buona metà dei brani era già uscita in altro formato.

Lavoro brillante, quadrato, ispirato e anche parecchio divertente, con un’aurea di spensieratezza che è solo apparente perché se ci si addentra in profondità questi brani appaiono più spessi di quello che sembrano.

Si sentono i Blur, i Weezer, gli Shins, i Teenage Fanclub, gli Strokes, in una sorta di ideale compendio di quel rock chitarristico che ha dominato classifiche e infiammato cuori in quel decennio che va grossomodo dal 1995 al 2005. Il tutto condito con un gusto melodico non lontano dagli anni ’60, a ricordarci che senza Beatles e Beach Boys non saremmo qui a parlare di queste cose.

Insomma, nulla di nuovo, tutto molto derivativo ma anche tutto molto bello. Perché gli Indoor Pets, a conti fatti, hanno le canzoni dalla loro parte. Canzoni costruite in modo elementare, rapide nell’incedere e letali nell’esecuzione, con tantissime chitarre che esplodono in continuazione e mandano scintille da ogni parte (prezioso in questo senso il lavoro dietro al mixer di un sapiente Claudius Mittendorfer, che ha saputo far risaltare al meglio la potenza di fuoco del quartetto) e melodie vocali efficacissime, che spesso e volentieri sfociano in ritornelli perfettamente indovinati.

“Be Content” vive di costanti accelerazioni, di brani costruiti su Up tempo nervosi ed incalzanti. È il caso di “Teriaky”, “Thick”, “Crouch”, della quasi Punk “Cutie Pie, I’m Bloated”; poi ci sono potenziali Smash Hits come “Spill (My Guts)”, “Good Enough”, “Being Strange” o l’anthemica “Heavy Thoughts”, col suo ritornello fatto apposta per il singalong. O ancora, la botta tremenda di “Pro Procrastinator”, il martellamento ritmico di “Mean Heart”, che vede anche un bel lavoro di chitarra in sottofondo. Un solo episodio in cui cala il ritmo e si respira un’atmosfera più rilassata: la quasi ballad “The Mapping of Dandruff”, idea interessante (soprattutto nel titolo, credo sia la prima band della storia a mettere in una canzone un problema di cuoio capelluto…) ma realizzazione che non va oltre la sufficienza.

Se vi piace un certo genere, gli Indoor Pets sono la band che fa per voi. In caso contrario, difficile che possano interessare. Rimane comunque la piacevole certezza che un disco ben scritto e suonato, pur senza aggiungere nulla a quelli che già abbiamo in scaffale, sia in grado di farci passare momenti piacevoli. E magari il prossimo sarà pure meglio.