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REVIEWSLE RECENSIONI
03/04/2019
Circa Waves
What's It Like Over There?
Curioso come siamo sempre teneri e pieni di aspettative verso le band che amiamo; ancora di più se le abbiamo viste nascere.

“Young Chasers”, l’esordio discografico dei britannici Circa Waves, ci aveva in qualche modo fatto sognare ad occhi aperti, nel figurarci un’ascesa inarrestabile, una scalata delle charts, ruoli da headliner nei principali festival e noi che, sornioni, anni dopo avremmo potuto dire: “Me li ricordo bene, quando hanno iniziato…”. Tutte cazzate da snob intellettualoidi o da hypster frustrati (a proposito, che fine hanno fatto? Sono l’unico a notare che è una parola che nessuno usa più da qualche anno a questa parte?), perché poi alla fine raggiungere il successo è un terno al lotto, è un processo che si muove spesso sul filo di una casualità imprevedibile.

I Circa Waves non ce l’hanno fatta. Avevano forse tutti i numeri per esplodere, di sicuro l’ingrediente più importante, le canzoni, non gli è mai mancato. Probabilmente però, sono arrivati fuori tempo massimo. Oppure, come appare più probabile, sono semplicemente una band come tante altre, seppure bravissimi a fare quello che fanno.

Fatto sta che già col successivo, ugualmente ottimo “Different Creatures”, si è capito che di treni per la gloria non ne sarebbero passati più. Oggi che arriva al terzo disco, il quartetto di Liverpool sempre più conscio dei propri mezzi, rilassato e a proprio agio. Li ho intervistati a febbraio ed ho capito che, davvero, certe speculazioni dietrologiche possono interessare solo a noi che scriviamo di musica per passione. Perché loro se ne fregano altamente. Amano stare sul palco, amano registrare dischi, amano passare del tempo coi loro fan. Rilassiamoci e godiamoceli perché alla fine è questo che conta. Per cui non diventeranno i nuovi Strokes (credetemi, se fossero nati 15 anni prima li avrebbero surclassati alla grande) ma “What’s Like It Over There” è un’altra grandissima prova di forza da parte loro.

Una prova che ce li riconferma in ottima forma ma anche con una certa voglia di osare. Dopo i rumori da orizzonte aperto della title track/intro, arriva la sorpresa di “Sorry I’m Yours”, un brano che esplode solo nel ritornello, mantenendosi però su di un mid tempo robusto, dai toni vagamente epici. E ancora, la successiva “Times Won’t Change Me”, cadenzata e dalla forte impronta Bluesy, con un pianoforte in evidenza (loro che praticamente non l’hanno mai usato).

Per ritrovare i Circa Waves che conosciamo bisogna aspettare “Movies”, che è anche il primo singolo uscito, perfetta Brit Pop Song con ritornello irresistibile, molto adolescenziale nelle atmosfere.

È in effetti un album dotato di una maggiore ricerca sonora, cosa visibile anche nel secondo singolo “Me, Myself and Hollywood”, andamento rallentato e atmosfera contemplativa con la chitarra acustica in evidenza. O ancora “The Way We Say Goodbye” e “Passport”, dove affiora il loro lato più romantico e ricompare il pianoforte.

Rimane comunque un lavoro di facile presa e di chiara impronta Pop rock, con pure qualche ammiccamento in più alle sonorità americane (“Motorcade” in questo senso è splendida, con le sue dilatazioni chitarristiche ed un ritornello tra i più riusciti del lotto) ed un altro paio di episodi (“Be Somebody Good” e “Saviour”) che sono in linea con quanto fatto in passato.

Insomma, se le mode passano, se il sovraccarico di band e di dischi in uscita è tale da non poterci più permettere di fare bilanci e trarre conclusioni, i Circa Waves rimangono una piacevole certezza. Un altro tassello di quello che è ormai un cammino artistico di comprovata qualità. Non importa in quanti effettivamente se ne accorgeranno.