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MAKING MOVIESAL CINEMA
Ethel & Ernest (A True Story)
Roger Mainwood
2016  (Lupus Films)
ANIMAZIONE
all MAKING MOVIES
31/07/2017
Roger Mainwood
Ethel & Ernest (A True Story)
Sembra tanto, per un piccolo film, per una piccola storia, riuscire a condensare 50 anni di Storia e di vita assieme, e spesso sono piccole scene, piccoli sprazzi di vita domestica quelli che ci propone, come fosse una versione fatta a film dell'inizio poeticamente perfetto di Up.

È una storia semplice quella di Ethel e Ernest, la storia di due non così giovani che si innamorano, che trovano nell'altro quell'anima gemella che non credevano possibile, per un caso fortuito, per un panno sventolato al vento e un percorso scritto per andare a lavoro.

Così si conoscono, e in tempi in cui il fidanzamento dura poco e poco prevede, si sposano, comprano casa, fanno un figlio, uno solo, e con difficoltà. Quel figlio cresce, con tutte le difficoltà del caso e dell'adolescenza, cresce e finisce per appassionarsi all'arte, mentre lei, Ethel, fa la casalinga che tutto commenta e tutto vuole perfetto, e lui, Ernest, lavoratore instancabile, tutto ripara, tutto legge, laburista convinto com'è.

È una storia semplice, sì, e vera soprattutto.

La storia di una famiglia che non ha nulla di speciale, ma proprio per questo speciale lo è.

A raccontarla, quel figlio appassionato d'arte che con la graphic novel omonima ha vinto nel 1999 il British Book Award, a dar voce ai suoi genitore, e a lui stesso, attori d'eccezione e qui strepitosi come Brenda Blethyn, Jim Broadbent e pure Luke Treadaway.

La semplicità di questa storia, è quella che ce la fa entrare nel cuore, nonostante gli spigoli da perbenista e altezzosa di Ethel,  nonostante il buonismo eccessivo di Ernest. Ma il loro amore, la loro famiglia, che affronta la depressione economica, la Seconda Guerra Mondiale, i bombardamenti e l'esilio nelle campagne del figlio, l'arrivo della tecnologia, tra TV e telefono, il susseguirsi dei politici in Parlamento, ne fanno un'epopea moderna, quella che in Inghilterra la classe medio-borghese conosce un gran bene.

Sembra tanto, per un piccolo film, per una piccola storia, riuscire a condensare 50 anni di Storia e di vita assieme, e spesso sono piccole scene, piccoli sprazzi di vita domestica quelli che ci propone, come fosse una versione fatta a film dell'inizio poeticamente perfetto di Up.

Chiusi in quella casetta affiancata e ordinata, che poco a poco, con aggiustamenti, ritocchi e occasioni, diventa una casa, con i disegni dai tratti lievi e bonari, con i colori pastello e caldi, ci si emoziona. E questi 50 anni volano, il piccolo Raymond cresce e a vista d'occhio, cambia, pure, mentre i genitori si fanno più anziani, mentre spuntano boccette di medicinali vicino al divano, affianco al letto, mentre la memoria si affievolisce e quel gatto nero che gira nel quartiere si fa indispensabile compagnia.

E allora, questa piccola storia che racchiude il grande amore di un figlio che lo sa che forse non tutto è andato così, che le sente già le critiche di una madre difficile ma amorevole, tocca corde profonde, tocca nella sua semplicità, nell'essere vera, ognuno di noi.

Perché a volte, si sa, sono le cose più piccole, come un piccolo seme, a regalare le emozioni più grandi.