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RE-LOUDDSTORIE DI ROCK
01/08/2017
THE PRISONERS
I prigionieri del Mod Revival
Garage/Beat immediato e solido R’n’B bianco approcciati in forme ruvide e malinconiche come nella migliore tradizione della Medway Scene.
di Giorgio Cocco

E’ il 1980 quando la band si forma a Rochester, nel sud dell’Inghilterra, per iniziativa di Graham Day, un 16enne innamorato del Punk quanto di Small Faces, Kinks e Pretty Things, del bassista Allan Crockford e del batterista Johnny Symons. Una canzone del ‘79 è perfetta per battezzare la band: Prisoners dei Vapors (quelli della hit Turning Japanese). Poco prima dell’esordio a 33 giri, A Taste Of Pink!, si unisce al gruppo James Taylor che, con il suo Hammond onnipresente, risulterà fondamentale per la resa ultra-garagista del sound del quartetto inglese. Il disco, autoprodotto in linea con la filosofia DIY molto in voga in quegli anni, suona grezzo e istintivo facendo comunque intravedere le grandi potenzialità della band e riuscendo, cosa più importante per un manipolo di assoluti esordienti, ad intercettare l’apprezzamento di John Peel che li trasmette nel suo programma radiofonico della BBC. D’ora in avanti tutta l’attività dei Prisoners si svolgerà a Londra, dove si stabiliscono nell’83, rendendosi protagonisti di concerti incendiari diventati vieppiù leggendari in seguito alle cronache entusiaste dei giornali dell’epoca. Questi primi successi costituiranno un buon viatico per accaparrarsi un contratto con la potente Ace Big Beat e per la registrazione di TheWiserMiserDemelza, l’album della piena maturità artistica. Hurricane, Love Me Lies, The Dream Is Gone e Melanie (uscita poco dopo nell’Ep Electric Fit) non faticano a diventare dei piccoli inni generazionali: Garage/Beat immediato e solido R’n’B bianco approcciati in forme ruvide e malinconiche allo stesso tempo come nella migliore tradizione della Medway Scene. I fan dei Jam, che proprio nell’83 si sciolgono dopo l’uscita di The Gift, possono smettere di versare lacrime perché i Prisoners incarnano gli stessi ideali musicali ed estetici della band di Paul Weller. Un’eredità ingombrante anche in termini di successo commerciale, che Day e compagni non sapranno replicare al botteghino, ma che onoreranno artisticamente, soprattutto con gli ultimi due album della loro storia discografica, The Last Fourfathers dell’85 e In From The Cold dell’anno successivo. Entrambi i lavori indirizzeranno ulteriormente la band sul versante del Mod Revival fino a diventarne i protagonisti incontrastati, nonostante affermino e a più riprese, di non sentirsi a loro agio in nessuna scena musicale in particolare. Queste dichiarazioni a lungo andare produssero più guasti che agi - siamo negli anni delle forti contrapposizioni tra generi e movimenti - soprattutto in termini di vendita e fidelizzazione di un pubblico più ampio. E’ in questo biennio che lo scrigno di famiglia si arricchisce di altre gemme preziose a partire dalle indimenticabili I Am The Fisherman e Whenever I’m Gone. Oppure la fantastica cover della Hush di Joe South che 10 anni dopo verrà plagiata dai Kula Shaker ottenendo un successo planetario. Saranno comunque in tanti a godere del lascito artistico dei Prisoners tra i più sfacciati gli Inspiral Carpets, i Charlatans e gli stessi Blur di inizio carriera. Insomma, una parte importante del Brit Pop milionario dovrebbe corrispondere parte delle royalties a Graham Day e i suoi Prisoners. Dall’86 in poi Taylor e Day percoreranno strade diverse, James Taylor e il suo Quartet riuscirà a ricavarsi una buona fetta di notorietà grazie a una formula di Acid/Jazz elegante ed amichevole (nei primi tre album compare anche il basso di Allan Crockford). Per Graham Day bisognerebbe invece aprire un lungo capitolo, ci limitiamo a citare solo alcuni tra i progetti più apprezzabili: Prime Movers e Solarflares (con Crockford figliol prodigo), le collaborazioni con Billy Childish (Thee Mighty Caesars, Buff Medways) e più recentemente l’attività solistica con l’apporto dei Gaolers e dei Forefathers. Infine, i Prisoners: ogni tanto una breve rimpatriata, come nel ‘94 per una serie di esibizioni dal vivo o nel 97 con la registrazione di un ultimo singolo, Shine On Me, straordinario pezzo Garage/Soul, inaspettato quanto desiderato con fervore devozionale dalle schiere di fan che si fanno sempre più nutrite con il passare degli anni.