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MAKING MOVIESAL CINEMA
Le Vite degli Altri
Florian Henckel von Donnersmarck
2006  (01 Distribution)
DRAMMATICO
all MAKING MOVIES
06/09/2019
Florian Henckel von Donnersmarck
Le Vite degli Altri
Nonostante la direzione di Von Donnersmarck sia perfettamente calibrata e quasi dimessa, lontana dall'eccesso e da qualsiasi forma di spettacolarizzazione, ci prendiamo noi la responsabilità del superlativo, dimensione comunicativa che nella descrizione di un'opera andrebbe sempre centellinata.

Nel 1984 la Germania era ancora divisa in due, da lì a qualche anno il muro sarebbe crollato e le vite di molti tedeschi sarebbero cambiate in maniera profonda. Ma nel 1984 i cittadini della DDR vivono ancora in una Repubblica Democratica Tedesca che di democratico ha davvero poco, la Germania Est, esponente del blocco sovietico, è in realtà un Paese in cui ogni forma di dissenso verso il Governo e l'impostazione socialista della società viene aspramente punita in maniera sistematica (o quasi), iniqua e vessatoria. È uno scenario dove oltre alla repressione degli avversari politici e delle menti illustri capaci di denunciare al mondo la situazione di grave mancanza di libertà in cui versa il popolo della DDR, anche l'abuso privato degli esponenti del Partito dominante diventa prassi comune, procedura incontrastabile dal cittadino costretto a vivere all'interno di uno scenario svilente e depressivo che produce gravi conseguenze nel tessuto della società. È in questo contesto che il regista Florian Henckel von Donnersmarck, nato a Colonia, ambienta il suo primo lungometraggio ricostruendo uno spaccato d'epoca immersivo e realistico, grazie anche a una scelta cromatica sulle immagini e alla fotografia di Hagen Bogdanski che traducono molto bene il senso di oppressione e bruttura nel quale gli abitanti della Germania Est devono aver vissuto in quel dato periodo storico.

Il Capitano Gerd Wiesler (Ulrich Mühe) è un convinto sostenitore del socialismo, lavora per la Stasi, il corpo di polizia volto a scoprire qualsiasi forma di ribellione e dissenso nei confronti del Partito di governo, un'organizzazione temuta dall'intera popolazione di Berlino Est. Dopo aver assistito a un'opera teatrale insieme al suo superiore, il Tenente Grubitz (Ulrich Tukur), i due decidono di mettere sotto controllo lo sceneggiatore Georg Dreyman (Sebastian Koch), scrittore solitamente nelle grazie del Partito. Per Grubitz è un modo per assecondare un volere del ministro Hempf, invaghitosi dell'attrice Martina Gedeck (Christa-Maria Sieland), amante dello sceneggiatore, Wiesler è invece interessato alla donna in maniera più complessa e sincera. Iniziate le intercettazioni Wiesler avrà modo di entrare nelle vite di Dreyman e Gedek, imparando a poco a poco quanto possa essere tragico perdere libertà e dignità in un Paese dove è troppo facile pagare per un capriccio, in situazioni di assenza di colpa o anche solo per un semplice e sacrosanto desiderio di poter pensare e assaporare un futuro libero e felice. L'esperienza porterà il protagonista a un'evoluzione che lo metterà di fronte a scelte difficili alle quali saprà far fronte anche grazie a freddezza ed esperienza accumulate in tanti anni di servizio.

Le vite degli altri è un grandissimo film alla fine del quale non sarà difficile ritrovarsi con gli occhi umidi. Nonostante la direzione di Von Donnersmarck sia perfettamente calibrata e quasi dimessa, lontana dall'eccesso e da qualsiasi forma di spettacolarizzazione, ci prendiamo noi la responsabilità del superlativo, dimensione comunicativa che nella descrizione di un'opera andrebbe sempre centellinata. Ribadisco, Le vite degli altri è un grandissimo film, capace di raccontare in un misto di pubblico e privato quella che per tante persone deve essere stata una vita di vero e proprio terrore psicologico (pensiamo alla figura marginale della vicina di casa di Dreyman per esempio) andando a creare un vero e proprio documento storico che potrebbe essere usato come strumento conoscitivo e soprattutto educativo. Il regista trova in Ulrich Mühe (purtroppo scomparso poco dopo l'uscita del film) un protagonista straordinario, di un'intensità rara nonostante l'attore non faccia ricorso a un catalogo espressivo molto ampio; pur appartenendo alla fazione di potere, il personaggio interpretato da Mühe lascia trasparire un'indole dimessa e più vicina al timore del popolo, costretto a vivere sempre sul chi va là, in contrasto con la lussuriosa prepotenza del ministro Hempf e con l'arrivismo del superiore Grubitz. E se all'esterno Mühe costruisce un personaggio compassato e in sottrazione, riesce in maniera ineccepibile a far trasparire mutamenti e tormenti appartenenti alla sfera dell'animo e della coscienza, sfere che subiranno un percorso di mutazione che apre squarci di speranza che, lo sappiamo da subito, otterranno poi conferme con la caduta del Muro di Berlino cinque anni più tardi. Dopo un film di grande bellezza, quando i giochi sembrano ormai fatti, il muro è caduto, arrivano ulteriori emozioni a confermare l'equilibrio di una sceneggiatura di grande valore (sempre di Von Donnersmarck) capace di portare lo spettatore fino alla commozione.

Sarebbe ingiusto non sottolineare come oltre al protagonista tutto il cast rende un grande servizio al film, così come tutte le maestranze hanno svolto un gran lavoro di ricostruzione d'ambiente. Le vite degli altri è uno dei più bei film recenti di genere storico/politico, un grande dramma, un'ottimo melò volendo. Il tutto da un regista che all'epoca dei fatti narrati, negli anni di quel particolare contesto, era poco più di un bambinetto di una decina d'anni.


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