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SPEAKER'S CORNERA RUOTA LIBERA
24/08/2017
(To live and die in Milano - note sul punk e oltre)
Tonito Memorial
di Stefano Galli steg-speakerscorner.blogspot.com

Premessa metodologica: questo scritto è la versione, stesso titolo, alleggerita (quanto a note a piè pagina, anche molto estese) di un post presente sul mio blog e in parte ripreso altrove, con mia previa autorizzazione. Ove necessario, ho optato per inserire nel testo (spesso in parentesi) alcune di dette note, ma senza riferimenti bibliografici o fonografici, anche di citazione.

Per chi volesse leggere la versione integrale e precisa dello scritto, magari leggendosi prima la prefazione (che è un post separato), rimando al mio blog, ove sono anche riprodotti alcuni disegni di Tonito.

  1. Ragioni di un tributo

Ci sono le persone che nella vita ti segnano: spesso sono quelle frequentate poco, e così esse mantengono un’aura inscalfibile che invece è negata a coloro che sono l’abituale, o anche il solo soventemente, incontrare.

Nel novero di questi pochi che per sempre si ricorderanno, è la regola che si tratti di persone ammirate, anche invidiate.

Difficile eccezione è invece quando negli scranni più alti della memoria siedono, fra le altre, figure oscure o comunque figure che non rientrano (più? Penso al Colonel Kurz di Apocalypse Now) nella norma, la cui alterità non è però (come invece si “dovrebbe fare” per non rischiare) respinta da chiunque.

Io vedo i giovani di oggi, e sono ormai tutti come quelli che venticinque anni fa o giù di lì si “facevano il codino” di capelli: per me sono indistintamente impiegati-del-piercing, travet-del-mohawk, tatuati-a-reddito-fisso. Trasgressione dopolavoristica insomma, come i “part-time punks”.

Ovvero nessuno è più in grado di offrire una immagine che sia capace di scontrarsi con il resto e, quindi, che sia utilizzabile come riferimento per chi si scopre non allineato, ma si sente ancora indefinito. Il punk, quello originale, ha infatti fornito ed esaurito l’ultima chance di conflittualità ed elitarietà.

Oggi niente è ancora in grado di – almeno – epater le bourgeois perché, appunto, come sempre si è lamentato da parte nostra, intorno al 1979/1980 tutto si è organizzato in modo da poter sempre massificare ogni indicatore di ribellione giovanile per trasformarlo rapidamente in commodity; nel frattempo si sono create generazioni in cui non ci sono più i kid che si oppongono agli adulti, bensì i primi semplicemente si defilano ed i secondi invece tentano di fare gruppo.

Questo scritto invece è il tributo a un kid che si era messo contro, e a un certo punto dal contro è finito nella road to ruin, senza possibilità di uscirne più fuori. E infatti è morto, nel 1996, il 26 settembre a meno di cento giorni dal suo trentasettesimo compleanno, il 6 dicembre.

Ma era brillante, e intelligente, e tagliente, oh! come tagliava. Così non è mai stato noioso perché pure nel grigio sempre più grigio, del quale vedevi via via rivestire la sua vita e poi anche il suo incarnato, saltava fuori una frase che non ti aspettavi oppure una nuova curiosità che era la espressione della sua ansia intellettuale combinata con l’indubbia sua propensione ad essere al centro della attenzione. Dunque un artista.

Questo è il mio omaggio a Tonito (nato Antonio (Nicola Benedetto) a Milano da famiglia di origini della Venezia Giulia, di Fiume - Fiume, Italia; non Rijeka, Croazia), con un’ultima considerazione introduttiva: qualche mese dopo aver cominciato questo scritto ho focalizzato chi mi ricorda letterariamente Tonito, sebbene senza le ambivalenze sessuali del personaggio: il Dargelos che si incontra ne Les Enfants Terribles e anche un certo Paul, amico del protagonista di Perfect Tense di Michael Bracewell.

Per il resto: “but the truth is only known by guttersnipes”.

  1. Incontro

Premetto che quella faccia io la avevo già vista, forse un lustro e più prima. Era quella del ragazzino con cui si poteva – appunto – aver paura di finire a fare a botte, nella strada; quello da cui i genitori ti dicevano di stare lontano, anche se magari non veniva da una famiglia povera, ma sembrava “come se” e le apparenze bastavano ai giudizi parentali.

Oppure si trattava di fugaci “incroci” di sguardi fra schieramenti politici diversi?

Altezza media, longilineo, capelli castano chiari, naso sottile, lobi delle orecchie quasi assenti, occhi grigi e un sorriso da The Joker (volendo, un giovane Leonardo Di Caprio avrebbe potuto impersonarlo) che non prometteva nulla di buono.

Conosco Tonito nel settembre/ottobre del 1977: fuori dalla chiesa sconsacrata di Largo Formentini, in zona Brera (in quella Milano “da terremoto”, come dichiarò molti anni dopo Enrico Ruggeri), prima di un concerto dei Trancefusion.

Poco ricordo di quell’incontro fra noi due diciassettenni, parte di una scena punk pressoché invisibile a Milano che sbriciola anche le fazioni rosse e nere, ma una sua frase mi resta attaccata: “la mia fidanzata assomiglia a David Bowie, ha i capelli rossi come lui” (la fidanzata dell’epoca è Rosso Veleno, sorta di vestale del punk milanese piuttosto una ribelle in sandali stiletto patent leather di Sex/Seditionaries, scappata dal marito benestante portandosi dietro il figlio, che non una asessuata in anfibi come Patti Smith).

Tonito è un bowiano e sempre lo sarà, di quelli ricompresi fra Ziggy e Halloween Jack piuttosto che accodati alla svolta del Sottile Duca Bianco, e forse una definizione per lui potrebbe essere “A lad inSane”.

  1. Tonito

Tonito ha studiato sassofono (“Come David Bowie”, ama precisare) (e anche violino, come Mick Ronson, pare), ma le sue scelte musicali lo portano alla chitarra elettrica (basso incluso) e alla voce.

Dopo qualche esperienza senza nome (fine 1976, con Tiberio, Marcello e Franco. I riferimenti sono: Rolling Stones, New York Dolls, David Bowie, massimamente.) milita innanzitutto nei T.V. Vampire nel 1978, cui seguiranno a cavallo delle due decadi i Borstal Dampers, i Mittageisen, i Chaos Brothers e i 198X.

È sicuramente, stante anche Rosso Veleno promotrice di questo raro evento spartiacque post-1977, fra coloro che con coscienza di causa (davvero pochi specialmente la prima sera) sono al X-Cine di Milano per i due concerti di Adam And The Ants del 16 e 17 ottobre 1978.

Ed è in quell’anno in cui il punk si cristallizza - nel senso che il nuovo sarà altro, dopo frequentazioni alternate, che lo ritrovo iscritto a Giurisprudenza alla Università Statale: “faccio legge per diventare un perfetto fuorilegge”, testuale, mi dichiara a pochi minuti da una lezione pomeridiana in aula 208 (o 201) avvolto in un impermeabile grigioverde già poco bastevole ad arginare le brume autunnali.

Lì nasce ovviamente il personaggio: con la sua scostanza affascina le compagne di facoltà (cui magari gli altri ragazzi fanno la corte senza successo): battute come “quella si è truccata con il ragù” facendo riferimento ad un fard mal applicato, oppure “ha le scarpe a punta per schiacciare le formiche negli angoli” rivolta a un compagno non fanno ridere molti dei presenti (i quali però a noi fanno pena).

Con fatica Tonito frequenta la prima lezione del mattino di Diritto Costituzionale; non è inusuale che durante le ore di corso, chino sul banco, egli disegni scenette e simili su piccoli fogli a quadretti. Fra i denti mi dichiara la sua stima per il Professor Trimarchi, seconda ora del mattino dal lunedì al mercoledì, docente di Istituzioni di Diritto Privato.

Qualche volta, se c’era lezione anche al pomeriggio, si andava a mangiare insieme in Piazza Santo Stefano, in un locale che non esiste più: Palma Focacce e mi ricordo una sua frase curiosa, perché probabilmente essa era a cavallo fra realtà ed invenzione letteraria (ancora conradiana: Typhoon): commentando chi ci serviva – per noi era vecchio, avrà avuto una cinquantina di anni capelli grigi e viso segnato – disse che dai muscoli e dai tendini, in evidenza nel portare cibo e bevande ad un altro tavolo, era chiaro che si trattasse di un ex pugile.

Si compera gli stencil per scrivere gli slogan sui capi di abbigliamento, come facevano The Clash.

Nella stagione fredda del 1978/1979 – quella in cui gli argomenti di discussione erano, direi, gli album di esordio di Siouxsie And The Banshees e Public Image Ltd. nonché il secondo di The Clash – dal frequentarci quotidiano saltavano fuori anche proposte che si trasformavano in suoi bidoni: un concerto di sassofonisti jazz al Cineteatro Ciak, per esempio dove non si fece vedere; ma è anche grazie a lui che, stessa venue, vidi: Freaks di Todd Browning preceduto da un recital di Leopoldo Mastelloni (meglio di così avrebbe potuto essere solo un cartellone inverso dove a seguire il film ci fosse stato Carmelo Bene, direi) e The Man Who Fell To Earth con protagonista David Bowie (ovviamente …).

Tonito è un grande appassionato di cinema: anche Vanishing Point lo devo a lui.

Per adiacenza climatica, registro qui un aneddoto che risale a quell’epoca da matricole: Tonito diceva che a furia di andare in giro comunque vestiti di poco (tipici i suoi T-shirt e leather jacket, l’aggiunta dell’impermeabile in inverno non variava il risultato) noi avremmo avuto i reumatismi a quarant’anni.

Talvolta penso che così lui si è schivato i reumatismi.

Risale ancora all’anno accademico 1978/1979, inverno, un lunedì mattina in università a chiederci reciprocamente a mezza voce se “hai visto quel servizio in TV su Vicki del South Bronx?”.

In un altro pomeriggio di quei primi mesi da universitari, in sala prove: Tonito comincia a suonare un giro di basso, e tutti dicono “che bello” convinti che sia suo; noi due ci guardiamo con un grin a fior di labbra come per dire “che ignoranti questi!”. Era evidente che nessuno aveva riconosciuto “Belsen Was A Gas”.

Dopo l’abitudine di chiudere le conversazioni telefoniche con un “ciaociaociaociao” che va in dissolvenza, diventa un marchio di fabbrica anche la sua risata speedata; che da posa dei primordi poi sarà inevitabile conseguenza di quello che assume.

Che dire del concerto dei Mittageisen – reduci dalla registrazione del loro unico singolo per il quale Tonito fornirà anche l’immagine della copertina – al Liceo Beccaria il 1 marzo 1979, con il cuoio a celargli la sua maglietta “Destroy”?

Tutti tirati da morire, il pubblico che li seppellisce di insulti, Tonito che strapazza le corde del basso in un’accelerazione nervosa della citata “Belsen”.

Nella primavera di quello stesso anno lascerà la Statale per lo IULM (abbandonato anche quello, a un certo punto, credo).

Delle proprie doti nel disegno Tonito fa uso nelle sue collaborazioni a Xerox.

Lo ricordo insofferente e strafottente fuori dal Palalido di Milano prima del concerto di Iggy Pop (con gli Human League ad aprire: sorta di cambio della guardia musicale) il 29 maggio del 1979.

Gli (io mod coi badge punk al bavero della parka) compero a Londra una T-shirt da Seditionaries: è il Natale del 1979, e si tratta di “She Is Dead Im Alive Im Yours”. Del resto, pare sia stato uno dei pochissimi a Milano – con me – a lamentare la morte di Sid Vicious nel febbraio precedente.

Ascolta molta musica di generi diversi, e così ci troviamo ad apprezzare nel 1980 i Dexys Midnight Runners nell’esordio eponimo in LP quasi in contemporanea con Kaleidoscope di Siouxsie and the Banshees, discutendo fra i muri di Bonaparte Dischi di Via Marghera.

Lui pronuncia “keltic”, ancora distinguendosi, il titolo di una canzone dei DMR e probabilmente avrebbe dichiarato di possedere i due album di Jobriath anche se ciò non fosse stato vero.

Fra gli aneddoti dei primi anni ottanta c’è quello dell’album No Sleep ‘til Hammersmith dei Motörhead impiegato, così lui dice, quale suoneria della sua radiosveglia.

Verso il 1984 le cose per Tonito cominciano a mettersi piuttosto male. Abita al quartiere Casoretto in quel periodo, in Via Casoretto 50 per la precisione.

In più di una occasione, sicuramente due, forse tre, mi telefona nel tardo pomeriggio di domeniche già autunnali: ha bisogno di soldi e quindi vende: dischi e magliette. Con il ricavato, è evidente, deve comperarsi droga. Nelle sue telefonate l’entusiasmo della voce non c’è più.

Eppure il corpo gli regge abbastanza bene, nonostante i tentativi di detox non lo portino da nessuna parte.

Gli altri ricordi sono tutti brandelli, in mente mi restano:

-           un madornale disastro di capelli e sopracciglia tinti di biondo nell’estate del 1982, durati qualche decina di ore dopo essere apparso da Tape Art, negozio di dischi, con evidenti perplessità senza che nemmeno dovessimo dirglielo noi;

-           oppure anni dopo, una sera, verso mezzanotte, lo incrociamo al Bar Quadronno di Corso di Porta Vigentina, praticamente in pigiama e Converse perché non aveva sonno ed era sceso a bersi qualche cosa e comperarsi le sigarette;

-           ancora, forse tornato nelle sue zone di gioventù, lo incontrai per caso una sera al cinema Ducale di Piazza Napoli, a vedere uno di quei film che interessavano solo noi;

-           un concerto dei Ramones al Rolling Stone, in balcony: io, lui e Tiberio.

  1. “Cuoio e czarniani. Brandelli

Gli interessi sono quelli. Come me aveva una copia del Hell’s Angels di Hunter S. Thompson: da lì gli organigrammi delle bike gang scribacchiati a lezione aspettando “l’ora di Trimarchi”.

E sempre quella è fonte di citazione delle élite cabalistico percentuali, ovvero il suo leggendario pin badge di metallo a recitare “Lucky 13 1%” che racchiudeva l’essenza degli Angeli.

Tonito aveva dei leather jacket che parevano forgiati solo per lui: il dettaglio li rendeva inconfondibili, anche se magari quello che gli si vedeva indosso era frutto di uno scambio. Allo stencil di “198X Palach Memorial” si abbina sulla manica il patch del Mickey Mouse fan club: amo pensare che quel patch possa essere un regalo di un viaggio altrui, addirittura parte del tesoro infantile del piccolo Antonio.

Forse l’ultima volta che lo vidi, un sabato pomeriggio, fu in un negozio di fumetti di comune frequentazione.

E mi diede una dritta finale: nel casco da moto (che poi era una vespa grigia) che aveva al polso come un cestino da spesa teneva alcuni albi di Lobo, un personaggio cattivo, extraterrestre biker proveniente dal pianeta Czarnia, un incrocio fra Lemmy (Kilmister, leader dei Motörhead) e Zodiac Mindwarp.

Si andò poi a bere in un bar vicino, in Via Lecco, ricordo che ordinò un Negroni.

E poi?

Nulla, sino a faticose ricerche, per scoprire solo quel pochissimo: trasferitosi fuori Milano, apparentemente sposato (lui?) e il decesso poco dopo le ore una di notte.

  1. Epilogo

Ci si può porre due ipotesi, alternative, per il futuro di Tonito: “tanto sarebbe morto presto lo stesso”, “invecchiando sarebbe diventato un nulla”.

Vedo in giro uomini per i quali la propria paternità pare metadone, rispetto ad una vita che altrimenti li distruggerebbe. Un figlio non gli avrebbe cambiato niente.

Il suo antagonismo non lo avrebbe portato a inventarsi una professione fortunata, come è capitato ad alcuni.

Alla fine, si può concludere che “poteva morire meglio” (ma si veda “Time” di David Bowie).

Avete visto Sherlock, in particolare l’episodio finale della Seconda Stagione?

Indipendentemente da ciò, il dato inequivocabile è che Tonito non era un cinico gratuito.

Solo che lui non poteva che difendersi da un prossimo stupido in un solo modo: prima analizzandolo e poi versandogli addosso i difetti, le meschinità, le limitazioni di quel prossimo. Tutto materiale invisibile per quelle persone modeste che ben vivevano e vivono nella propria mediocrità esistenziale.

Quindi non poteva vivere – Tonito – mediocremente, come un Alex (A Clockwork Orange) sedato (rimembro “All The Madmen” di David Bowie) dalla cura Ludovico Van.

Ecco, allora, che questo lungo scritto non è una lapide pur se resta un memorial.

Grazie Tonito per il cinismo, la lucidità, gli spunti intellettuali e tutto quanto, anche quel tuo disprezzo difensivo. Tutto ormai capito e ben assimilato, da me.

“So softly a Supergod dies” (David Bowie, “The Supermen” nella versione un poco contaminata e distorta di Rare And Well Done o in quella abissale di Bowie At The BEEB).

No, non finisce qui.

Pur sembrando come una mano che applaude da sola, qualche volta mi chiedo come commenterebbe lui certi nuovi album (ad esempio One Day I’m Going To Soar dei Dexys).