Cerca

Banner 1
logo
Banner 2
RE-LOUDDSTORIE DI ROCK
04/10/2017
Old Skool Rulez
Hip Hop 1979-1989
Lo strepitoso balletto di Rosie Perez durante i titoli di testa di Do the right thing di Spike Lee, al ritmo di Fight The Power dei Public Enemy, sancisce simbolicamente la fine del glorioso decennio di una cultura, musicale e non, che aveva caratterizzato la parte nera e East Coast della popolazione americana.

Lo strepitoso balletto di Rosie Perez durante i titoli di testa di Do the right thing di Spike Lee, al ritmo di Fight The Power dei Public Enemy, sancisce simbolicamente la fine del glorioso decennio di una cultura, musicale e non, che aveva caratterizzato la parte nera e East Coast della popolazione americana.

Simmetrie con la parte bianca e West Coast che aveva battezzato l’hardcore? In parte. Entrambi i fenomeni sono covati nella depressione industriale, al centro delle urbanizzazioni più opprimenti, in un periodo che vede l’emarginazione della socialità più elementare a favore di una nuova classe emergente (conformista e spietata) basata sulla ricchezza finanziaria privata. Il fenomeno del bloc party (sorta di festa di quartiere abusiva), le lotte contro la gentrificazione[1], la professione di fede islamica o il revanscismo afrocentrico sono elementi in diretta opposizione al nascente turbocapitalismo WASP.

Il retroterra dell’hip hop è costituito dal superfunky e dalle rivendicazioni politiche dei primi Settanta (Funkadelic, Bettie Davis, Last Poets, Gil Scott-Heron, Black Panthers…), tipicamente afroamericane; questo arbusto indigeno s’arricchisce d’un decisivo innesto rappresentato dai DJ dei primi anni Settanta, alcuni dei quali d’origine caraibica (i giamaicani Clive Campbell e DJ Kool Herc), abili nell’introdurre nuove tecniche d’intrattenimento[2]; il doppio giradischi, ad esempio, consentiva di miscelare parti diverse di uno stesso pezzo, soprattutto quelle con forte presenza di percussioni. Con Africa Bambaataa, fondatore della Zulu Nation, si avrà addirittura una codifica della cultura hip hop: oltre al djing, avremo il writing (graffiti), il b-boying (breakdance) e l’mcing[3], incentrato sulla figura dell’mc, acronimo di master of ceremonies, ovvero, di fatto, il rapper; quest’ultimo si avvaleva d’una tecnica derivata dal toasting giamaicano (già presente, tuttavia, in ambito afroamericano), sorta di flusso vocale su base percussiva, privo di fratture vocali e di ritmo, denso di improvvisazioni e licenze, ma caratterizzato da una certa formalità strutturale. Il toasting, e più tardi il rap, sfociò nelle battles, disfide ingaggiate da più mcs, basate sulla svalutazione delle qualità dell’avversario, sull’ingigantimento dei propri meriti, il tutto tramite botte e risposte per le rime[4], una contesa affine ai dozens, d’origine africana, in cui due rivali si rinfacciano insulti sanguinosi (omosessualità, scarsa moralità delle madri…) davanti ad un pubblico che aizza i partecipanti a rinfocolare la carica offensiva e, infine, decreta la vittoria del più convincente.

La prima fase dell’hip hop termina, come detto, con Fight The Power e la Perez nel 1989; comincia nel 1979 con la pubblicazione di Rapper’s Delight dei Sugarhill Gang, pezzo costruito su Good Times degli Chic tramite la tecnica del sampling (inserzione di porzioni d’un pezzo di successo in un altro contesto musicale). In mezzo, numerosi eroi, Public Enemy, Afrika Bambaataa, Run DMC, Ice-T, LL Cool J e Whodini, Roxanne Shanté, la migliore rapper femminile di sempre, e Queen Latifah.

In seguito lo stile si standardizzerà: A Tribe Called Quest, Fugees, Notorious B.I.G., 50 Cent, Tupac diverrano i pilastri della new school, immemore delle radici politiche e sociali più vive e profonde del fenomeno.

 

[1] La gentrificazione è lo smembramento delle comunità locali, spesso riunite su base etnica, in vista d’una riqualificazione di porzioni di tessuto urbano. Il fine ultimo, di speculazione edilizia, fu combattuto, da altre posizioni, con altra musica, dai Missing Foundation.

[2] Essi furono memori anche dei sound system giamaicani, sorta di potenti discoteche ambulanti con cui improvvisare concerti di quartiere.

[3] Alcuni includono come quinto elemento il beatboxing, ovvero l’imitazione vocale della percussività.

[4] Ad un pezzo nettamente maschilista degli UTFO, ad esempio, Roxanne Roxanne, risponderà la quindicenne Roxanne Shanté con Roxanne’s revenge, rap su base strumentale ideata da Marley Marl. Tale rivalità, indiretta in questo caso, verrà detta dissing. Interessanti anche le tenzoni del Duecento italiano, tra Dante Alighieri e Dante da Maiano o fra Dante Alighieri e Forese Donati: nella prima Dante da Maiano consiglia al Dante nazionale di lavarsi largamente la coglia onde far evaporar l'ardore d'amore che fa sragionare; nella seconda il Dante nazionale ricorda come la moglie di Forese fosse sempre infreddata (poiché il marito non la ri-copriva di notte, ovvero non era un amante appassionato). Il tutto in sonetti rimati e levigati.