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RE-LOUDDSTORIE DI ROCK
12/10/2017
Unsane
Total Destruction
L’estremismo senza ritorno di Total Destruction chiuse ogni ulteriore sviluppo in quella direzione: quasi impossibile evolvere oltre senza scadere nell’autoparodia.
di Vlad Tepes

Formatisi a New York, in ambito universitario, sin dalla prima metà degli anni Ottanta, gli Unsane (Chris Spencer, chitarra; Peter Shore, basso; Charlie Ondras, batteria, sostituito, alla sua morte, da Vincent Signorelli) rappresentarono, al meglio, la devoluzione del noise-rock in una sorta di potente tribalismo metropolitano.

Total Destruction (1994), la loro creazione più radicale e matura, si regge su elementi subito riconoscibili: le percussioni ossessive e senza soluzione di continuità; le grida filtrate e gli interventi rumoristici di Spencer che, occasionalmente, accennano ad un assolo, subito abortito; la fondamentale linea di basso di Shore che si assume l’onere di dare una (labile) parvenza di finalismo a tali protrusioni granitiche. Tutte le tracce, da “Body Bomb” a “Road Trip”, preteriscono ogni concessione alla riconoscibilità melodica e vivono della creazione di un nucleo sonoro statico, pesantissimo ed inscalfibile, autosufficiente e pago di se stesso e della propria mancanza di svolgimento.

Il loro esordio omonimo, di tre anni prima, preceduto da una manciata di singoli, pur confermando tutte le caratteristiche summenzionate, rimane un’opera più aperta, in parte tributaria (“Vandal-X”, “Maggot”) dell’andamento dei Big Black di Steve Albini. Aperta nel senso che il tessuto sonoro sembra permeabile (a tratti, solo a tratti) ai ritmi pregressi del rumorismo di New York (“Exterminator”, “Action Man” e “Aza-2000” si avvicinano, con cautela, alla forma canzone, pur degenerata) ed anche Spencer si lancia in riff quasi ortodossi.

L’estremismo senza ritorno di Total Destruction chiuse ogni ulteriore sviluppo in quella direzione: quasi impossibile evolvere oltre senza scadere nell’autoparodia. I successivi lavori, quindi, pur pregevoli (soprattutto Occupation Hazard e i lavori di Spencer nei Cutthroats 9), segnarono un arretramento rispetto alle posizioni d'avanguardia raggiunte; un inevitabile passaggio da percorrere per riguadagnare un terreno sonoro vivibile.