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RE-LOUDDSTORIE DI ROCK
09/07/2017
UK Decay
For Madmen Only (Parte prima)
“Il pubblico fuggì, la security anche e rimanemmo assieme a quattro roadie di fronte a un centinaio di skinhead incazzati. Devastarono prima l’attrezzatura, poi gli strumenti e infine noi. Intervenne la polizia: stava a noi provare che eravamo stati aggrediti. Ci notificarono anche un’ingiunzione per impedirci di lasciare il Paese. Eravamo nei guai e cominciammo seriamente a pensare di smettere.”

Luton, 1977: adolescenti appassionati di musica, primi gruppetti senza pretese, qualche caotico concertino, fiumi di birra, cazzeggi vari, ecc. Il tutto si annoda temporaneamente l’anno successivo attorno a una band chiamata Resisters, nella quale militano il batterista Steven David Harle, il bassista Martin “Segovia” Smith, il chitarrista Steve “Abbo” Abbot e tale Paul Wilson alla voce, che però abbandona il combo quasi subito. Abbo s’impossessa quindi del microfono e il trio decide di ribattezzarsi UK Decay, prendendo spunto, si dice, da un titolo apparso sul Daily Mirror.

Tra la primavera e l’estate del 1979 registrano e si autoproducono, assieme ai concittadini Pneumonia (gruppuscolo punk d’infima lega), il primo singolo dall’originalissimo titolo di Split Single: su una facciata due brani dei Pneumonia, sull’altra due brani a nome UK Decay (UK Decay e Car Crash). Trattasi di caratteristico e prescindibile prodotto d’artigianato punk che NME non esita a definire “una delle peggio cose mai sentite.” Le vendite, tuttavia, sono stranamente incoraggianti e il seguito di fan pure, al punto che la band decide di dar vita a una propria fanzine dal titolo THE SUSS.

Dopo l’uscita del singolo, i Pneumonia, invece, si sciolgono e il loro chitarrista, Steve Spoon, viene reclutato dagli stessi UK Decay, permettendo così ad Abbo di dedicarsi esclusivamente al canto e al ruolo di frontman. Stando alle scarsissime testimonianze e alle ancor più scarse cronache, il primo concerto a nome UK Decay si tiene alla Luton Town Hall alla fine dell’estate.

Abbo stava in piedi sul palco, completamente coperto da un lungo e pesante impermeabile grigio, a gridare NECROFILIA!” (Steve Spoon, intervistato da Ian Glasper per il libro Burning Britain).

Durante le pochissime prove e i rari concerti, la band inizia tuttavia a sviluppare un sound molto particolare che, pur mantenendosi saldamente radicato al punk, lascia intravedere possibili nuovi sviluppi e i primi, timidi ammiccamenti alla nascente scena goth. I ritmi si mantengono schizoidi ma subentrano accenni di tribalismo, la chitarra di Spoon è carica di lancinante nevrosi mentre Segovia percuote il basso su modulazioni cupe e mesmeriche. Abbo, dal canto suo, sperimenta soluzioni vocali inedite e si ispira alla teatralità di Peter Murphy e dei Bauhaus, che di lì a poco avrebbero riscosso consensi inaspettatamente ampi. Proprio sui Bauhaus, lo stesso Abbo, in un’intervista rilasciata a Mick Mercer (una delle più grandi autorità del globo quando si parla di “goth”), racconta: “Incontrammo un tizio di nome Graham Bentley che in quel momento era il loro manager. Ci diede una mano procurandoci alcuni concerti a Oxford, e noi aiutammo loro facendoli suonare a Luton. Accadde prima del loro grande successo. Graham ci diede un demotape del singolo che sarebbe uscito a breve e lo mettemmo su in furgone mentre tornavamo a Luton. Fummo completamente sconvolti dall’ascolto di Bela Lugosi’s Dead. Era davvero seminale, completamente diverso da quello che le altre band stavano facendo. Sentivamo che i Bauhaus erano molto affini alla nostra sensibilità e ai nostri ideali.”

All’inizio del 1980 la band pubblica “The Black Cat EP”, un sette pollici contenente quattro brani che già testimoniano una piccola evoluzione a cominciare dalla copertina: Abbo e sodali sono immortalati davanti a una chiesa (sconsacrata, naturalmente). Le canzoni sono ancora essenzialmente punk, ma la foga tipica dei cazzari crestati viene attenuata a favore di atmosfere più oscure (si noti anche il font utilizzato sulla cover). Nel frattempo, la prima tiratura di Split Single era andata esaurita, grazie anche a Geoff Travis che ne aveva acquistate 1500 copie per il suo negozio Rough Trade. Con “The Black Cat EP” salito nelle posizioni calde delle classifiche indie, gli UK Decay diventano improvvisamente uno dei gruppi più importanti e amati dell’underground britannico.

Qui entra in scena tale Alex Howe, titolare di un negozio di dischi di Soho frequentato da Abbo, che propone alla band di accasarsi sotto l’etichetta che proprio in quei giorni stava varando, la Fresh Records. Detto fatto. Pochi giorni dopo l’accordo, gli UK Decay entrano in studio per la terza volta e registrano i primi due brani per la nuova etichetta, che vedranno la luce sotto forma di 7’’: For My Country sul lato A, Unwind sul retro. La Fresh manda in ristampa pure “The Black Cat EP” e decide di distribuire entrambi persino negli Stati Uniti.

Pubblicato anche sulla celebre compilation “Punk And Disorderly” (1981), For My Country, appassionato appello antimilitarista, poco aggiunge al sound delle prove precedenti, se non qualche vaga sfumatura reggae simil-Clash. È invece il lato B a essere a dir poco illuminante: scritto in quattro e quattr’otto in studio, Unwind è il primo brano davvero goth degli UK Decay. Dall’altra parte dell’oceano, intanto, Jello Biafra, in procinto di partire coi suoi Dead Kennedys per un tour inglese, s’invaghisce della band di Abbo e decide che li vuole come gruppo di supporto ai loro concerti nell’imminente tour lungo la costa occidentale degli Stati Uniti.

In questa fase, la band di Luton, snobbata dalla stampa mainstream di settore (a parte una brevissima intervista su Sounds) è già oggetto di culto nel circuito underground e le fanzine si fanno in quattro per ospitarli sulle loro pagine. È interessante leggere un altro stralcio dell’intervista ad Abbo poc’anzi citata: “[…] e poi For My Country schizza nelle posizioni alte delle classifiche indie e di colpo diventiamo ‘famosi’. Improvvisamente sembrava ci fosse un insieme di gruppi con molte affinità – noi, i Bauhaus, i Killing Joke… e fu allora che la gente cominciò a parlare di un ‘movimento’. Nessuno di questi gruppi seguiva di proposito una sorta di indirizzo comune prestabilito, semplicemente accadde tutto nello stesso momento.”

Benché non lo dica esplicitamente, dalle parole di Abbo risulta evidente che il “movimento” cui si riferisce è la scena “goth” che stava nascendo proprio in quei mesi e che avrebbe raggiunto l’acme nel giro di un paio d’anni (il Batcave aprirà i battenti nel luglio del 1982). È insomma questo il momento in cui il punk comincia a farsi organismo mutante e a dividersi sostanzialmente in due grandi tronconi principali: da una parte il ruvido realismo dell’hardcore e dell’Oi!, dell’anarco-punk e del post-punk politicizzato (o positive punk), dall’altra l’approccio più intimo ed esistenzialista inaugurato da Siouxsie & The Banshees e Joy Division.

Mentre vengono presi gli ultimi accordi per il tour americano assieme ai Dead Kennedys, gli UK Decay entrano di nuovo in studio per dare inizio alle registrazioni dell’album d’esordio. Sarà una gestazione lunga (più di sette mesi) e assai difficoltosa, anche a causa delle pessime condizioni finanziare in cui versava la Fresh Records: costretta a pagare in contanti gli studi ad ogni seduta, non poteva permettersi di dare continuità alle session dei quattro, che si videro costretti a registrare solo nei periodi in cui Howe riusciva a procurarsi il denaro necessario. Come se non bastasse, Segovia decide di piantare in asso i compagni di merende a poche settimane dalla partenza per Los Angeles. Viene quindi arruolata in fretta e furia una biondissima ragazza che si fa chiamare Lol (Lorraine Turvey) per onorare alcune date già programmate in territorio inglese, ultimate le quali la bassista, per ragioni rimaste ignote, viene estromessa. La decisione rischia di compromettere seriamente il tour statunitense. Tuttavia, un paio di giorni prima della partenza Biafra telefona ad Abbo dicendogli di non preoccuparsi: a Los Angeles c’è un tizio che suona il basso e che conosce a menadito tutti i brani degli UK Decay. Si tratta di Jason Creeton “Chaos” (lo si trova scritto anche come K-OS) membro del gruppo hardcore Social Unrest. Tour salvo, si parte.

Malgrado il contrasto piuttosto netto fra le “raffinate” trame sonore degli UK Decay, cariche di atmosfere e tempi lenti, e il furore parossistico e iper-veloce dell’american hardcore (sul palco anche Circle Jerks, Black Flag, DOA e Subhumans), l’accoglienza del pubblico risulta buona. Di ritorno in madrepatria, risolvono il problema del bassista inserendo in pianta stabile un’altra vecchia conoscenza, Eddie “Dutch” Branch (Twiggy). Possono così proseguire le sedute di registrazione dell’album, alle quali partecipa anche Creeton (alla fine di questo carosello, Twiggy e Creeton registreranno metà album a testa).

Steve Keaton di Sounds propone loro una seconda intervista, durante la quale i quattro si scagliano contro il National Front, attirandosi le ire della frangia skinhead presente ai loro concerti. A Bedford, durante un’esibizione assieme a Play Dead e The Dark, gli attivisti del National Front devastano il locale impedendo ai gruppi di suonare. Abbo: “Il pubblico fuggì, la security anche e rimanemmo assieme a quattro roadie di fronte a un centinaio di skinhead incazzati. Devastarono prima l’attrezzatura, poi gli strumenti e infine noi. Intervenne la polizia: stava a noi provare che eravamo stati aggrediti. Ci notificarono anche un’ingiunzione per impedirci di lasciare il Paese. Eravamo nei guai e cominciammo seriamente a pensare di smettere.”

Si era inoltre dimostrato abbastanza difficile suonare con altri gruppi punk, perché quel tipo di pubblico non gradiva e non capiva la troppo sofisticata proposta degli UK Decay. Per l’immancabile, grottesca ironia della sorte di lì a poco meno di un anno tutta la scena post-punk si sarebbe indirizzata verso il sound e i temi che fino a quel momento avevano precluso il grande successo ai quattro di Luton.