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SPEAKER'S CORNERA RUOTA LIBERA
14/12/2017
PROZAC +
Ovvero: cantare in italiano ma suonare internazionali
“Cosa importa se Elisabetta non ‘contro penna’ e nelle studio versions non c’è? Sul palco è lì, gloriosa, boots pesanti e fiorenti tatuaggi.//Eva sommersa dal guitar sound: delicata stormtrooper e giovane dama dell’angst.//Gianmaria: regista e sceneggiatore con l’eterno paio di dungaree a celare la voglia di essere anche guitar hero della sua she-Ziggy.”
di Stefano Galli steg-speakerscorner.blogspot.com

“Gestisco il gruppo con pugno hitleriano”

(Gianmaria Accusani, dopo il concerto al Fillmore di Cortemaggiore del 26 aprile 1996)

 

I Prozac+ (e che fatica a far mettere quel + nelle loro presentazioni…) furono la dimostrazione del fatto che è possibile essere giovani[1], veloci e proporre qualcosa di nuovo nella musica, anche in Italia.

Nascono dal quasi nulla (a memoria ricordo che fecero qualche concerto nell’estate del 1995), scoperti da Carlo Albertoli “della” Vox Pop di Milano.

Un’escalation dal febbraio 1996 (alzi la mano chi li ha visti il 13 gennaio di quell’anno) in avanti dapprima sul fronte dei concerti.

Travagliata gestione sotto il profilo fonografico (basta confrontare i “crediti” che si susseguono su dischi, MC7 e CD) sino ad approdare alla EMI.

Ma chi sono i Prozac+?

Gianmaria Accusani, un passato di giovanissimo batterista nell’ambito del Great Complotto, indiscusso leader del gruppo: chitarra portante (usualmente Gibson “diavoletto”) e qualche sporadico ruolo di voce solista.

Eva Poles, “la” cantante dai trascorsi ska in grado di trasformare i testi spesso anaforici di Gianmaria in piccoli gioielli che non faranno rimpiangere coloro che cantano in inglese (ma suonano in italiano…).

Elisabetta (senza cognome per quasi tutti) al basso: la axe girl più affascinante dai tempi di Gaye Advert, a mio avviso.

Tutti dell’area di Pordenone.

I posti alla batteria e alla seconda chitarra sono piuttosto mobili. In questa caratteristica c’è l’ennesimo segno dei tempi, in quanto la stabilità delle formazioni e l’importanza di tutti componenti del gruppo si fanno sempre più labili a partire dagli anni novanta del secolo scorso.

Un elemento importante è anche l’immagine di scena.

Una sorta di ossimoro per E&E: femminili pur esibendosi di regola con pantaloni larghi e scarpe da skateboard o anfibi o stivali da biker (Elisabetta li indossa molto meglio di Sid Vicious), ma i loro tank top distraggono non poco il pubblico maschile. Anche i ragazzi sfoggiano una sorta di derivazione dell’abbigliamento di quel punk “alla californiana” dei fratellini minori di Jello Biafra.

Qualcuno che li conosceva bene, li definì così nel 1996: “Cosa importa se Elisabetta non ‘contro penna’ e nelle studio versions non c’è? Sul palco è lì, gloriosa, boots pesanti e fiorenti tatuaggi.//Eva sommersa dal guitar sound: delicata stormtrooper e giovane dama dell’angst.//Gianmaria: regista e sceneggiatore con l’eterno paio di dungaree a celare la voglia di essere anche guitar hero della sua she-Ziggy.”[2]

I Prozac + suonano veloci, innanzitutto: molte canzoni sono sotto i 3 minuti di durata.

Chitarre su chitarre: le chitarre a Gianmaria non bastano mai.

La sezione ritmica fa la sezione ritmica e gli assoli non esistono, neanche per le sei corde.

Poi c’è questo cantato dove il testo non corrisponde alla musica perché questo chewing-gum punk sound tratta di tossici, esclusi, introspezioni più o meno volontarie.

Brett Easton Ellis esordiente che scrive dei centri urbani intorno ad Aviano (non di LA) e di chi li abita. La televisione a volume azzerato diventa la lampada per dormire – male – lontano dalla minaccia di certe ombre.

Ma, lo ripeto, è musica a bout de soufle: tirata dalla prima all’ultima nota anche quando si avvicina alla lentezza di una primigenia demo version (non una ballata)[3].

I concerti sono belli e colorati, siano essi nel fumo del Tunnel di Milano (anche due in una sera) o in un campo sportivo da qualche parte nella provincia, o sotto il tendone di un festival più o meno importante, sino al palco da bill topper del Rolling Stone (ancora Milano) sino alla posizione di supporter di grand luxe degli U2 a Reggio Emilia[4].

Notevole anche il merchandising: dalle magliette alle felpe sino ai cappellini con visiera.

Il loro successo commerciale è con il secondo album, Acido Acida.

Dal successivo in avanti (il terzo, dal titolo 3, per loro fu l’equivalente del “difficile secondo”?), le idee restano, ma i gusti del pubblico cambiano.

Cosa trovate oggi disponibile sul mercato se volete scoprire questa cruciale banda? Teoricamente 5 album, di cui imprescindibili sono l’esordio di Testa Plastica e il precitato Acido Acida.

Per i singoli mettetevi l’anima in pace, ma se doveste trovare quello strano oggetto che fu il CD EP Baby compratelo anche solo come oggetto artistico, soprattutto se completo: l’etichetta del prezzo imitava quella di un taglio di carne venduto nella solita vaschetta da supermercato.

E poi?

E poi Gianmaria con Elisabetta ha creato i Sick Tamburo.

Mentre Eva, dopo tanti anni di assenza dalle luci della ribalta esordisce nel 2012 come solista.

Forse sono andato un po’ lungo, ma la Prozac + Nation[5] in rete non è molto rappresentata e questo è un peccato.

 

[1] Pietoso lo slogan (fine 2011) di propaganda del Partito Democratico: “Eva, 19 anni: sogna di cantare in un gruppo rock”. A 19 anni o ci canti già oppure contribuisci all’invecchiamento della nazione.

[2] Purtroppo questo valente cronista della scena mi scrisse tutto ciò in una lettera, quindi altro non posso aggiungere. Chissà dove è finito?

[3] Rarissime le cover.

[4] Probabilmente i primi ad aver suonato a ciò che ora tutti chiamano “campovolo”.

[5] Parafrasando il titolo di un libro-diario (Prozac Nation) scritto da Elizabeth Wurtzel.