Se si dovesse definire l’ultimo lavoro dei No Age con un colore si penserebbe ad un giallo o arancione, leggermente sfocato dalla nebbia e dal chiarore diffuso. Un disco da ascoltare in treno o in auto con il tettuccio abbassato, guardando sognanti l’orizzonte, con la testa in parte immersa nei pensieri e in parte totalmente sgombra, gli occhi pieni del paesaggio che scorre e l’animo colmo di emozioni sempre differenti, quasi come se ogni canzone fosse la colonna sonora di un pezzo del viaggio che si sta affrontando.
A volte atmosferici, a volte sporchi e ruvidi, Dean Spunt e Randy Randall presentano uno stile e un approccio musicalmente low-fidelity indie-rock, miscelato al noise-rock e all’ambient-punk, mitigato con eleganza da una sapiente dose di sperimentazione e confezionato con accuratezza in un prodotto che riesce ad essere contemporaneamente genuino, diretto e sofisticato.
Il duo losangelino di batteria e chitarra è riuscito nel tempo sia ad evolvere il suo sound sia a mantenerlo riconoscibile, una caratteristica che non molti artisti possono vantare. Degli inizi hardcore e noise-rock con gli Wives rimane ancora il lato noise, la voglia di sporcare il suono e una certa attitudine do it yourself. Dalle le sperimentazioni artistiche svolte nel 2011 (una su tutte quella con il videoartista Doug Aitken e l'attrice Chloë Sevigny nell'installazione multimediale Black Mirror sull'isola greca di Hydra) permane l’artisticità e la sperimentazione, ma anche l’eleganza ruvida e delicata nel tocco. Del precedente lavoro An Object (2013) rimane il lato concettuale e il suono attuale, maggiormente indie-rock, che con l’ultimo lavoro si modifica ancora, esplorandone tratti differenti.
L’album è ben strutturato e incredibilmente fluido. La produzione e il mixaggio inoltre, risultano a fuoco: mantengono la ruvidezza e la patina analogica senza sacrificare un suono limpido e sognante, dove ogni tintinnio e ogni parola emergono chiaramente, pur restando immerse nelle atmosfere di un mondo a parte.
A seconda dei brani il viaggio è incantato, lucido, lisergico, concreto, chimico o distante; i pezzi scorrono uno dopo l’altro, e la sensazione è che non si possa tornare indietro: state viaggiando e potete andare in un’unica direzione, avanti. Al tempo stesso, però, la vostra mente ripesca ricordi già tinti di seppia, che si perdono nel chiarore di un presente che da un lato fa perdere la loro vividezza, dall’altro vi lascia solo un’emozione acquerellata, un mezzo sorriso in volto e la voglia di procedere oltre, sicuri che il bagaglio che vi portate appresso ora è composto da qualcosa di più, pur sembrando improvvisamente più leggero.
I No Age propongono un viaggio che intrappola la mente e la libera in un’unica soluzione di 39 minuti e 13 tracce. Lo potete fare voi materialmente, prendendo un mezzo di trasporto e mettendo il disco come colonna sonora, o lo possono fare loro per voi, e a quel punto bastano un paio di cuffie nelle orecchie e un animo ben predisposto. Qualunque sia la vostra scelta, buona avventura.