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REVIEWSLE RECENSIONI
Everything Is Recorded By Richard Russell
Everything Is Recorded
2018  (XL Recordings)
ELETTRONICA ALTERNATIVE POP
8/10
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24/02/2018
Everything Is Recorded
Everything Is Recorded By Richard Russell
A Richard Russell probabilmente piace giocare in casa e, come se non bastasse, vincere facile. Il fondatore della XL Recordings torna nei panni del musicista produttore e dà alle stampe un album straordinario che gronda di modernità da ogni solco.

A chi verrebbe mai in mente di fare una partita contro una nazionale di basket composta dai migliori giocatori dell’NBA? Non ci sarebbe storia. Per questo parlare di un disco di all star riunite da un coach artistico come Richard Russell, l’uomo che con la sua XL Recording ha contribuito al successo di gente che non ha certo bisogno di presentazioni (dalla A di Adele alla Y di Yorke, almeno nella sua versione Atoms for Peace), non è facile e si corre il rischio di perdere in autorevolezza banalizzando, in un voto di sintesi, un giudizio che non sarà mai abbastanza adeguato.
“Everything is recorded” è l’album che raccoglie tutta la passione per la musica che Richard Russell ha accumulato lungo la sua carriera manageriale e sagacemente dispensato in dodici tracce che si alternano tra hip hop, trap, house, nu soul e r’n’b. Un insieme incantato di voci, suoni, anima e groove di ultima - se non già prossima - generazione, composto e suonato da Russell ad hoc per una squadra di ospiti di tutto rispetto. Un progetto già in cantiere da qualche anno, almeno da quando a Richard Russell è stata diagnosticata una malattia rara, la sindrome di Guillain-Barré. Questo probabilmente è stato il principale stimolo che lo ha indotto a tornare al reparto più operativo dell’industria musicale e mettere tutto se stesso nella sua arte, circondandosi dei migliori interpreti in circolazione.
Per fare i nomi, così da toglierci il pensiero, è sufficiente vedere da vicino la tracklist. Dopo un’intro che, con la voce campionata di un predicatore della tv statunitense in sottofondo, ci prepara al meglio, “Everything is recorded” parte subito con Sampha, protagonista di uno più celebrati esordi discografici dello scorso anno, che ci avvisa su un accompagnamento di piano che siamo “Close But Not Quite” alla perfezione. La voce ruvida del giovane cantante anglo-nigeriano Obongjayar si snoda quindi sulla base composta da Damon Albarn per “She said”, loop di percussioni e basso synth in tre quarti con un solo del sax di Kamasi Washington in coda. Si torna a una scansione pari con la trap di “Wet Looking Road” in cui il rapper Giggs ci avvisa sin dalla prima battuta che non avrà mai bisogno di quel click per stare a tempo sul beat.
Con “Mountains Of Gold” il disco raggiunge il suo apice e rientra nella vision di coralità globale con cui è stato pensato, a partire dal sample rubato a “Nightclubbing” nella versione di Grace Jones (con quell’inconfondibile sezione ritmica dub composta da Sly Dunbar e Robbie Shakespeare che, un tempo, ha costituito un must prima per il reggae e poi per molta black music) che a sua volta aveva coverizzato un brano di Iggy Pop scritto da Bowie. Pensate: buona parte della storia della musica in una sola canzone. “Mountains Of Gold” è un vero gioiello, completato nella sua bellezza dalle gemelle Lisa-Kaindé e Naomi Diaz, meglio conosciute come Ibeyi, dalla chiosa rap di Wiki e, ancora, da qualche fraseggio jazz di Washington.
Torna Sampha con “Show love” a introdurre la meravigliosa voce della cantante statunitense Syd, mentre con “Bloodshot Red Eyes” ad accompagnare il cantante Infinite c’è persino Green Gartside degli Scritti Politti. C’è ancora spazio per le Ibeyi nella cover di “Cane” di Gil Scott-Heron, seguita da un veloce “Interlude” con il pianoforte suonato addirittura da Peter Gabriel (peccato che non canti) e da una ulteriore traccia di Infinite, “Be my friend”, tanto rarefatta e scomposta quanto travolgente. Alla fine tutto risulta registrato, come si sente cantare nella titletrack che chiude l’album con un’apoteosi di soul interpretata magistralmente da Sampha a cui si aggiunge il contributo strumentale di Owen Pallett.
Definire “Everything is recorded” una raccolta è ingiustamente riduttivo. La moltitudine di guest e di featuring non inficia per nulla l’omogeneità del disco, che mantiene inalterata una linea ben definita dalla prima all’ultima traccia. Richard Russell, in questo straordinario album, dimostra di essere una delle menti artistiche più innovative e creative del panorama contemporaneo e di amare la musica a tal punto da essere ricambiato incondizionatamente.