Esce “Bandiere”, il nuovo disco di Giorgio Ciccarelli. E prima di ora mai si erano sentiti i synth in una sua produzione. Un disco che va vissuto, un suono che graffia la pelle, un video di lancio che parla di questo bisogno che diviene difficoltà e probabilmente esiste come necessità di “Voltarsi indietro”. E poi il coraggio dell’uomo di vivere ed essere tale, le sue ipocrisie, il concetto di verità personale che prende mille forme e altrettante facce diverse, di diversa angolazione. Retrogusti anni ’90, primi anni ’90, qualcosa che mi riporta al Beck di “Paper Tiger” o qualche distorsione acida alla indie maniera, quel Claudio Rocchi di “generazioni” fa e le soluzioni acustiche che alla melodia leggera unisce un drumming non pervenuto, forse lontano, forse utopico di ben altri linguaggi. Si chiude “Bandiere” con un eponimo brano che si alza dalla polvere quanto basta per far capire di cosa si tratta e poi mi confina dentro moduli abitativi artificiali come in fondo è artificiale la vita confezionata nelle “bandiere” di oggi. Giorgio Ciccarelli porta a casa una digressione indie del concetto di psichedelia sociale. Lo fa con mestiere. Lo fa senza badare un istante di più all’estetica del grande commercio. Punto e a capo. L’intervista per gli amici di LOUDD.
Dagli Afterhours e i Sux arrivando a “Bandiere”. Non sarà solo l’elettronica la vera grande rivoluzione di questo lungo viaggio vero?
Non credo e spero di no, ma non sono la persona giusta alla quale chiedere questa cosa, c’è già troppa gente in giro che si loda dei propri percorsi e delle rivoluzioni occorse nella propria carriera, io non vorrei aggiungermi a questi. Quello che ti posso onestamente dire è che il mio, è, e continua ad essere un viaggio lungo, faticoso e pieno di ostacoli, ma anche pieno di soddisfazioni; a volte viaggio in prima classe con tutti i comfort, più spesso prendo il flixbus che viaggia di notte…
Mi incuriosisce il rapporto tra te e i synth. Probabilmente avrai catturato la curiosità di molti. Come hai vissuto questa novità?
Non ho vissuto questa come una novità, è stato un percorso iniziato esattamente nel gennaio del 2017, quando, dopo un anno di live fatto con la classica formazione rock, ci siamo ritrovati io e Gaetano Maiorano a dover riarrangiare tutti i brani per proporli in duo. Io avevo in mente i Suicide, per cui ho riempito la sala prove di drum machine, synth analogici e generatori di elettronica varia che sommati alle nostre due chitarre, hanno prodotto un interessantissimo risultato: un ibrido tra rock sudato ed elettronica fumosa…Abbiamo fatto una cinquantina di date così, in duo, affinando una tecnica ed una padronanza degli strumenti notevole. Questo risultato ho voluto portarlo come bagaglio di esperienza nelle registrazioni di Bandiere e così è stato e di questo sono davvero molto soddisfatto e orgoglioso. Per fare questo, devo dire che, una grossa mano, me l’ha data Max Lotti che ha prodotto artisticamente l’album insieme a me. Max ha un ottimo gusto nella scelta dell’elettronica, dei suoni dei sintetizzatori e ha capito perfettamente dove volevo andare a parare…
Pentito di non averlo fatto prima?
Conoscerai sicuramente il detto “del senno di poi son piene le fosse”… E se invece mi fossi chiuso in sala prove con un quartetto d’archi, cosa ne sarebbe venuto fuori? Oppure con un’intera orchestra, sarebbe stato sicuramente il disco dell’anno... Insomma, no, non sono pentito di non averlo fatto prima; e sì sono pentito di non averlo fatto prima…
Che sia anche una soluzione economica per questa crisi tecnica e logistica del live?
Sicuramente è una soluzione più economica dell’andare in giro con l’orchestra e anche con il solo quartetto d’archi…
Ma, a parte gli scherzi, sono state una serie di coincidenze (col senno di poi fortunate) che ci hanno portato ad una scelta del genere, su tutte, il fatto che Camillo Mascolo e Nicodemo (batterista e bassista del combo rock) erano, anzi sono, di Cava De’ Tirreni, giusto quegli 850 chilometri di distanza che non ti permettono un’agevole programmazione settimanale delle prove ed allora, piuttosto che cercare altre persone, ci siamo rimboccati le maniche cercando di tirar fuori qualcosa d’interessante…
Ma parlando del disco: biografico o sociale? La title-track è un brano assai duro con tutti e tutto…
Be’, non mi sembra un brano contro tutto e tutti e credo non potrebbe essere più chiaro nella sua semplicità: a che cosa servono le bandiere? Perché bisogna rispettarle, se per loro gente è morta? Semmai, proprio per questo, sono da buttare. Da ammainare, in fondo al mare.
E parlando del disco, se proprio devo trovare un filo conduttore, direi che Bandiere è un disco che parla dell’ipocrisia nelle relazioni umane e l’ipocrisia ha varie e diverse sfaccettature e si può declinare in ogni ambito del comportamento umano, quindi è un disco sia biografico e sociale.
Quanta omologazione canti e combatti con questo lavoro?
L’omologazione, quella più deleteria, la combatto ogni giorno, con i miei comportamenti, con le mie scelte e le scelte che devo sostenere per i miei figli, come fanno tutti quelli a cui sta stretto quell’odioso uniformarsi alle tendenze dominanti. Pensandoci bene, forse, la spinta di questo “lavoro” mi è stata data anche da quella mia allergia alla conformazione agli standard che hanno cercato d’inculcarmi fin da piccolo e dalla quale, fin da piccolo, ho cercato di fuggire.
Per chiudere: mi piace tantissimo la copertina. L’uomo come crocevia di strade, di radici, di incroci… è questa la vita di ogni giorno?
Grazie, riferirò sicuramente il complimento all’autore della copertina Sergio Saccingo Tanara (che tra l’altro aveva già partecipato con un bellissimo disegno al mio lavoro precedente) che fa il grafico/pittore e cantante a tempo perso. È infatti la voce dei Colour Moves gruppo con cui ho esordito nel lontano 1985 e con il quale ho recentemente pubblicato il disco della “reunion” A Loose End (Interbang Records/Audioglobe 2015).
Conoscendomi così bene, Saccingo ha saputo leggere a perfezione il nuovo linguaggio presente nel disco e tramutarlo nell’immagine e nel progetto grafico che vedi. E direi che ci hai beccato, infatti il concetto dell’uomo come crocevia di strade, di radici, di incroci, paradigma della vita d’ogni giorno, è il concetto che sta dietro alla copertina…