Qualunque cosa pensiate dei Black Keys, soprattutto quelli di El Camino (2011) e Turn Blue (2014), è fuor di dubbio che quando Dan Auerbach veste i panni di produttore qualcosa di interessante succede. E’ il caso di questo album solista di Shannon Shaw, con cui il frontman della band di Akron ha iniziato a collaborare a inizio anno, mettendo mano a Onion, sesto disco delle Shannon And The Clams, garage band al femminile, che ama mescolare sonorità classiche (doo woop, r’n’b, surf) a elementi presi in prestito dal punk e dallo psych rock.
I due, evidentemente, si sono presi benissimo, tanto che Auerbach ha convinto la Shaw a tentare la strada solista e l’ha invitata a Nashville, mettendole a disposizione il suo studio di registrazione. Se Onion delle Clams era un disco di rock grezzo e spavaldo, con vista sugli anni ’50 e ’60, pur mantenendo le medesime sonorità vintage e gli stessi riferimenti temporali, In Nashville gioca semmai con il tema della ballata, confezionando dodici brani che sembrano essere usciti dalla concezione musicale di Phil Spector.
Un disco che suona orgogliosamente retrò, quindi, che mantiene intatto anche il minutaggio dell’epoca, con brani che difficilmente superano i tre minuti e mezzo di durata, e che rende omaggio anche nel titolo e nella copertina al mitico Dusty In Memphis, con il quale condivide più di un punto di contatto.
L’iniziale Golden Frames apre le danze con morbide tonalità alte, per aprirsi poi in un crescendo di archi, cori, vibrafono e carrilion. Viatico perfetto per una scaletta che presenta un filotto di canzoni davvero riuscite e magistralmente orchestrate dalla mano di Auerbach, bravissimo a creare una colorita esuberanza strumentale e un retrogusto vintage, nostalgico senza essere passatista, e che ben si accompagna a testi in cui la Shaw racconta le sue pene d’amore (Broke My Own, Cryin 'My Eyes Out, Lord Of Alaska).
Ogni canzone possiede un quid che la caratterizza e la rende un sorprendente unicum: dalla tromba mariachi di Leather Metal Steel, all’arrangiamento d’archi di Freddies 'n Teddies fino ai ricami percussivi che animano Love I Can not Explain, ballatona in stile Elvis, ogni traccia è un autentico piacere per gli audiofili che amano l’ascolto in cuffia, perché oltre a un filotto di splendide melodie, il wall of sound creato da Auerbach produce risultati davvero notevoli. Tanto che ogni volta si scopre qualcosa che era sfuggito precedentemente.
La voce di Shannon, appena increspata da un filo di raucedine, non sarà forse volitiva come quella di Dusty Springfield, ma si sposa perfettamente con il rigoglioso paesaggio sonoro disegnato da Auerbach, tanto che alcuni episodi dell’album sono talmente riusciti (la languida Goodbye Summer o i richiami a Roy Orbison e i controcanti doo-woop di Cold Pillows), da procurare capogiri per il loro surplus di bellezza.
Chi conosce la carriera di Shannon Shaw con le Clams probabilmente non si stupirà dell’ottima fattura di questo In Nashville, disco divertente e divertito, che affonda le proprie radici nei primi anni ’60 e nella tradizione dell’età dell’oro delle band al femminile. Canzoni splendide, voce potente e suntuosa produzione di Auerbach: impossibile resistere a questo tuffo nel passato deliziosamente evocativo.