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REVIEWSLE RECENSIONI
Greetings from the Neon Frontier
The Wild Feathers
2018  (Reprise)
AMERICANA/FOLK/COUNTRY/SONGWRITERS
6,5/10
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07/10/2018
The Wild Feathers
Greetings from the Neon Frontier
Al terzo capitolo della loro storia, i The Wild Feathers dovevano prendere una strada precisa.
di Alessandro Raggi

Tanto viscerale e rock era l'esordio omonimo, tanto loffio ed incerto il seguito Lonely Is A Lifetime, che i ragazzi di Nashville dovevano darci una bella risposta. Con Greetings From The Neon Frontier i quattro riescono finalmente ad imboccare la strada roots/americana, mettendo da parte l'impeto chitarristico del primo disco (anche se gli episodi elettrici non mancano) sfoderando un album onesto, senza troppe vette ma anche senza cali di tensione. Come fu dunque per The Wild Feathers cinque anni fa (il tempo corre, ahimè) il suono della band, certe armonie ed il gusto per la stratificazione delle voci ricorda molto gli Eagles. Ora, certi miti andrebbero centellinati nelle recensioni e non vorrei che qualcuno di voi pensasse che siamo di fronte agli Eagles degli anni 2000. È però positivo che dei ragazzi così giovani ricalchino quelle strade, utilizzando con buona maestria quella miscela indimenticabile di acustico/elettrico, alternandosi alla voce proprio come facevano le mitiche Aquile.

Ovviamente, qui non c'è una nuova "Tequila Sunrise" o "Life in the fast lane" e la strada per scrivere certi capolavori sembra lontana, ma è piacevole la muscolosa "Quittin' Time" col suo organo portante ed il ritornello pop (…anche troppo) che aprono l'album senza troppe pretese. Ma già con "Wildfire" gli Eagles sono un riferimento sin troppo esplicito, mentre sa di rock sudista "Stand By You".

Niente di nuovo sotto il sole, come i fantasmi di Neil Young in "No Man's Land" o il country di "Two Broken Hearts", questo sì un po' troppo scontato.

Il singolo "Big Sky" alla fine dei conti è forse il brano più deludente, con l'intenzione non portata al termine di accontentare classifiche e cultori di Americana, che al solito non porta da nessuna parte. Meglio, molto meglio il rock alla Tom Petty di "Golden Days", rotondo nel suono senza risultare forzato. Molto Texano il mariachi di "Every Morning I Quit Drinkin", per i cultori del genere.

In conclusione, non c'è la spinta elettrica dell'esordio che tanto me li aveva fatti amare, ma Greetings from the Neon Frontier è un disco coeso che parla ad un pubblico preciso. Da noi, come sempre in questi casi, passeranno come sconosciuti. Per il sottoscritto comunque sono poco più di 35 minuti passati con le immagini dell'America onesta di quattro ragazzi altrettanto onesti.