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SPEAKER'S CORNERA RUOTA LIBERA
27/07/2017
From Basildon
Lessons in musical danger
Ho sempre trovato in essi una valenza di pericolosità, di unicità, di eccezionalità, di individualità (ai loro concerti i cori sono una somma di voci pensanti e non una poltiglia di indulgenti cervelli bruciati) che mi ha sempre accompagnato a casa come mi accadeva con i concerti punk...
di Stefano Galli steg-speakerscorner.blogspot.com

Front 242.

Electribe 101.

Non sono solo due palindromi numerici.

Dato il numero di loro concerti tenutisi lì, al Forum di Assago (Milano) dovrebbe esserci una stele con inciso: HoDM.

I grandi artisti si misurano, anche, dal numero di canzoni che possono permettersi di bruciare nella prima mezz’ora di concerto.

Quando Bob Dylan passò all’elettrico fu una svolta non da tutti gradita.

Quando loro cominciarono ad usare le chitarre, anche[1].

La canottiera come capo di tendenza? Marlon Brando e Dave Gahan.

Per chi non avesse ancora capito (non è un quiz televisivo) sto scrivendo dei Depeche Mode.

Il mio primo loro concerto risale al tour per Black Celebration.

Un hangar da qualche parte nella periferia di Zurigo. Fra le canzoni del sottofondo musicale, a ingannare la nostra attesa che li precedeva, verso le cinque di pomeriggio di una domenica, “Der Mussolini” dei DAF.

Credo di aver assistito, in tutto, ad almeno una mezza dozzina di concerti del gruppo di Basildon.

Ho sempre trovato in essi una valenza di pericolosità, di unicità, di eccezionalità, di individualità (ai loro concerti i cori sono una somma di voci pensanti e non una poltiglia di indulgenti cervelli bruciati) che mi ha sempre accompagnato a casa come mi accadeva con i concerti punk: orecchie che fischiano, coscienza del pericolo e scelta di non accettare la musica consolatoria ma di ascoltare solo quelle note che mi sono affini.

I Dep hanno tanti caratteri distintivi, fra essi quello di aver percorso una strada quasi contraria alla regola, diventando meno accessibili con il passare del tempo.

Al proposito illuminante rimane, sempre, quel 101, film diretto da, quasi immancabile si direbbe nel firmare storici documenti dell’ottava arte, D. A. Pennbaker.

Apprezzo molto anche la loro capacità` di non cercare il consenso a tutti i costi: intitolare un album Music For The Masses o una canzone “Personal Jesus” non aiuta molto.

Monumentale, poi, l’ossimoro di “Enjoy The Silence” che diventa un coro da stadio di tutti i bedsitter boys and girls che affollano i loro[2] concerti.

Fait accompli che Anton Corbijn si diverta più lavorando con loro che con gli U2.

Se manca un elemento per chi vuole dissentire totalmente con me, lo aggiungo ora: “Walking In My Shoes” è “Behind Blue Eyes” circa un quarto di secolo dopo. Del resto Martin Gore non deve temere un paragone con Pete Townshend: due grandi autori e compositori in epoche diverse, al di là dei valori assoluti in gioco.

Gli è che io non discrimino fra queste due canzoni. Appunto.

Certo, vi devo un’ultima spiegazione: sia i F242 sia gli E101 hanno aperto per i DM.

Ne avete “abbastanza”?

 

[1]  Eppure i fan de The Human League prima del 1981 non erano masse.

[2] Con un discreto crossover per i Placebo, credo, almeno per i più giovani seguaci.