Che questo pensiero sia siciliano o meno, non è questo il punto. Il punto è la verità che Roberta Finocchiaro in qualche modo sottolinea sempre. La verità: ecco una parola difficile da dire, da capire, da mettere in pratica. Ed è la verità il punto di forza che fa di questo disco un lavoro prezioso all’ascolto, alla sensazione che lascia sulla pelle. Un suono che poi fa bene anche ai pensieri che tornano dopo, con calma, a disco finito e poi finito di nuovo… e poi fatto girare ancora una volta.
Ritrovo la Tillie Records a capo di questa operazione ed io, che quando ero dentro al fan club dei R.E.M. conoscevo di fama Francesco Virlinzi, non posso che avere un piccolo sussulto al cuore e al cassetto della nostalgia. La Tillie Records è portata avanti dalla sorella del compianto produttore che tanto era legato alla band di Athens. Ma stiamo andando fuori tema. Rientrando sulla strada maestra di questo disco ritrovo dei nomi importanti come David LaBruyere o Stephen Chopek alla produzione, ritrovo tre le righe quel nome che è John Mayer che tanto ho consumato con “Paradise Valley”. Ma di nuovo stiamo uscendo dal selciato principale. Dunque, fuoripista a parte (ma neanche tanto), dopo tali premesse come non aspettarsi un lavoro di grande gusto e mestiere? Ma soprattutto come non aspettarsi un disco americano fin dentro le ossa?
Ed infatti “Something True” suona folk, suona rock, suona sporco di roots e figlio di grandi ballad, di groove ricchi di sex-appeal e di orizzonti di vita, suona a stelle e strisce come nei film della fine degli anni ’90 e non sembra per niente forzato. Una sola chicca italiana in questa tracklist di 9 inediti in lingua inglese: si intitola “Paura” ed è una melodiosa dolcezza che si poggia sulle confessioni della donna che sta diventando Roberta Finocchiaro.
Questo disco di segreti ne custodisce tanti. Ed è un vinile che si rende prezioso in questo mare di musica elettronica che non sa più cos’altro inventarsi per spacciarsi di tendenza. Sulle prime ho pensato potesse attendere. Un solo ascolto basta per capire che l’attesa non aveva alcun senso. Belle sensazioni di pulizia… ed è sempre pulita la verità, anche quando fa male dentro.
La Sicilia in fondo è sempre stata terra di approdi e di partenze. La prima domanda ascoltando questo bellissimo disco è: ho la sensazione come di una migrazione in America più che di una semplice visita. Sembra quasi che i timidi tentativi che troviamo nel disco “Foglie di carta” oggi abbiano trovato la strada per sfogarsi come si deve… sbaglio?
"Foglie di Carta” non mi rappresentava al cento per cento, anche perché i pezzi non erano interamente scritti da me. “Something True” rappresenta tantissimo la mia essenza musicale, io sono cresciuta in Sicilia in una famiglia dove la musica è sempre stata un pilastro molto importante, il mio pensiero è sempre stato che la musica non ha lingua e non c’è un genere migliore o peggiore, siamo tutti persone differenti e ci emozionano cose diverse. Nei suoni americani io ho trovato quelle emozioni e l’Italia ha sempre cercato di portarli qui perché hanno qualcosa di speciale. Negli anni i gusti si evolvono e anche i miei cresceranno, ho anche delle influenze italiane. Il mio scopo è di trovare un sound tutto mio, senza avere etichette.
Che poi la Sicilia, come Napoli, trovo che sia un luogo impossibile da confinare nel proprio territorio. Penso a questi luoghi come crocevia di mondo che si mescola e si contamina. E la storia ce lo ha dimostrato e insegnato più volte. E se da Napoli mi sarei aspettato più Soul, più America, più blues, dalla Sicilia mi aspetto più ritmi tribali africani, più spezie d'India, più rituali d'oriente, più colori etnici di spiritualità. È una mia impressione, forse sbagliata… come la vedi?
Anche in Sicilia è molto presente il Soul che comprende il blues e il Jazz, come sono presenti altri generi. Io non penso che in una città ci sia per forza un genere musicale che predomini su altri. Se a Napoli Pino Daniele (fonte d’ispirazione) portava avanti il Blues, in Sicilia Mario Biondi, per esempio, porta avanti il Soul Jazz… ma oltre loro esistono molte realtà sconosciute che continuano ad andare avanti.
Sono molto “legato” al brano “Strappi” in cui trovo bellissimo ed efficace l’equilibrio bohémien con il sapore della semplicità, la Provenza o comunque il mare, i tuoi cappelli, la bellezza che hai alla luce del sole e la scrittura che non cerca chissà quale groove. Ingredienti che ritrovo in “Paura” ma che per il resto sembra quasi tu abbia abbandonato. Non è così?
Non ho abbandonato la melodia italiana, la metrica nella nostra lingua è molto più armoniosa rispetto a quella americana. Amo moltissimo suonare la chitarra e di conseguenza mi piace il groove, mi piace suonare con quella passione e questo viene mostrato anche nella metrica dei testi americani che scrivo, perché l’inglese permette di avere un po’ più di groove. Come ho già detto prima, nessuno smette di evolversi o cambiare.
Voglio ancora parlare di questa canzone. Cos’è per te la paura? In questa canzoni, come per esempio nel singolo “Leaf in a Hurricane” trovo forte il bisogno di libertà. Ho come l’impressione che questo sia il disco di un’anima incapace di fermarsi in spazi chiusi… o chiusi per troppo tempo… che in fondo da un palco si vede tutto quanto, si vede anche l’orizzonte, si vede anche la porta da dove uscire… cosa mi dici?
La mia anima ha bisogno di esprimersi in libertà. Sicuramente la musica mi regala questo e io vivo per lei. Penso sia un dono molto speciale. La paura ha molte sfaccettature, quando si vive, quando si cresce, si affrontano varie esperienze e la vita ti fa conoscere tante cose che ti portano a spasso, tra ciò che spaventa e quei meravigliosi momenti di forza. La paura è come fosse una delle tante prove che la vita ti presenta per combattere e andare avanti.
E non a caso forse scrivi canzone come “Love Changing”...
A proposito di prove dicevamo: una di queste che puntualmente si presenta davanti è l’amore: è difficile comprendere l’amore, quello vero, ed è difficile arrivare alla consapevolezza che l’amore vero non porta sofferenza ma vive solo del piacere di donare.
A chiudere una domanda marzulliana. Dopo tanto sapore di Nashville, tanto per fare metafore, ti manca la tua Sicilia? Musicalmente parlando, pensando a collettivi come i Babil On Suite ho l’immagine di voi catanesi come anime libere di esistere nelle forme che più amate… ma da qualche parte, pensando alle radici, la tua Sicilia la conservi, la insegui, la ritroverai?
Non abbandonerò mai le mie radici in tutto quello che farò. Metterò me stessa in scena, sul palco, nel modo più sincero possibile e questo penso sia un pensiero molto siciliano.