Occasione sprecata numero uno: il personaggio. Ammetto che al trapelare dei primi annunci su una serie dedicata al cavaliere lunare, o Lunar come venne tradotto il nome del personaggio nei mitici albi dell'Editoriale Corno, un piccolo moto d'entusiasmo ha pervaso la mia persona. Moon Knight è indubbiamente uno dei personaggi più affascinanti tra le "seconde file" dell'immenso parco di characters della Marvel, l'aspettativa era quella di una serie che avesse buone probabilità di giocare con atmosfere urbane e oscure, come da interpretazione del personaggio su diversi albi della casa delle idee, c'era la possibilità di lavorare parecchio sull'ambiguità (poco sfruttata) e sulla follia (qui decisamente meglio) del personaggio, si è però deciso di dare ampio spazio alle personalità di Marc Spector e Steven Grant sacrificando parecchio proprio Moon Knight che in fondo si vede pochino, compare nelle sequenze meno interessanti della serie e visivamente devo dire che non presenta nemmeno un colpo d'occhio così entusiasmante, per fortuna il personaggio è stato affidato alle cure di Oscar Isaac che cesella un gran lavoro nel passaggio tra due personalità molto diverse tra loro anche se spesso nell'interpretazione di Steven Grant deborda oltremodo fuori dai contorni, anche un po' meno sarebbe andato bene lo stesso.
Occasione sprecata numero due: "Moon Knight sarà la serie tv più violenta dei Marvel Studios". Così gli strilloni poco prima della partenza della serie. Ora uno non è che voglia per forza di cose vedere serie violente, nell'economia dei personaggi Marvel c'è da dire che abbiamo potuto godere di cose come il Daredevil di Netflix o il film Logan della 20th Century Fox (guarda caso nessuna delle due opere è targata Disney) che è indubbio abbiano tutt'altro spessore rispetto alla media dei film del Marvel Cinematic Universe, detto questo il personaggio si prestava anche molto bene a un approccio più adulto alla materia (che volendo c'è stato sul lato psicologico), una delle personalità che abitano il corpo di Spector/Grant è un mercenario, l'eroe è l'avatar del Dio Konshu, un'entità lontana dall'essere un'educanda tutta mossette e manfrine, per non accennare di colui che potrebbe avere ancora meno scrupolo di uno Spector qualsiasi nel portare a termine i piani del Dio vendicativo. Qui invece abbiamo un'entità caruccia in veste da ippopotamo con la vocina da bimbetta dell'asilo che sembra uscita dalle sequenze animate di Pomi d'ottone e manici di scopa. Comunque, se questa è la serie più violenta della Marvel i genitori possono stare abbastanza tranquilli (sempre con riserva, non sono prodotti adatti ai giovanissimi).
Occasione sprecata numero tre: Jack Lockley. Qui non mi dilungo per evitare eventuali spoiler, tenendo conto che il personaggio non è stato per niente sfruttato e che non è detto che Moon Knight torni ad avere ampio spazio nei piani futuri della Marvel, che dire? Beh... peccato!
Ma veniamo alla trama. Steven Grant (Oscar Isaac) lavora al book shop della National Gallery a Londra. Steven è un uomo timido, dimesso, subisce le angherie del suo capo, è introverso con le donne, all'apparenza insicuro. Steven vive da solo, la sera, quando va a dormire, si incatena al letto, un letto circondato da un fine strato di sabbia. Una sera Steven si addormenta, al suo risveglio si ritrova in un paese sulle alpi austriache dove predica una specie di santone, Arthur Harrow (Ethan Hawk), l'uomo sembra in grado di giudicare le anime degli uomini e dare la morte a chi viene trovato non meritevole. Una situazione complicata dopo l'altra, Steven continua ad avere dei vuoti di memoria e a ritrovarsi in luoghi dove non ricorda di essersi recato nonostante la catena che la notte lo tiene legato al letto. A complicare la situazione le chiamate di una donna di nome Layla (May Calamawy) che continua a chiamarlo Marc e sostiene di essere sua moglie. Con il passare del tempo scopriremo che Marc/Steven è l'avatar del Dio lunare Konshu, una divinità in contrapposizione alla dea Ammit della quale l'avatar è proprio Harrow. Ma in una narrazione dove lo squilibrio del protagonista diventa sempre più evidente cosa può dirsi reale e cosa no?
Dopo le prime due puntate davvero efficaci, tanto da lasciar presagire lo sviluppo di una bellissima serie, la storia si affloscia tra passaggi psicologici (apprezzabile quello dell'infanzia di Marc) e sapori esotici con spruzzate di mitologia dal pantheon dell'antico Egitto. Tutto sulla carta molto affascinante se non per il fatto che ciò che coinvolge in prima persona le entità sovrannaturali è costruito in modo banale tanto da risultare un aspetto della storia di scarsissimo interesse, i punti di forza del prodotto si riducono quindi alla buona prova degli attori e alla situazione psicologica di Marc/Steven, quest'ultima resa più interessante dalle sequenze ambientate nella casa di cura, anch'essa virata sempre e totalmente al colore bianco, quello del costume di Moon Knight (ma anche di Mr. Knight), dove molte cose vengono messe in discussione.
Di quello che poteva essere un antieroe, una sorta di vendicatore al servizio di Konshu c'è poca traccia, la serie inoltre sembra in alcuni passaggi perdere di direzione e l'amalgama tra i vari elementi pare non tenere, come se una dispersione di energie avesse sprecato tutto ciò che di buono un ottimo incipit aveva lasciato vedere. Non mancano i momenti di noia alternati ad altri decisamente migliori, purtroppo alla luce della partenza davvero ottima sembra proprio che la montagna abbia partorito il più classico dei topolini. La speranza è che Moon Knight sia ancora nei piani della Marvel e che si riesca a trovare a questo intrigante personaggio la giusta collocazione, al momento nessuna news su una seconda stagione o su di un film a solo, ma si sa, in casa Marvel tutto torna e quindi...