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SPEAKER'S CORNERA RUOTA LIBERA
02/12/2022
Live Report
Eugenio Sournia, 25/11/2022, Mosso, Milano
Nel pieno della Milano Music Week a Mosso, nuovo locale vicino al Parco Trotter, tra Loreto e Viale Padova, suona Eugenio Sournia, ex Siberia che sta preparando il suo rientro da solista. Posto bello pieno e canzoni vissute nel massimo silenzio, con Eugenio che si siede al pianoforte, accompagnato dall’amico violinista Andrea Libero Cito. Ecco il racconto della serata.

L’ultima volta che Eugenio Sournia è passato da Milano era il 2019: i Siberia esistevano ancora, avevano da poco pubblicato Tutti amiamo senza fine, freschi di deal con Sugar, e si apprestavano a vivere una stagione di potenziali trionfi. Le cose, purtroppo, non sono andate come ci si aspettava: il disco non è stato accolto benissimo, coi più che hanno storto il naso di fronte ad un evidente cambiamento di direzione rispetto al rock contaminato di Wave del recente passato. Poi è arrivato il Covid, il mondo ha chiuso i battenti e i Siberia, come tutte le altre band del pianeta, hanno dovuto fermarsi. Di lì a poco è arrivata la notizia dello scioglimento, ancora oggi mai ufficialmente motivata, anche se la presenza della band al completo al live di stasera lascia pensare che non si sia trattato di screzi personali.

Il live di stasera, appunto. Eugenio Sournia sta da tempo preparando il suo rientro da solista, andando così a condividere il destino del suo compagno di etichetta Matteo Mobrici, che ha sciolto i Canova anche lui in pandemia e che il suo debutto discografico l’ha pubblicato l’anno scorso. Su Eugenio c’è ancora calata una cortina di silenzio: giusto un paio di occasioni pubbliche in cui ha testato il nuovo materiale, sempre nella sua Livorno, e dunque un po’ scomode per me da raggiungere. La data di stasera, che cade nel pieno della Milano Music Week, arriva dunque a proposito per capire che cosa stia combinando, se le nuove canzoni che sta scrivendo siano in grado di tenere testa a quelle della band.

 

Mosso è un locale inedito, almeno per me, per vedere musica dal vivo. Situato accanto al Parco Trotter, tra Loreto e viale Padova, è una location che dev’essere particolarmente suggestiva nel periodo estivo, immersa com’è in un’ampia area verde con tavolini all’aperto; nel periodo invernale c’è un ristorante con accanto un’ampia sala bar, ed è lì che si svolge il concerto, su un palco basso dominato da uno splendido pianoforte a coda. Il posto è bello pieno, tavoli e sedie tutti occupati ed un bel po’ di gente accalcata davanti al balcone. Sono tutti qui per lui e questo farà bene all’atmosfera della serata, con le canzoni vissute nel massimo silenzio, senza il fastidioso chiacchiericcio che si registra normalmente in situazioni analoghe.

Si inizia poco dopo le 22, con Eugenio che si siede al pianoforte, accompagnato dall’amico violinista Andrea Libero Cito.

 

Le prime tre canzoni sono nuove: “Il dolore è una porta”, “Super Wow” e “Il cielo”. Si nota subito una maggiore sofisticatezza e profondità rispetto alle composizioni dell’ultimo disco dei Siberia. C’è una vena cantautorale maggiore, che oscilla tra Battiato e Jacques Brel, e dei testi che sembrano abbandonare le tematiche amorose, per concentrarsi su una più intima riflessione esistenziale. Sembra sparita la componente Dark Wave degli esordi, ma è anche difficile poterlo dire ora, visto che gli arrangiamenti non sono certo quelli che sentiremo a cose fatte.

La resa complessiva è in ogni caso molto buona, col violino che si tiene discretamente in secondo piano ma garantisce comunque le necessarie aperture melodiche e arricchisce coi suoi fraseggi l’interpretazione vocale che, come sempre, è di primissimo livello.

Dopo questo inizio imbraccia la chitarra acustica per una rapida incursione nel repertorio dei Siberia: “Cara Francesca” è un brano della prima ora, sempre molto valorizzato in sede live e anche questa sera, in questa versione scarna spogliata da ogni orpello, funziona benissimo (d’altronde, con una melodia così sarebbe impossibile il contrario). Altro pezzo alla chitarra, questa volta nuovo: “Dignità” al primo ascolto si rivela anch’essa molto valida, leggermente più aperta e solare delle prime tre. 

 

C’è poi la gradita ospitata di Francesco “Maestro” Pellegrini, anche lui livornese, chitarrista degli Zen Circus e penna discreta, come dimostrato dal disco Fragile, uscito nel 2020. I due condividono il palco per tre canzoni: dapprima l’inedita “Scrivere”, anche questa suonata alla chitarra, dopodiché spazio al repertorio di Francesco con “Cent’anni”, una delle tracce di maggior impatto del disco di debutto. È una buona versione, suonata alla chitarra, con Eugenio che lo accompagna al pianoforte. Da ultimo, c’è una riuscita rilettura di “Shadowplay”, trasformata in una ballata acustica dal sapore oscuro, il pianoforte e il violino che le conferiscono sfumature insolite ma decisamente affascinanti. Chissà che ne avrebbe pensato Bernard Sumner.

Congedato il Maestro, si riprende con un altro classico dei Siberia, “Mare”, sempre emozionante anche in questa versione acustica, dopodiché l’ultimo brano nuovo della serata: si tratta di “Via Magenta”, e anche questo conferma le ottime sensazioni avute: la scrittura di Eugenio si è fatta decisamente più matura, ha assunto una dimensione introspettiva molto più marcata, pescando a piene mani dalla grande tradizione dei nostri cantautori. L’impressione, come già detto, è che si tratti di brani dal grande potenziale commerciale, ma che al contempo abbiano abbandonato alcune soluzioni un po’ ammiccanti che caratterizzavano certi episodi di Tutti amiamo senza fine (un disco che a tre anni dalla sua uscita suona ancora molto bene, ma che è innegabile contenesse un paio di passaggi a vuoto, troppo tesi ad inseguire l’airplay).

 

Il finale è tutto dedicato ai Siberia: dapprima “Nuovo Pop Italiano”, uno dei loro capolavori, che in questa versione per piano e violino non funziona altrettanto bene, purtroppo. Decisamente meglio “Non riesco a respirare”, che al contrario, spogliata dal vestito mainstream che indossava sull’album, fa sentire maggiormente la sua urgenza romantica.

Il congedo dal pubblico avviene con una cover, forse un po’ telefonata ma pur sempre intensa, del classico di Nick Cave “Into My Arms”. È durato lo spazio di un’ora e quando dagli altoparlanti escono le prime note di Si vuole scappare (scelta tanto singolare quanto gradita, quello di trasmetterlo per intero nel post serata), abbiamo la certezza che non ci sarà altro.

 

Non sappiamo ancora quanto ci vorrà, prima di avere tra le mani l’esordio solista di Eugenio Sournia, ma di sicuro quel che abbiamo ascoltato stasera ci fa ben sperare per un lavoro di alto livello. Non resta che attendere pazientemente, nella speranza che, chissà, a breve arrivino altre date dal vivo.