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REVIEWSLE RECENSIONI
A Cat in the Rain
Turnpike Troubadours
2023  (Bossier City Records)
AMERICANA/FOLK/COUNTRY/SONGWRITERS
8,5/10
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21/09/2023
Turnpike Troubadours
A Cat in the Rain
Forse i primi a non crederci erano loro stessi, ma con “A Cat in the Rain” i Turnpike Trobadours, freschi di reunion, ci regalano non solo uno dei migliori album country dell’anno, ma anche della loro carriera.

Nonostante non abbiano mai riempito gli stadi degli Stati Uniti come molti loro contemporanei, i Turnpike Troubadours sono senza dubbio una delle band più iconiche e influenti della scena country americana, tanto da essere il modello di riferimento per tante nuove leve, una su tutte il fenomeno Zach Bryan, che non a caso li ha voluti con sé nel suo prossimo tour (l’autore di “Something in the Orange” ha raccontato di essere stato cacciato da quattro spettacoli dei Turnpike prima di compiere 17 anni).

Fin dagli esordi, i Turnpike Troubadours – forti di una penna come quella del frontman Evan Felker, capace di scrivere testi profondi e coinvolgenti che toccano temi di vita quotidiana, amore, perdita e speranza – hanno saputo portare un’atmosfera di rustica autenticità nella scena country, ibridandolo sapientemente con il bluegrass, il folk, il Cajun e il rock and roll. Al loro massimo, i Turnpike Troubadours sono una meravigliosa bar band, di quelle che suonano nei locali delle piccole cittadine di provincia americane, dove i cowboys affogano i loro dispiaceri in un boccale di birra e allo stesso tempo vogliono sia divertirsi sia ricordarsi quanto sia misera la vita.

 

Sei anni fa, dopo aver ascoltato A Long Way from Your Heart, eravamo pronti a predire ai Turnpike Troubadours un futuro da working band, una di quelle che pubblica album con regolarità e con altrettanta regolarità gira gli Stati Uniti in tour. Forti di una solida discografia fatta di album come Diamonds and Gasoline e Goodbye Normal Street, una certa dose di hit e la reputazione di musicisti di prim’ordine, tutto portava verso quella direzione.

Peccato che, due anni dopo, Felker abbia abbandonato la band allo scopo di mettere ordine nella sua vita. L’alcolismo, i problemi di salute mentale e uno scandalo che ha messo a soqquadro il suo matrimonio hanno influenzato pesantemente la sua capacità di continuare a esibirsi. Durante il Bandwagon Tour con Miranda Lambert e i Little Big Town, Felkner aveva ha iniziato una relazione con Miranda Lambert. Lo scandalo portò all’abbandono del tour da parte dei Turnpike, al divorzio di Evan con la moglie Staci e a una tempesta mediatica sui social, con i fan schierati chi dalla parte di Miranda chi da quella di Staci.

 

Felkner aveva evidentemente bisogno di una via di fuga e l’ha trovata nel suo ranch (è vero, tutto questo sembra una puntata di Yellowstone), acquistato nei pressi di Okemah, nell’Oklahoma, la sua città natale (e di Woody Guthrie), teatro di molte delle canzoni dei Turnpike Troubadours. Qui un poco alla volta ha ricostruito la sua vita, dando un taglio all’alcol, risposando la moglie Staci (che nel frattempo lo ha reso padre di due bambini) e ricominciando a scrivere le canzoni che sono andate a comporre il nuovo album della band, A Cat in the Rain.

Con un Felkner nuovamente in carreggiata (e una domanda di concerti che nel frattempo è aumentata esponenzialmente, per lo stupore della stessa band), per i Turnpike Troubadours entrare in studio è stata la cosa più sensata da fare. Arricchiti dal cambiamento di prospettiva e dalla crescita come artisti derivata dalla pausa del gruppo (tutti i membri, eccetto Felkner, hanno avuto nel frattempo dei progetti paralleli), i Turnpike si sono rincontrati per la prima volta proprio in occasione dell’inizio dei lavori per il uovo album, registrato a partire dal febbraio dello scorso anno ai celebri FAME Studios a Muscle Shoals, in Alabama.

 

Prodotto da Shooter Jennings (Brandi Carlile, Tanya Tucker, American Aquarium), A Cat in the Rain ci consegna una band – composta da Evan Felker (voce e chitarra), R.C. Edwards (basso), Ryan Engleman (chitarra), Kyle Nix (violino), Gabe Pearson (batteria) e Hank Early (pedal steel) – che in questo lustro di lontananza dalle scene è nel frattempo diventata più vecchia e più saggia, e che ha trovato nel piacere di fare della musica insieme il fulcro della sua stessa esistenza.

Che questo sia un album di guarigione e di rinascita, Felkner lo mette in chiaro fin dalle prime parole da lui pronunciate nel disco («Empty promises I’ve given», “Mean Old Sun”), mentre più avanti fa ammenda sulla sua dipendenza dall’alcol («I don't miss the taste of liquor or really anything about it», “The Ruth”). Ma ­A Cat in the Rain non è il classico album confessionale dove un cantautore sulla via della redenzione ripercorre la sua biografia, come per esempio ha fatto dieci anni fa Jason Isbell in Southeastern. Al contrario, A Cat in the Rain è in tutto e per tutto un album di una band, dove ogni singolo componente ha contribuito attivamente alla sua realizzazione, a partire dalla fase di scrittura. E se, come sempre, Felkner ha fatto la parte del leone scrivendo cinque  canzoni (e ripescandone una, “East Side Love Song”, comparsa una decina di anni fa in una compilation dedicata al “JJ’s Alley”, uno dei locali più celebri di Oklahoma City), Edwards e Roark hanno contribuito con “Chipping Mill” (forse il pezzo più alla Turnpike di tutto il disco), l’ex membro John Fullbright ha offerto alla band “Three More Days”, mentre dalla collezione di dischi del gruppo sono uscite due cover abbastanza oscure, “Black Sky” degli Ozark Mountain Daredevils e “Won’t You Give Me One More Chance”, presa dal repertorio di Jerry Jeff Walker. Scelte molto particolari, fatte con estrema oculatezza, soprattutto quest’ultima, una canzone da falò che potrebbe essere interpretata come una lettera d’amore di Felkner rivolta alla moglie Staci, nonostante l’autore sia Lee Clayton e non lui.

 

Con i suoi 36 minuti di musica (a conti fatti, la durata standard di un classico disco country) A Cat in the Rain è forse l’album più asciutto e compatto dei Turpike Troubadours. Al contrario dei lavori precedenti, dove le improvvise svolte che la band amava prendersi magari davano carattere al disco ma ne diluivano l’impatto complessivo, la scelta dei Turnpike di proporre una scaletta serrata mette ancora di più in evidenza la varietà di cui è composto l’album, dove pezzi più legati alla tradizione  country come “Mean Old Sun” stanno vicini ad altri che si rifanno alla tradizione folk britannica, come “Brought Me”, oppure al blues di “Black Sky”, senza dimenticare la tradizione Red Dirt Country da cui la band proviene, in evidenziata in pezzi come “Chipping Mill” e “A Cat in the Rain”. E se “The Rut” procede con un’andatura stanca e indolente, in “Three More Days” e “Won’t You Give Me One More Chance” spiccano dolci le armonie vocali dei Turpike, uno degli elementi più riusciti della produzione di Shooter Jennings (in origine dietro al bancone del mixer doveva sedere Sturgill Simpson).

È forse questo il segreto dei Turnpike Troubadours, inserire un pizzico di speranza nelle canzoni più tristi e innestare una vena di malinconia nei pezzi più allegri. Forse non ci credevano neanche loro al momento di rimettersi insieme, ma con A Cat in the Rain i Turnpike ci hanno regalato non solo uno dei migliori album country dell’anno, ma anche della loro carriera. Di quelli fatti per essere sparati a tutto volume in un pickup percorrendo le polverose strade dell’Oklahoma, ma che allo stesso tempo sanno parlare direttamente al cuore dell’ascoltatore.