Sono nove anni che i Simple Minds non sbagliano un disco, il che la dice lunga sullo stato di forma di una band, che dopo aver vissuto alcuni momenti non esaltanti, è tornata a pubblicare musica di livello. Oggi, Jim Kerr e Charlie Burchill, i due membri superstiti rimanenti, in attesa di un nuovo disco di inediti, hanno deciso di autocelebrarsi, scegliendo una suggestiva location (l'Abbazia di Paisley in Scozia), per registrare dal vivo, con la loro formazione più recente, il grande classico New Gold Dream (81-82-83-84), quello che, al netto di altri episodi commercialmente rilevanti, è probabilmente il disco più amato dai fan di lunga data.
Quando, nel 1982, i Simple Minds pubblicarono il loro quinto album in studio, non sapevano di aver appena registrato uno dei dischi più belli e seminali del periodo, una gemma che sarebbe diventata termine di paragone di tutta la loro carriera. Molti lo considerano il loro picco creativo ed è indubbio che fu anche il trampolino di lancio di una band che, di lì a poco, avrebbe virato verso sonorità più decisamente rock e mainstream (Once Upon A Time del 1985) raggiungendo un breve, ma appagante, successo planetario.
Registrarlo nuovamente, quarantun anni dopo, è un’operazione che fa sorgere qualche perplessità: se da un lato, l’idea di riascoltare quelle straordinarie canzoni ha sicuramente toccato il cuore a tanti nostalgici, dall’altro, questa rivisitazione presenta parecchie insidie, come succede tutte le volte che si va a toccare una musica riconosciuta universalmente come capolavoro.
E invece, a dispetto dei legittimi dubbi, questo live è decisamente migliore di ogni più rosea previsione. Non sostituisce l'originale, questo sia chiaro, anche perché non è mai stato previsto che lo facesse. Piuttosto, Kerr e Burchill sono così consapevoli della bontà della loro attuale line up (che è insieme ormai da diversi anni) che hanno voluto registrare nuovamente quel disco, senza abbandonarsi alla nostalgia, ma dandogli, e questo è il merito dell’operazione, una diversa veste, più diretta e rock, evitando di replicare pedissequamente i suoni dell’originale.
I Simple Minds non hanno aggiunto alcuna chicca inedita, la scaletta è presentata nello stesso ordine, alcuni arrangiamenti sono conosciuti, ma qui e là compare qualche significativa modifica. Niente di estremamente radicale, ma tuttavia evidente quel tanto che basta per dare un senso al live.
Le canzoni sono belle all’origine, questo si sa, e qui continuano a suonare benissimo: "Someone Somewhere In Summertime" si arricchisce di sfumature soul, "Hunter And The Hunted" è invecchiata come un buon vino strutturato e la performance è potente (per chi scrive la rilettura migliore), "Promised You A Miracle" è forse un po' meno aggressiva ma sempre notevole, e "Somebody Up There Like You" gode di un nuovo e stuzzicante arrangiamento. Non c’è nulla, insomma, che faccia inorridire chi, come il sottoscritto, ha amato follemente il dico del 1982.
Con che spirito affrontare questo live? Bisogna considerarlo per quello che è: un omaggio al proprio passato, la volontà di guardarsi alle spalle con consapevolezza, ma senza inutili nostalgie, con la forza dello spirito rinnovato di chi non rinnega la propria storia, ma è ancora capace di guardare al futuro.
Tuttavia, è inevitabile, ascoltando questa nuova versione, di paragonarla all’originale. Il che è ingiusto nei confronti di un’operazione il cui intento è quello di togliere la polvere che si è accumulata nel tempo. In fin dei conti, non siamo nemmeno di fronte a vecchi mestieranti che si aggrappano agli anni d’oro della loro discografia per non morire: la voce di Kerr resta eccellente, e il supporto di Sarah Brown è un notevole plus, Burchill suono ancora da Dio, e il recente passato della band ci fa capire che gli anni della pensione sono molto lontani. Non indispensabile, ma, in un certo senso, egualmente emozionante.