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REVIEWSLE RECENSIONI
01/05/2018
Pennywise
Never Gonna Die
Dopo varie peripezie e trent’anni di carriera, i Pennywise lo dichiarano: “non moriranno mai”. In 39 minuti e 14 canzoni Never Gonna Die regala il meglio della band ai propri fan. Canzoni dirette, veloci, melodiche ma potenti, che superano raramente i tre minuti e portano i fan nel solito turbinio di chitarra-batteria sparate a mille e testi che oscillano tra il commento socio-politico e la determinata e ottimistica motivazione che infiamma gli animi. I quattro ragazzi californiani continuano a lottare e dopo un disco del genere, non possono far altro che aspettare i loro kids ai live.

Jim Lindberg è tornato e i Pennywise hanno ripreso il discorso esattamente da dove l’avevano lasciato. A ben 10 anni dall’ultimo album di inediti con il cantante storico (Reason To Believe, 2008), Lindberg ha riportato con sé anche la sensazione che i Pennywise, così come erano stati concepiti nei dischi dei dieci anni precedenti, non siano mai andati via.

Certo, il loro ultimo album di inediti risale in realtà al 2012 (All or Nothing), ma la sostituzione di Lindberg con Zoli Teglas (cantante degli Ignite), aveva riportato il suono dei Pennywise molto più vicino alle loro origini e a dischi come About Time (1995): diretti, veloci e senza mezzi termini. Il ritorno alla formazione tradizionale ha invece rielaborato il suono massiccio dei primi album mescolandolo al punk-hardcore più melodico tipico degli album da Land of The Free (2001) in poi.

Il risultato? Il disco che i fan dei Pennywise stavano aspettando. Che per ragioni anagrafiche o di casualità si siano scoperti dal loro omonimo esordio del 1991, sulla scia del revival punk degli anni Novanta assieme ai loro colleghi californiani Bad Religion o Nofx, o dalla metà degli anni 2000, il motivo per cui si amano i Pennywise è la loro base di hardcore californiano mischiata con lo skate punk, i suoni veloci, i cori nei ritornelli, i ritmi pesanti ed energici e i testi positivi e motivazionali. Ed è quello che la band ha confezionato.

La strada per giungere ad oggi, con trent’anni di carriera alle spalle, non è stata affatto semplice: gli alti e bassi non sono mancati. Formati nel 1988 ad Hermosa Beach, California, Jim Lindberg (voce), Fletcher Dragge (chitarre), Jason Thirsk (basso) e Byron McMackin (batteria) hanno preso il nome dal malvagio clown del romanzo di Stephen King, It e firmato per la Epitaph nel 1990. Subito dopo il loro album di debutto (Pennywise, 1991) Lindberg se ne andò per poi tornare nel 1992, dopo essersi sposato. Con Unknown Road del 1993 iniziarono i primi tour nazionali e mondiali e con About Time del 1995 iniziarono a scalare anche le classifiche mondiali. Questo però, fu l’ultimo album con il bassista Jason Thirsk, che dopo aver lasciato la band per i suoi problemi di alcolismo si tolse la vita nel 1996. Questa ferita rimarrà per sempre aperta nella memoria della band. Sostituito al basso con Randy Bradbury (che già collaborava da anni con la band), il nome di Thirsk rieccheggia per tutto Full Circle (1997), a lui interamente dedicato, così come la riedizione di “Bro-Hymn”, più che canzone ormai un inno, che i Pennywise suonano immancabilmente ad ogni concerto.

Dopo numerosi successi, però, nell’agosto del 2009, Lindberg lasciò la band e formò i The Black Pacific. I Pennywise chiamarono così alla voce Zoli Teglas, frontman degli Ignite (nota band hardcore-punk dell’Orange Country), con cui pubblicarono All or Nothing nel 2012. Le avventure potrebbero sembrare concluse, ma non lo furono: a seguito di un incidente nella primavera del 2012, Zoli si infortunò gravemente alla schiena e, costretto ad una pausa forzata, si disse pronto a lasciare la band. Un nuovo sostituito a distanza di così poco tempo non era certo la strada più desiderabile e così, anche grazie alla mediazione di Zoli, Lindberg riappianò le divergenze con i suoi vecchi compagni di battaglie. Prima di poter affrontare un nuovo album di inediti, la riformata band si guardò di nuovo indietro, dando spazio nel 2014 a Yesterdays, una raccolta di canzoni mai pubblicate scritte dal bassista Jason Thirsk. Dopo due anni iniziarono le prime voci di un nuovo album di inediti in lavorazione e dopo ancora due anni la gestazione si compì, portando alla luce l’odierno Never Gonna Die.

È proprio il caso di dirlo. Dopo tante peripezie e trent’anni di carriera, i Pennywise, a questo punto, “non moriranno mai”. In 39 minuti e 14 canzoni Never Gonna Die regala il meglio della band ai propri fan. Canzoni dirette, veloci, melodiche ma potenti, che superano raramente i tre minuti e portano i fan nel solito turbinio di chitarra-batteria sparate a mille e testi che oscillano tra il commento socio-politico e la determinata e ottimistica motivazione che infiamma gli animi. I quattro ragazzi californiani continuano a lottare e dopo un disco del genere, non possono far altro che aspettare i loro kids ai live.