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THE BOOKSTORECARTA CANTA
Con la pelle in ascolto
Cristina Mosca
2018  (Ianieri Edizioni)
LIBRI E ALTRE STORIE
all THE BOOKSTORE
13/07/2018
Cristina Mosca
Con la pelle in ascolto
C’è dell’acqua sulla narrazione che in qualche misura disseta ma non ingolfa, mette curiosità e non annoia.

Vorrei iniziare citando testualmente un bellissimo passaggio tratto da “Gli imperdonabili” di Cristina Campo: “Ebbrezza delle cose non possedute, non desiderate, le cose che - puri specchi ed echi - alludono ad altre cose, poiché il destino non è nel campo che si possiede ma nella perla per cui si vende quel campo.”

Torna prepotente ed efficace quel concetto di viaggio come peregrinare, come andare, come far accadere cose piuttosto che l’arrivo, l’avere, il possedere. L’evoluzione è il vero obiettivo a celebrare la vita ed i suoi protagonisti. Ed è la vita di due sorelle prima e del loro mondo attorno poi, ed è l’esserci di amori inseguiti, l’aversi di amori difficili da accettare… ed in sostanza è l’accettazione di sé il vero nucleo portante di questo nuovo romanzo di Cristina Mosca. Edito da Ianieri Edizioni si intitola “Con la pelle ascolto”: una tinteggiatura ad inchiostro con mano ferma e leggera, colori pastello aggressivi solo per poco. C’è dell’acqua sulla narrazione che in qualche misura disseta ma non ingolfa, mette curiosità e non annoia. Scivola, lettura che inizi e poco dopo scopri di aver terminato. Ed è un non accadere ciò che affascina in ogni pagina di questo lungo racconto, che si dipana tra personaggi che hai davanti agli occhi, che riesci per davvero ad ascoltare con la pelle, che ti conducono (e tu conduci loro senza saperlo) ad un finale che di nuovo celebra il non avuto.

Cristina Mosca chiede permesso nella vita del lettore e anche se avrei preferito una maggiore arroganza e violenza nella rivoluzione dei personaggi, anche se avrei voluto che tutti quei tratti assolutamente quotidiani diventassero una mia reale scomodità da ascoltare sulla pelle, anche se avrei voluto che il bellissimo finale fossero state urla assordanti piuttosto che un rumore - certamente fastidioso - ma che pare provenire dalla stanza di fianco che quasi non è capace di distrarti da ciò che stavi facendo, anche se avrei voluto tutto questo sento sicuro un affascinante equilibrio e quel primaverile senso di serenità nel ritrovare il momento in cui, così come scritte, l’accettazione e la rinuncia di qualcosa di se dimostrano con la vita stessa qual sia il vero senso di ognuno di noi. Una bella lettura che non ha l’arroganza né la presunzione ma soltanto la semplicità di mostrarsi per quello che è.

Che bella cosa la semplicità.

È un sinonimo assai interessante di verità.

Ho pensato sempre ad una frase dopo aver letto questo libro e aver riflettuto su alcune figure portanti della narrazione… non ultimo il finale. Ti direi: ecco un romanzo dell’amore che non arriva ad aversi. Te la lancio lì… come ti viene da commentarla?

È una frase bellissima e mi trova d’accordo. Non è un caso se si dice che l’unico amore eterno sia quello impossibile: a volte sembriamo preferire tenderci nel desiderio che catturare l’oggetto desiderato. La quotidianità, inoltre, può impolverare i sentimenti più sinceri e può confondere la vista, facendoci dimenticare cosa abbiamo davanti. I personaggi di questo libro sono accomunati dalla ricerca costante di una completezza che, mancando finora in quello che hanno, si aspettano di trovare in qualcosa che non hanno. A tutti loro manca una cosa, perché a tutti noi manca almeno una cosa: una risposta, una verità, l’aria. Eppure, io penso spesso alla storia narrata ne Il Mago di Oz: anche i suoi personaggi ritengono che gli manchi qualcosa, invece la risposta è sempre stata insieme a loro, sin dall’inizio. Dovevano solo concentrarsi su se stessi.

Senza troppo svelarlo, restiamo sul finale: perché lo hai lasciato così sospeso? Di quei finali che non chiudono la narrazione, anzi lasciano una fame dentro che quasi ti vien voglia di cercarne il seguito. Dev’esserci per forza il seguito…

Sono molto affascinata dalle cose che non accadono, o meglio, che non accadono ancora. Credo che viviamo quotidianamente non-situazioni che ci lasciano inconsapevoli; incontri sfiorati, di cui non possiamo comprendere l’importanza. In questo finale potenzialmente aperto c’è anche un’altra riflessione: quante cose abbiamo troppo vicino agli occhi, tanto da non poterle riconoscere?

Ci sarà? Un seguito intendo…  

Sarebbe interessante, per me, scriverlo, anche se non è in programma. Ma a questo punto porrei la domanda: e se questa non-chiusura fosse, invece, la fine inevitabile di qualcosa che non aveva i presupposti per andare avanti? 

Come a dire: chi siamo davvero prima o poi torna prepotente, negli anni esce fuori in un modo o nell’altro? Oppure può capitare che resti a covare dentro una qualche forma di sofferenza?

Penso che chi riesce a mascherare qualche parte di sé per tutta la vita sia spinto da un motivo davvero valido. Se è vero che non siamo perfetti, è vero però che siamo perfettibili: come nella vita di coppia accettiamo di smussare alcuni lati di noi nel nome di un benessere comune, così anche nella convivenza con noi stessi possiamo scendere a qualche patto. Mascherare non vuol dire, necessariamente, essere ipocriti. In nome di cosa stiamo tenendo a bada la nostra parte selvatica? È questa risposta, che ci deve interessare. 

Pescara sullo sfondo. La tua città. In qualche misura è un romanzo che ti appartiene nel quotidiano? In che modo?

Pescara è la città che mi ha accolto quando ero un’universitaria. A Pescara ho conosciuto il ragazzo con cui poi ho costruito un progetto di vita. Per me, che vengo da Giulianova, un paese che amo ancora molto, di 22mila abitanti e ricco di olmi, ha rappresentato l'America, con le mille opportunità, le strade da conoscere e un cielo spalancato. Non posso non sentirmi debitrice. Nonostante il tasso altissimo di umidità :)

È bellissima una frase che ho sottolineato e che ti ripeto qui di seguito: …non si può essere liberi senza essere crudeli almeno un poco. Che c’è nascosto tra le righe? Me la racconti bene questa frase?

Questa frase mi era caduta in una poesia qualche anno fa e l'ho ripresa in prestito. Se ci innamoriamo del senso di libertà che intuiamo in una persona vorremmo sempre starle accanto: respirare la sua libertà ci fa bene, ci illude di essere liberi anche noi. Ma proprio quella libertà che ci ha fatto innamorare può farci soffrire, perché, per sua natura, esige degli spazi di irreperibilità, una zona franca. Lontano da noi, quindi. Quella persona è così. Prendere o lasciare.

E allora riprendiamo un’altra definizione e dimmi che ne pensi: “Con la pelle ascolto” è un romanzo che celebra la libertà? Libertà di essere, di trovarsi, la libertà di non trovarsi… anche in questo si deve rispettare la libertà altrui…

È una definizione molto interessante. Penso che “Con la pelle ascolto” voglia riflettere sulla libertà, parlando di chi la insegue, di chi la subisce e di chi vi rinuncia. In mezzo, c’è la difficoltà di comunicarlo. “C’è il silenzio di un grande odio, e c’è il silenzio di un grande amore” è l’estratto di una poesia di E.L. Masters che ho scelto per l’esergo.

E dunque chiudo con la domanda per eccellenza: per Cristina Mosca cos’è la libertà?

Nei rapporti umani mi piace la libertà di parlarsi, o di allungare una mano e di toccarsi senza retro-pensieri o conseguenze. Invece esistono molte regole non scritte che impongono la decodificazione di tutti i messaggi che, più o meno consapevolmente, diamo. Esiste anche il rischio di ferire gli altri, senza volerlo, perciò siamo costretti a scegliere con chi e quando essere liberi. A volte anche come. La libertà, per Cristina Mosca, è un bene di lusso.