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REVIEWSLE RECENSIONI
23/09/2021
All Good Things
A Hope In Hell
A volte i sogni si avverano non solo quando meno te l’aspetti, ma anche quando hai già “messo la testa a posto” e hai smesso di sperarci. Ecco a voi la storia degli All Good Things e del loro epico, potente e speranzoso “A Hope In Hell”.

Dan Murphy, Liz Hooper e Andrew Bojanic, come tutti i ragazzi cresciuti a pane e musica, da giovani hanno imparato a suonare uno strumento e hanno iniziato a fare concerti in giro, facendo parte di qualche band. Dan in particolare, cantante e chitarrista del Montana, ha iniziato al liceo, arrivando addirittura a fare tournée a livello nazionale grazie a delle capacità vocali non indifferenti e non così diffuse nel mondo del rock. Come succede per moltissimi, però, non sfondò, e il suo coinvolgimento in vari progetti musicali lo portò a Los Angeles e a incontrare Liz e Andrew.

 

Liz e Andrew sono due australiani emigrati a Los Angeles, la cui passione per la musica, nonostante il tacito sogno nel cassetto di poter diventare una band, li ha portati a fare la scelta più responsabile: lavorare come autori di canzoni e produttori prima come parte del team Matrix, vincitore di diversi Grammy, poi sotto lo pseudonimo di Wizardz Of Oz, lavorando con artisti da Avril Lavigne a Britney Spears agli Halestorm.

Dopo qualche anno, stufi di lavorare nel mondo del pop, hanno iniziato a concentrarsi su produzioni rock e metal per film, televisione e videogiochi. Sotto Extreme Music, un’azienda che crea e concede in licenza musica per l'uso in televisione, film, pubblicità e media online, si sono fatti un nome realizzando musica per produzioni molto note: in serie TV come Bones, Criminal Minds e Vampire Diaries, in diversi film e pubblicità, in giochi come Mortal Kombat e in eventi sportivi dal vivo come quelli di wrestling della WWE.

 

Dopo ancora qualche anno Liz e Andrew hanno realizzato una raccolta di queste canzoni, tutti inni rock ad altissima energia, chiamata Battle Rock. In questa, Dan, che avevano incontrato da poco, cantava solo su due tracce, ma, dopo che le sue capacità vocali sono state giudicate perfette per il mondo del rock e del metal, Liz e Andrew iniziarono a lavorare stabilmente con lui, arrivando a fare una seconda raccolta, Battle Rock 2 (2014), edita sotto Extreme Music.

 

I tre lavorano bene insieme, ma non avevano alcuna intenzione di diventare una band di alcun tipo. I sogni sono per i giovani, giusto? Qui bisogna solo guadagnarsi il pane, fare un buon lavoro e scrivere le migliori canzoni possibili, di modo che possano essere vendute come licenze e inserite in qualche posto figo.

Solo dopo qualche anno ancora, infatti, un po’ per caso si sono messi a guardare sul serio YouTube e si sono resi conto che online avevano molti più ascolti di quanti non si si sarebbero aspettati. Milioni di ascolti.

 

Quello che era ancora “il progetto Battle Rock” stava iniziando a prendere vita propria e crescere completamente all’insaputa dei suoi creatori. I fan di tutto il mondo hanno iniziato a scoprire la musica di Battle Rock attraverso annunci di giochi o film e a fare i loro video con scene di giochi, clip di anime o momenti di film di supereroi. Liz, Andrew e Dan non avevano ancora intenzione di fare nulla, ne erano lusingati e apprezzavano molto che il loro lavoro piacesse, ma qualcosa iniziò a cambiare quando iniziarono anche a ricevere un’enorme quantità di messaggi da queste persone: “Quando uscirà la nuova musica? Chi siete? Da dove venite? Dove possiamo comprare l'album? Quando siete in tour?”.

 

A quel punto, dopo che il clamore stava diventando sempre più ampio, un giorno si sono ritrovati davanti ad un paio di birre, si sono guardati e hanno detto: “Fanculo. Facciamolo!”. Si sono fatti affiancare prima dal rinomato session-drummer Randy Cooke, poi successivamente dal chitarrista Miles Franco e ora dall'attuale batterista Tim Spier per completare il suono e si sono concentrati sull’album Machines (2017), rendendosi conto che ora erano davvero una band. Un sogno da ragazzini divenuto realtà quasi per caso, tutto grazie alla volontà dei loro fan, che hanno creduto in loro prima ancora di loro stessi.

 

Gli ascolti sono cresciuti e l’evoluzione del suono è stata guidata da quegli stessi fan che li avevano trascinati fuori dallo studio di produzione. Un suono massiccio, potente, epico, anthemico e melodico, heavy rock ma con un pizzico di high-tech. Una sorta di unione tra Shinedown, Papa Roach, Hollywood Undead e From Ashes To New. Una musica ispiratrice e motivazionale, adatta alle battaglie online e cinematografiche, ma anche a quelle che si combattono ogni giorno. Lo testimoniano i nuovi emozionati messaggi di ringraziamento che arrivano ad una band commossa: “La vostra musica mi ispira ogni giorno, mi fa uscire da un posto buio e mi fa tornare a combattere”. E, ad ascoltarla, non si può dar loro torto, anzi.

 

Better Noise ha notato i loro numeri nelle classifiche e ha proposto alla band un contratto: forse l’ultimo tassello che serviva per testimoniare quanto la loro realtà come band fosse reale, tangibile e perseguibile. Machines è stato così rieditato nel 2019 e ora è stato pubblicato A Hope In Hell, un roboante album di 13 canzoni per 58 minuti di musica. Il disco contiene 11 brani inediti, 2 nuove registrazioni dai singoli di Machines (“Machines” e “For The Glory”, che ha 50 milioni di stream solo su Spotify e più di 100 milioni su tutte le piattaforme combinate) e 3 speciali featuring (Hollywood Undead su “For The Glory”, il rapper Hyro The Hero su “Do It Now” e Craig Mabbitt degli Escape the Fate su “The Comeback”). “For The Glory”, inoltre, solo quest’anno è stata utilizzata per le finali della Stanley Cup (trofeo americano dell’hockey su ghiaccio), il promo della ABC News per lo State of the Union (l’annuale relazione del Presidente degli Stati Uniti d’America di fronte al Congresso), e la trasmissione della NBC per le Olimpiadi estive di Tokyo.

 

Se si volesse trovare un tema a A Hope In Hell, confermato anche dall’artwork di copertina, sarebbe quello della sopravvivenza all'apocalisse, un concetto diffuso in moltissimi giochi e film tra i più amati da chi ascolta la musica degli All Good Things, ma che nei giovani di oggi risuona in maniera ancora più potente in risposta agli strani tempi che abbiamo vissuto e stiamo vivendo. Gli All Good Things, infatti, continuano ad essere fedeli allo spirito e all’energia che ha conquistato i fan all’inizio, glorificando gli sfavoriti e inneggiando alla sopravvivenza anche dinnanzi alle battaglie che paiono più insuperabili, di modo da poter poi celebrarne la vittoria.

 

A Hope In Hell conta su una realizzazione cinematografica e una produzione che, nemmeno a dirlo, è curata in ogni dettaglio: i cinque sono dei professionisti sotto ogni aspetto e sanno perfettamente come costruire e stratificare ogni tipo di sonorità, realizzando con efficienza esattamente ciò che hanno in mente. Roboanti, martellanti, adrenalinici, testosteronici, ma anche sensibili al momento giusto. Epici, drammatici, commerciali e melodici al punto giusto, tanto da essere accessibili per chiunque, ma anche sinceri nelle loro intenzioni e nel credere nel valore di quello che stanno realizzando, oltre che nel piccolo sogno che stanno vivendo.

 

Per quanto riguarda chi scrive, lo spazio nella collezione di dischi è già stato fatto e l’attesa per un loro live, di certo spettacolare, si è già aggiunta a quella delle altre migliaia di fan in giro per il mondo. Che dirvi di altro se non che i ragazzi sono simpatici, alla mano e con la testa sulle spalle, la loro storia è di quelle che ogni persona vorrebbe ricordarsi che possono succedere e la loro musica è semplicemente una bomba. Sono queste le canzoni che tolgono ogni stanchezza, malumore, senso di sconfitta o di impotenza e infondono la voglia di continuare a lottare, con un rinnovato sorriso in viso e la certezza di una vittoria alla fine della battaglia.

Se volete unirvi sarete in buona compagnia, io nel frattempo torno a premere per l’ennesima volta play: talvolta un’ora di musica passa troppo in fretta.


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