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REVIEWSLE RECENSIONI
A Work Of Art
Lisabel
(Brother Sun Sister Moon Productions)
IL DISCO DELLA SETTIMANA BLACK/SOUL/R'N'B/FUNK POP
8/10
all REVIEWS
01/06/2020
Lisabel
A Work Of Art
La voce di Lisabel incanta e “A Work of Art”, quattordici brani per quasi un’ora di musica, è quasi imbarazzante per la costante qualità che esce dai solchi.

Sapete perché la musica black da noi non ha mai attecchito? Date la colpa ai vostri amici musicofili e smanettoni con la chitarra, che se non facevano scale di note alla velocità di Pietro Mennea sui 200 metri non avrebbero fatto colpo sulla vostra adolescenziale ingenuità, ma soprattutto ricordatevi che quelle masturbazioni sul manico avevano un appeal micidiale sulle ragazzine, obiettivo principale degli imberbi chitarristi di allora come per quelli di oggi.

La chitarra nella musica soul spesso e volentieri era ed è usata come accessorio ritmico, poche note, pochi virtuosismi, ben prima dell’arrivo di Prince che, come si dice, sparigliò le carte.

Credete a me, negli anni ‘70 e ben prima dell’arrivo del punk, il chitarrista medio di progressive e di hard-rock aveva un solo unico scopo: sentirsi il più grande del reame, a lui non importava della canzone in sé, bastava che contenesse gli assolo, baroccheschi e rococò, come se la buonanima di Farinelli si fosse traslata sulle dita e da queste sulle sei corde (i più abbienti possedevano anche la dodici corde, ma erano perlopiù degli sfigati).

E se nella musica soul occorre avere una voce peculiare e visto che di belle voci in Italia ne abbiamo, perché il soul qui da noi non ha mai attecchito?

Stop. Belle voci, sì, il che per un buon novanta per cento equivale al bel canto; Bocelli, Pavarotti prestato al pop, quei tre segaioli de Il Volo, insomma quella roba lì.

Voci soul ne abbiamo avute e ne abbiamo però, e dico purtroppo, non cantano soul, o se lo cantano devono emigrare, se non fisicamente, almeno con la casa discografica.

Dal mio discorso sono chiaramente escluse tutte quelle piccole realtà che con tanti sacrifici tengono alto il verbo della musica nera, etichette iper specializzate nel genere ma dalla ahimè scarsa diffusione e visibilità.

E siccome siamo anche maestri in cecità e pure maestri in autolesionismo, ci accontentiamo dei talentini dei talent show e ci lasciamo sfuggire chi davvero meriterebbe di assurgere a ben altri palcoscenici.

Avete mai sentito cantare Lisabel?

Il nome forse vi dirà poco o niente, spero ancora per poco, impegnati come siete a rincorrere l’ennesimo hype della rete, o l’ennesimo strimpellatore del cazzo.

Lisabel è l’ennesimo caso di un talento che ha dovuto andarsene all’estero, Inghilterra in questo caso, per riuscire a proporre la sua musica ed ha colà trovato persone che mi auguro sappiano valorizzarla come merita.

Parliamo di una voce soul, dalle mirabili sfumature, una voce di velluto assai rara nelle ugole italiane, abituate ai Do di petto e, come dicevamo, al mito e alle ugge del bel canto.

Ho conosciuto la voce di Lisabel tramite i suoi singoli usciti negli anni scorsi, e oggi è finalmente arrivata la sua prima prova su formato lungo, “A Work of Art”, scritto quasi interamente dalla stessa Lisabel insieme al di lei pigmalione Nicola Kovacevic, dove le due parole “lavoro” e “arte” non sono usate come sterile vanagloria.

“A Work of Art” si compone di quattordici brani per quasi un’ora di musica ed è quasi imbarazzante per la costante qualità che esce dai solchi. La voce di Lisabel ci incanta per come riesce ad essere morbida e precisa come quando affronta le sinuosità della bossa nova in “You’re My Relief”, brano, questo, che stupisce nel finale dove si addentra nel contemporary R&B con una coda al pianoforte di rara bellezza.

Ma sarebbe riduttivo imbrigliare l’arte di Lisabel nei generi, tutto il disco rappresenta una evoluzione che partendo dal soul e dall’R&B riesce ad essere così trascendentale che ci porta dritti nei sentieri più nobili della musica pop: ascoltate ad esempio la title-track, un pezzo che con nonchalance abbraccia le sofisticatezze à la Portished togliendo però quel senso di narcolessia propria della band inglese, qui la voce di Lisabel prende davvero il volo e ci porta lontano.

Un gran disco, per capire il quale vi rimando anche alle altre mie recensioni per i pezzi già pubblicati come singolo: "Stars Dance", "If Not Me, Who?" e "You're My Relief". Altrove Lisabel affronta il blues come solo lei sa fare in “For Your Love I Cry”, momento pieno di intimismo dove la voce della nostra, accompagnata solo dalla chitarra elettrica, seduce e accarezza. “Let Them Giove You” se la gioca con il jazz d’atmosfera a riprova che non è il voler rincorrere le ultime mode ad ogni costo per far parlare di sé, mentre “A Little Bit of Jelousy” è il soul nella sua accezione più nobile e classica. “What Do You Need” è la ballad elegante che cercavate da tempo.

Cosa ne dite se per una volta riusciamo a valutare un’artista per il suo effettivo valore non per le stronzate che pubblica sui social? Impresa troppo ardua di questi tempi? Cosa dirvi, intanto ascoltate “A Work of Art”, ascoltatelo in cuffia, coglietene tutte le sfumature, emozionatevi come è capitato a me e mandate definitivamente al diavolo chi vuol farvi credere che un atteggiamento da finti alternativi vale più di una bella voce.


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