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RE-LOUDDSTORIE DI ROCK
11/11/2020
Arc Angels
Arc Angels
Nati dopo una profonda disgrazia, gli Arc Angels hanno pubblicato un album robusto, che faceva ben sperare per il futuro. Purtroppo nulla è riuscito a fermarli dal collasso quando si è trattato di pensare al secondo lavoro...

La morte di Stevie Ray Vaughan segnò tutti nel mondo della musica, ma la disperazione più profonda la toccarono  con mano soprattutto i musicisti a stretto contatto con lui, gli storici “Double Trouble”, fedeli alla musica blues anche nel  loro nome tratto da una potente e famosa canzone  di Otis Rush.

Proprio questa speciale sessione ritmica formata da Chris  “Whipper”  Layton e Tommy Shannon  decise di accorpare Charlie Sexton e Doyle Bramhall II , due “enfant prodige” di quel  genere, cresciuti  sotto l’ala protettiva  dei fratelli Vaughan. Entrambi pregevoli chitarristi dotati di eccellenti doti compositive e compiutamente  in grado anche di alternarsi piacevolmente al canto, costituivano la giusta ossatura per dare vita ad una band completa  e complementare.

Bramhall  era più vicino alla tradizione hendrixiana, impreziosita dall’amore per Sly & the Family Stone e Bill Withers , mentre Sexton  risultava  maggiormente in linea  con il rock tradizionale di Joe Ely e il blues  del “Padrino del Blues di Austin”  W.C. Clark . Ai suoi esordi  venne addirittura definito, forse anche per il bell’aspetto , il nuovo  David Bowie, per il quale fu anche “opening act” nel 1987, durante il suo “Glass Spider Tour”. Si chiameranno Arc Angels e in poco tempo daranno luce ad un album che ancora oggi rappresenta un caposaldo per chi volesse cimentarsi nel genere blues-rock.

Si comincia dalla massiccia “Living in a Dream” che, grazie a Videomusic, riceverà incessanti airplay pure in Italia e subito la strada è spianata verso un suono potente che pervaderà tutto il disco, nel quale  le chitarre si stagliano potenti, affiancate dall’ infallibile drumming di Layton e dal poderoso basso di Shannon. Solo ogni tanto compare  una spruzzata di piano ed Hammond  organ sapientemente suonati nientepopodimeno che da Ian McLagan. Little Steven alla produzione è una sicurezza, ed è molto intelligente la sua scelta di coordinare il tutto senza influire sul gettito spontaneo di musica che, dopo il primo pezzo riparte forte con “Paradise Cafè”.  Il noto compositore americano Tonio K. si inserisce tra gli autori di questa sarcastica ricostruzione della vita in collegio di alcuni studenti  per niente modello. Lo zampino dell’artista sarà presente anche in altre cinque tracce fra cui la splendida ballata “The Famous Jane” in cui Bramhall II allunga le emozioni con  un assolo sognante.

Non vi sono mai cadute di tono e, anche se non cambia particolarmente l’approccio musicale nel complesso, tuttavia è notevole la  miscela di influenze. “Good Time” strizza l’occhio al funky con  chitarre pimpanti e sfrontate , adeguate all’ironia del testo, mentre “Shape I’m In” sembra essere uscita direttamente da un lavoro dei  Vaughan, duro, rapido e folgorante rock blues che vede la firma di altre star storiche del  Texas, Marc Benno e Doyle Bramhall.  Il primo ha collaborato anche con The Doors ed Eric  Clapton, mentre il secondo, oltre ad essere il padre di Doyle Bramhall II, era un notevole batterista, capace di suonare tale strumento e cantare divinamente allo stesso tempo, nonché fido collaboratore di Stevie Ray. E proprio a quest’ultimo è dedicato uno dei pezzi  più struggenti dell’album, “See  What Tomorrow Brings”:  “…Why do things have to happen this way / I felt so much anger / When they put away Stevie Ray…”

Questo è il grido di rabbia accanto ad una melodia lenta e toccante. Ciò che accadde fu veramente una tragedia inaspettata proprio poco tempo dopo la sua rinascita: ripulito da droghe ed alcool Stevie Ray era pronto a riprendersi  la vetta nel suo genere musicale, ma quel maledetto 27 Agosto 1990 la nebbia farà precipitare l’elicottero su cui era salito dopo un mitico concerto condiviso con suo fratello Jimmie, Eric Clapton, Buddy Guy  e Robert Cray… il resto, purtroppo, è triste storia…

Infine due canzoni meritano ancora di essere menzionate: la soffice “Carry Me On” , delicata dedica per un’altra persona che non c’è più, e la conclusiva “Too Many Ways To Fall”, amara riflessione sulla relativa impossibilità a restare sulla retta via e sulla conseguente facilità ad abbandonarsi e cadere sulle difficoltà della vita. Proprio tale traccia sarà parte integrante dell’encore nel  Reunion Tour del 2005, che verrà pure registrato in cd/dvd .

Gli Arc Angels riusciranno ad esibirsi pure in Europa nel 2009. Sarà presente Dave Monsey che verrà annunciato come Mark Newmark, utilizzando un nome di fantasia per ragioni contrattuali, al posto dell’indisposto Tommy Shannon. Passeranno 17 anni, quindi, dalla prima opera… l’esordio fu davvero convincente, ma alcuni dissidi e soprattutto i problemi di droga di Doyle Bramhall II misero una pietra sopra al progetto di un secondo disco.

Si potrebbe dire che gli “Arc Angels” siano in teoria tuttora attivi, sebbene non vi  sia praticamente traccia di loro nell’ultimo decennio ed i membri del gruppo in varie interviste abbiano raffreddato gli entusiasmi quando si parlava di una possibile nuova comunione di intenti.

Comunque  sul finire del 2019 Sexton, Bramhall e Layton si sono esibiti con altri artisti in un concerto privato  alimentando  speranze su un possibile ritorno in pista di una band tuttora venerata, con i singoli componenti  ancora sulla cresta dell’onda.


TAGS: alessandrovailati | ArcAngels | loudd