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REVIEWSLE RECENSIONI
15/06/2021
Jorja Smith
Be Right Back
Chi come me si aspettava un secondo album dalla giovanissima cantante britannica inizialmente è rimasto deluso, però è stato sicuramente saggio da parte di Jorja aspettare e intanto condividere con il suo pubblico queste canzoni.

Chiaramente, dopo un album come Lost & Found, è difficile ripartire e non deludere l’hype che inevitabilmente si è creato dopo avere visto Jorja vincere il suo secondo Brit Award come Best Female ed essere nominata ai Grammy come New Artist. Forse è anche per questo che la giovane cantante inglese ha voluto tirare il freno a mano e regalarci un EP: una bella manciata di canzoni completamente differenti da quanto ci si potrebbe aspettare, sia come spirito sia come arrangiamento.

Dopo il suo album di debutto e tutte le collaborazioni successive (recuperate assolutamente le Machiavelli Sessions con l’orchestra) ci si era abituati a brani soul ma con grandi arrangiamenti, a volte molto elettronici, altre volte molto più suonati e comunque tutti sempre voce-centrici. Con questo EP, invece, Jorja fa un passo indietro, non in termini di genere, perché siamo sempre sulle spiagge della neo soul, bensì in termini di arrangiamento: fa della semplicità la chiave di questi brani.

Innanzitutto, vengono sapientemente mescolati strumenti acustici ed elettronica, per esempio in “Addicted”, dove abbiamo nelle strofe un mondo apparentemente più elettronico che poi si apre ad un mood più “suonato” nei ritornelli; una struttura che ritornerà spesso nel corso delle tracce.

In secondo luogo, un altro elemento che non posso non notare (essendo io batterista) è la parte da protagonista che è affidata al beat: basso e batteria, sia che siano suonati sia che siano digitali, sono sempre in primo piano, come ad esempio nelle strofe di “Gone”, dove viene asciugato tutto tranne un piano molto semplice e il beat.

Questi sono solo due aspetti, ma contribuiscono entrambi alla creazione di un mood assolutamente spoglio: in ogni brano che compone questo EP si possono trovare 2, al massimo 3 elementi nell’arrangiamento, mai di più, e sempre costruiti attorno alla voce di Jorja.

Perché questa semplicità? Il motivo preciso di questa scelta non è chiaro, e non voglio mettere “in bocca all’artista” nulla che non abbia effettivamente detto, ma i temi che vengono trattati in queste canzoni sono molto importanti, spesso pesanti, frutto anche di questo periodo che tutti stiamo vivendo, e forse non c’è altro modo degno di affrontarli se non con semplicità.

Fin dal primo brano, “Addicted”, che parla del dolore di un rapporto non corrisposto e del vuoto che qualcosa di mai nato può lasciare, capiamo che la questione si fa seria; lo stesso ritroviamo anche in “Home”, dove si affrontano temi importanti quali il convivere con il peso dei propri errori. Per un istante poi, Jorja cerca di evadere da una realtà che schiaccia, cerca di farlo con “Time”, ma come la canzone anche il tentativo dura poco (poco meno di due minuti).

L’apice, però, viene toccato con la disperazione di “Gone”, canzone nella quale il vuoto narrato è lasciato dalla morte di una persona. “My God, I lost you at the corner / On God, I lost you in the moment / Why now and not a little later? / Tell me how the world seems to get along without you, yeah / Yeah, yeah / Tell me how to keep my world moving on without you, yeah / Yeah, yeah / How could my world be much better off without you?”. Non si capisce se sta parlando a Dio o alla persona persa, ma è sicuramente disarmante vedere le domande che Jorja pone in questa canzone, sapendo che la risposta più giusta che possiamo dare è un semplice silenzio.


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