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REVIEWSLE RECENSIONI
26/05/2020
Selah Sue
Bedroom Ep
A distanza di ben cinque anni dall’ultima uscita discografica, Selah Sue torna con un Ep, contenente solo cinque canzoni, scritte per celebrare la nascita del primo figlio

Belga, talentuosa e bella, Selah Sue ha fatto dell’ecclettismo l’elemento fondante della propria proposta musicale. Due soli dischi all’attivo (l’omonimo fulminante esordio del 2011 e, l’altrettanto bello, Reason del 2015) e un pugno di Ep, diluiti in dieci anni di carriera, sono un piccolo scrigno di autentici gioielli, cangianti per forme e colori, e attraversati da una complessa eterogeneità di suoni e da un’urgenza comunicativa che irrora di freschezza tutto il repertorio.

Un retroterra da cui attingere assai vario, quello della trentunenne songwriter: Selah Sue, infatti, non spinge il piede solo sull’acceleratore del soul, di cui mastica il verbo con nera attitudine, ma imbocca anche strade diverse, che portano ai suoni giovani dell’hip-hop e della dance hall, alla ballata folk, all’intuizione elettronica folgorante, alla tradizione rivisitata del blues e del gospel.

A distanza di ben cinque anni dall’ultima uscita discografica, Selah Sue torna con un Ep, contenente solo cinque canzoni, che rappresenta un unicum rispetto a ciò che abbiamo ascoltato fino ad oggi. In primo luogo, perché si tratta di un pugno di brani scritti per celebrare la nascita del suo primo figlio, a cui viene dedicato il singolo You, dolce narrazione delle gioie della maternità (You are all I need, you are all I want”). Inoltre, è un album interamente acustico e composto nell’intimità della camera da letto della giovane artista, la quale, per la prima volta in dieci anni, si autoproduce con l’aiuto del collega inglese Kwes (Kelela, Solange, Tirzah).

Un disco delicato, morbido, ovattato, a partire dalle trame diafane della ninnananna di In A Heartbeat e dal fingerpicking svolazzante della citata You. Se You’re My Heart è poco più di un bozzetto strumentale, posto a metà scaletta, le successive Always-Cosmo, a cui il tappeto di tastiere conferisce un pizzico di tensione drammatica, e la conclusiva I Would Rather, onirica ballata dall’anima soul, sono i due brani più riusciti e interessanti del lotto.

Niente sobbalzi sulla sedia, questa volta, ma un discreto lavoro, appetibile soprattutto dai fan. Per tutti gli altri, non certo un’uscita irrinunciabile, anche perché anomala rispetto ai precedenti episodi e, quindi non particolarmente significativa per comprendere la caratura artistica della ragazza belga. La cui voce, leggermente roca e così incredibilmente espressiva, è il vero motivo per dedicarsi a questo breve (solo quindici minuti) e curioso ascolto.


TAGS: Bedroom | loudd | recensione | review | SelahSue | singersongwriter