Cerca

Banner 1
logo
Banner 2
RE-LOUDDSTORIE DI ROCK
20/02/2023
Osibisa
Black Magic Night-Live at the Royal Festival Hall
Una band incredibile, definita un filino impropriamente la risposta africana ai Santana e che di primo acchito potrebbe risultare sconosciuta ai più. Ma bastano le prime note di Sunshine Day per mettersi a cantare e ballare, come non ricordare questa canzone? Black Magic Night è un poderoso live del ’77 che ovviamente la include, insieme ad altri dodici brani vorticosi e vigorosi, per rammentare che la world music esisteva ben prima che il termine fosse stato coniato ad hoc.

Black Magic Night è il primo live ufficiale pubblicato dai britannici-ghanesi Osibisa dopo nove album in studio, registrato a luglio 1977 alla Royal Festival Hall di Londra, durante il tour per promuovere Ojah Awake, secondo lavoro realizzato per la Bronze Records. Stranamente non contiene alcun pezzo di questo disco, ma viene scandagliata l’intera carriera fino a quel momento e ogni traccia in scaletta brilla di nuova luce, trasformata dalla selvaggia interpretazione di questo ensemble, composto per l’occasione dai cinque membri originari, il leader Teddy Osei (sassofoni e flauto, tamburi africani e voce), il fratello Mac Tontoh (tromba, flicorno, percussioni varie, campane e cori), e i compari Sol Amarfio (batteria, percussioni, congas e cori), Wendell Richardson (chitarre, tamburo parlante e voce), Robert Bailey (tastiere), più i successivi ingressi Mike Odumoso (basso) e Daku “Potato” Adams (congas e percussioni), il tutto corroborato da quattro meravigliose coriste.

Gli Osibisa si trovano nel picco commerciale della loro attività artistica, dopo il successo clamoroso di "Sunshine Day" (1975), un evergreen che rimane la loro più grande hit e non perde un minimo di appeal pure nelle successive decadi. L’ottimismo ripetuto come un mantra che deborda dalle liriche, “Fate tutti quello che state facendo, il sorriso porterà un giorno di sole”, il cantato rilassato e le ritmiche allegramente appesantite da ogni genere di percussioni si evidenziano ancor più particolarmente in questa versione dal vivo, che giunge saggiamente a chiusura del concerto prima del bis.

 

“Sarà l’ultima volta con noi di Wendell -poi tornerà a collaborare con l’ensemble una ventina d’anni dopo ndr-, le sue chitarre si odono in tutto Black Magic Night, la sua maestria con le sei corde è stata molto importante per gli Osibisa in quel periodo”.

 

Così il frontman Teddy Osei si esprime nei riguardi del funambolo di origini caraibiche “Dell” Richardson, già ispirato nel “solo” di "The Dawn", classico proveniente dall’omonimo debutto del 1971, spesso scelto come opener nei tour, contraddistinto da un organo e un flauto conturbanti e a tratti vestito a festa da un matrimonio di fiati. E se la seguente, toccante, "Welcome Home" è un tripudio di voci, scritta per ricordare la diaspora e riabbracciare gli africani dispersi in ogni parte del mondo, è con "Ayiko Bia" che viene dato il via alle danze: si tratta un brano dalla ritmica complessa, fenomenale, colorato e cangiante, un diluvio di suoni a disegnare un nuovo paesaggio sonoro.  Durante il break strumentale all’interno di questo motivo, in cui tutta la formazione si sbizzarrisce alle percussioni, arriva il primo momento di empatia totale con la folla; si balla e ci si dimena saltando e applaudendo, stabilendo un connubio forte che rimane per tutto il resto dello show.

D’altronde il nome Osibisa, come ufficialmente dichiarato nei testi, nelle note di copertina, durante le interviste e all’inizio di tale stesso memorabile evento registrato, vorrebbe dire “ritmi incrociati che esplodono di felicità” e questa definizione immortala perfettamente quanto avviene nei loro concerti, tesi a dilatare le esperienze di vita degli spettatori. In realtà la parola sembrerebbe derivare da "osibisaba", termine che in lingua Fante, specie di dialetto diffuso anche in Ghana, significa “high life”, “bella vita”, “vita di mondo”, e costituisce pure un genere musicale, ma in entrambi i casi delinea alla perfezione l’essenza del gruppo.

"Living Loving Feeling", uscita solo come singolo e finalmente racchiusa in un album, la simpatica "Woyaya", title track del loro secondo lavoro, incisa anche da Art Garfunkel, e una delle vette dell’opera, "Spirits Up Above", cover di un brano dell’istrionico Roland Kirk, chiudono il primo dei due CD, lasciando ancora tanta voglia di musica.

 

“Fra le mie influenze ci sono Elvis Presley e soprattutto i Beatles, ma uno degli artisti che amo di più è Roland Kirk. Quando ebbi occasione di conoscerlo, con la sua incredibile umiltà mi confidò di adorare il nostro arrangiamento di Spirits Up Above, lo definì migliore del suo e mi prese sulle spalle per farmi festa, troppo forte! Diventammo buoni amici e mi capitò di incontrarlo diverse volte in America, e se andavamo a un suo show subito ci scorgeva tra la folla e gridava ‘Gli Osibisa sono qui!’. Che grande artista, mi manca tanto!”

 

In questo live convivono Afro rock, Afro beat, Afro Funk, progressive rock, folclore africano, jazz, calypso, reggae e la vulcanica "Kelele", con quello splendido xilofono etnico utilizzato, è anche esempio lampante di world music. Con "Fire" e "Music for Gong Gong" cominciano invece a “sfilare” i pezzi maggiormente celebri, e se il primo, estratto da Happy Children (1973), gode fin dall’uscita di vasta popolarità negli States, in Australia e Africa, il secondo rappresenta qualcosa di speciale e non usuale, trattandosi del primo “jukebox single” dei “ragazzi”, uno strumentale che impazza nei bar americani e li porta addirittura alla BBC per Top of the Pops.

Un intro di flauto abbozza "Beautiful Seven", la quale subito sfocia in "Y Sharp", un’altra party song che fa letteralmente impazzire di gioia tutta la Royal festival Hall. Un boato ricolmo di sommo gaudio per un gruppo che, a fronte di una magica energia e voglia di far festa, non dimentica mai nelle sue canzoni e nei suoi proclami un pensiero per tutte le persone innocenti sofferenti a causa di guerre e oppressioni, ed è molto bello quanto scritto nel booklet da Teddy Osei:

Black Not Darkness

Magic with Blackness

Night On Happiness

Insomma, riprendendo il titolo dell’opera “Una Notte Magica di Negritudine, un nero che non significa oscurità, ma felicità”.

 

La già citata, memorabile "Sunshine Day" e l’ottimo encore "Survival" chiudono una serata mitica, in quegli epici anni settanta, nella città di Londra: musica coinvolgente, arrangiamenti ineccepibili ricchi di fiati e percussioni e un groove irresistibile, sempre più orientato alla mescolanza di stili e generi, a formare un magma sonoro incontenibile.

Il cammino degli Osibisa da allora prosegue fino a oggi con un andamento altalenante; meno prolifici in studio, tuttavia sempre fenomenali dal vivo, anche se le recenti esibizioni vedono il leader Osei partecipe solo come direttore, a causa di malanni fisici dovuti all’età -ha spento a Dicembre 85 candeline!-, in parte anche collegati a un infarto avuto nel 2011. Nel corso degli anni, inoltre, sorgono diversi problemi nel pagamento delle royalties da parte delle case discografiche, si susseguono svariati cambi di line-up che rendono incostante la produzione musicale e, come se non bastasse, avviene la scomparsa di due membri storici, Mac Tontoh  e Sol “Rhythm Man” Amarfio.  Nonostante tutto, dopo Osee Yee (2009), nel 2021 arriva l’interessante e atteso lavoro dalle venature soul New Dawn, titolo che si ricollega alla prima traccia, "The Dawn" del debut album, del lontano 1971, a voler dimostrare una continuità con quell’iniziale progetto, mantenendo la storia e inserendo alcune novità. Sono infatti da segnalare i rientri del redivivo componente originario Robert Bailey e di Gregg Kofi Brown (che alcuni ricorderanno per "Lullaby to an Anxious Child", celebre duetto con Sting), già protagonista per tre decenni in passato nel clan Osibisa. E compaiono pure le prime presenze femminili in assoluto in organico, le talentuose Angie Amra Anderson e Faye Jones.

Teddy Osei, seppur con svariati imprevisti e mutamenti, così prosegue la sua vocazione. Il suo dinamismo, la sua acclarata espressività vocale, visti come un dono da regalare, gli hanno sempre dato forza e fatto superare terribili prove. Tutto è accaduto in nome della musica, con la consapevolezza che, malgrado le avversità, “Il sorriso porterà un giorno di sole”.