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REVIEWSLE RECENSIONI
13/05/2021
Alfa Mist
Bring Backs
Un viaggio nell’infanzia e nell’educazione musicale di uno dei più importanti produttori, artisti, pianisti e MC della scena new jazz inglese odierna, un sound pazzesco e un album imperdibile. Signore e signori, vi presento Alfa Mist.

Poco tempo fa è uscito negli scaffali virtuali (e non solo, grazie a Dio, io me lo sono preso in vinile) Bring Backs, l’ultimo Long-Play prodotto da un produttore, artista, pianista (occasionalmente bassista, ma di livello), bandleader e MC. Chuck Norris si è messo a fare musica? No, signore e signori, vi presento Alfa Mist!

La presentazione è d’obbligo, ma per chi segue la scena new jazz inglese il suo nome non è di certo nuovo.

Il suo primo album pubblicato come solista risale al 2015 (Nocturne, pubblicato con Sekito) e da allora non ha fatto altro che continuare ad affermarsi come maestro sia nel mondo del jazz che in quello dell’hip hop rap; celebre infatti la sua comparsa nel recente progetto jazz di Blu Note Re:imagined con la sua versione di “Galaxy”.

Bring Backs è la sua prima pubblicazione per l’etichetta Anti- ed è forse il suo viaggio più dettagliato nell’infanzia e nella sua educazione musicale, come se ci mostrasse alcuni flashback sonori della sua vita, momenti che lo hanno portato a comporre quest’opera.

Il sound è pazzesco, creato da un Alfa Mist alla guida di una band assolutamente straordinaria: Jas Kayser alla batteria, Kaya Thomas-Dyke al basso e alla voce nel secondo brano, Jemie Leeming alla chitarra e Peggy Nolan al violoncello, solo per citarne alcuni. Straordinaria non solo per il mood che creano, di cui parleremo, ma proprio per i suoni che hanno. Il primo brano per esempio, “Teki”, inizia con un suono di chitarra molto post-rock, un po’ alla Radiohead (lo ammette lo stesso Alfa Mist, nelle note che ha rilasciato per Apple Music), che poi viene raggiunto da un hi-hat e un bordo rullante perfetti, che insieme al fender rhodes di Alfa Mist fanno capire subito il mood jazzy ma anche un po’ hip hop/fusion che ci accompagnerà per la maggior parte del disco.

Si può quindi dire che abbiamo tra le mani un disco complesso e non “piano-centrico” come potevamo immaginare: il tentativo (assolutamente riuscito) di Alfa Mist di togliersi di dosso il mantello da “piano-guy” per indossarne uno più ampio si intuisce fin dal principio. Infatti nel secondo brano del disco, “People”, si fa subito notare la totale assenza del piano, anche se ciò che più colpisce della traccia è la delicatezza della voce di Kaya Thomas-Dyke (accompagnata da una chitarra acustica, delle percussioni e un quartetto d’archi), da cui è impossibile non rimanere affascinati.  

Non mancano poi all’appello anche sonorità più hip hop, che si possono ascoltare molto bene nei brani “Mind the Gap” e “Organic Rust”, brano che ha voluto suonare con gli amici Rocco Palladino e Richard Spaven, sempre rigorosamente mescolate a suoni e ambienti jazzy.

La bellezza di questo disco, però, non risiede solamente nel livello altissimo della scrittura dei brani, dei suoni e mood in cui ci immerge, ma soprattutto nel percorso che l’artista ci propone: un cammino all’interno della sua vita, attraverso semplici sensazioni, insegnamenti e fatti che ha voluto riportare alla luce.

Il consiglio è di ascoltarvi il disco una prima volta in leggerezza, per assaporarne le sensazioni e il mood, e dal secondo o terzo ascolto concentrarvi maggiormente sui dettagli e i testi: noterete l’alternarsi sinuoso dei mondi sonori (dal jazz all’hip hop, a momenti più acustici, per poi tornare al jazz e all’hip hop) e in seguito l’importanza assoluta che hanno i testi (quando presenti), che saranno il vostro Virgilio durante tutto l’ascolto.

Per un album come Bring Backs, infine, non posso che chiudere con un ultimo consiglio non richiesto. Forse siete come me, che quando posso preferisco sempre comprare la musica in supporto fisico piuttosto che affidarmi allo streaming, ma forse come me sapete benissimo che non è sempre possibile: i soldi sono quello che sono e lo streaming in certe situazioni è troppo comodo. Questa volta però, per un disco come questo, lo sforzo di comprarlo anche in supporto fisico ne vale davvero la pena: Bring Backs non può assolutamente mancare nelle vostre librerie. Tornate a trovare il vostro negoziante di fiducia e compratelo, non ve ne pentirete.

Buon ascolto!


TAGS: AlfaMist | BringBack | loudd | recensione | review | StefanoValli