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REVIEWSLE RECENSIONI
Cannibal
Bury Tomorrow
2020  (Music For Nations)
IL DISCO DELLA SETTIMANA HARDCORE METAL / HARD ROCK
8/10
all REVIEWS
20/07/2020
Bury Tomorrow
Cannibal
Da sempre orgogliosamente metalcore, i Bury Tomorrow ci regalano il nuovissimo Cannibal. Poco più di 40 minuti di puri riff feroci e melodie in contraltare, che scivolano come seta e bruciano come fuoco greco tra orecchie e vene. Ready, listen, repeat.

Brutale, aggressivo, dinamico, pulito, preciso, tecnico, pesante e lieve. Dalle vette agli abissi nel giro di pochi secondi: accarezzati dalla voce pulita e melodica del chitarrista ritmico Jason Cameron, graffiati dalle urla di Daniel Winter Bates, stupiti e impressionati dagli assoli e dai riff di una sei corde impeccabile come quella di Kristan Dawson, caricati di adrenalina da un’articolata struttura che interseca batteria, basso e chitarre, cavalcando velocemente ogni nota con facilità e intensa leggerezza.

Volendo, la sintesi di quello che è Cannibal e di quello che sono i Bury Tomorrow potrebbe essere semplicemente questa.

Formatisi nel 2006 a Southampton, Hampshire, Inghilterra, sono una band che da sempre è orgogliosa di dirsi metalcore. In un genere oramai sovraffollato, canonizzato, connotato e copiato in tutte le salse da anni, non è facile dire ancora qualcosa, innovare o anche solo realizzare un prodotto che possa dirsi ben fatto. In questo caso non si innova, ma si realizza “semplicemente” un album ben fatto, creato, pensato e prodotto con sapienza e mestiere, consapevole dei propri punti di forza e delle proprie capacità. Quello che stupisce, in un album come Cannibal, è l’armonia delle parti: la capacità di far convivere la triade aggressività/melodia/tecnica tipica del metalcore portando all’estremo ognuno di questi fattori e, contemporaneamente, amalgamandoli in modo tale che ognuno sia al tempo stesso in risalto e mediato dagli altri.

Prodotto da Dan Weller, produttore e compositore, nonché chitarrista dei SikTh (nota band progressive metal mathcore britannica – ok, forse così nota solo agli “addetti ai lavori”), Cannibal è stato mixato e masterizzato con l’aiuto di Adam “Nolly” Getgood (ex bassista della band progressive metal Pheriphery) e Ermin Hamidovic, la stessa squadra di mix’n’mastering che c’è dietro ad un capolavoro assoluto come Holy Hell degli Architects, uno degli album metalcore più belli degli ultimi anni.

Con una squadra simile, quattordici anni di esperienza sul campo e altri cinque album alle spalle, i Bury Tomorrow non potevano che regalarci un grande album. Anche se mettere a segno una nuova vittoria dopo il successo di pubblico e critica ottenuto con il precedente Black Flame (2018) non era affatto scontato.

La prima parte del disco è probabilmente la più convincente di tutte e, non a caso, è da qui che sono stati presi i singoli di lancio. L’esordio con un brano come “Choke”, seguito a ruota da “Cannibal” e “The Grey (VIXI)” è una triade di quelle che ti fa aprire il portafoglio e dire “ok, non mi serve ascoltare altro, lo devo comprare subito”. Poi senti “Imposter” e “Better Below”, sei ancora in pieno stato di esaltazione, ti rendi conto che sei praticamente a metà album ed è volato, e che forse la tua vena di acquisto impulsivo aveva ragione. “The Agonist” continua la cavalcata e inizi a progettare la fuga verso un loro live non appena torneranno possibili.

Cannibal non è solo quello che forse potrebbe definirsi l’album più tecnico dei Bury Tomorrow dal punto di vista strumentale, ma anche quello in cui i testi sono più brutalmente personali e diretti: abbandonano ogni metafora e affrontano il processo catartico che Bates ha attraversato per uscire da alcuni dei momenti più bui della sua vita.

Come spesso accade nel metalcore, quell’incredibile connubio di violenza senza quartiere ed empatica dolcezza parte da esperienze personali, sentimenti forti e tanta voglia di combattere, di affrontare i propri demoni, sconfiggerli e uscirne più forte. E questo non solo per se stessi, ma anche per essere pronti a tendere una mano a chi vorrà prestare ascolto alle parole e alla storia di chi ci è già passato, per far capire a chi sta ancora lottando che non è solo, è giusto parlarne e se ne può uscire.

Note e testi di un simile coacervo sonoro non regalano nulla ad un orecchio poco allenato, l’aggressività e l’intensità non vorranno dire niente ad un animo che non è pronto, ma a chi questa musica parla, sa che quello che viene percepito non è solo brutalità, ma una via per drenare il veleno, toccare il fondo sanguinando e vedere di nuovo la luce in fondo ai tunnel che talvolta si attraversano.

Come dice lo stesso Bates, a volte non siamo altro che cannibali: mangiati sia dai nostri stessi pensieri sia da altri esseri umani. Viviamo in una società che ci propone “divinità” e “macchine” a cui credere, modelli a cui conformarci, inganni a cui sottostare, porta ognuno di noi a non essere gentile nemmeno con se stesso e ad esserlo ancora meno con il prossimo.

Come uscire da questo girone infernale che ci viene ripresentato ogni giorno e che rischia di iniziare a mangiarci da dentro? Con pazienza, attivandoci, parlando, confrontandoci, essendo positivi, sbucciandoci le ginocchia e contando le ferite, essendo orgogliosi delle cicatrici e rialzandoci dopo ogni ko, lottando per raggiungere ogni volta il meglio, per sentirci di nuovo liberi da ciò che ci opprime e dalle ombre che proiettiamo su noi stessi, per avere di nuovo un futuro in cui sperare e in cui forse, chissà, avere fiducia.

Ma se ne esce anche ascoltando buona musica, e i Bury Tomorrow sono decisamente un ottimo ascolto.

«Il valore è determinato dalle vite che ho cambiato. Come posso ricevere o riscattare qualcosa, quando ho inseguito demoni molto più grandi di me? E se ti dicessi che potrebbe esserci un modo? Potremmo cambiare tutto il mondo in un giorno. Abbandona la fede, restituisci la macchina. Libera di nuovo la mente per sognare. Attaccati ai fili non possiamo vedere. Dai una possibilità, è tutto ciò che chiediamo. Ripristina il futuro, distruggi il passato.» (“Gods & Machines”)


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