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REVIEWSLE RECENSIONI
Canzoni Cristiane
Il Geometra
2021  (Apokolokyntosis)
IL DISCO DELLA SETTIMANA INDIE ROCK POP
8/10
all REVIEWS
13/12/2021
Il Geometra
Canzoni Cristiane
Ci sono melodie fantastiche e testi di altissimo livello, in questo nuovo lavoro de Il Geometra. Un disco di cui il pubblico difficilmente si accorgerà, ma di cui tutti avremmo bisogno.

Ci vuole del coraggio, di questi tempi. Ci vuole del coraggio a dichiarare, nel contesto narcisistico ed esibizionista in cui ci muoviamo, in questa nostra “società della stanchezza”, per dirla con le parole di un celebre pensatore contemporaneo, di non avere nessuna velleità artistica, nel momento in cui si dà alla luce un nuovo lavoro. Ci vuole coraggio anche a pubblicare un disco, in un momento storico dove le uscite si susseguono ad un ritmo ormai umanamente insostenibile. Infine, occorre un coraggio al limite dell’incoscienza (o della follia, vedete voi) ad intitolarlo Canzoni cristiane, quando l’espressione “post cristianesimo” viene ormai largamente utilizzata per descrivere la nostra epoca.

Insomma, l’avrete capito: il ritorno de Il Geometra appare come un qualcosa di totalmente incompatibile con le categorie della ragione. Eppure, in qualche misterioso modo, il trio di Foligno è ancora tra noi, a tentare di riprendere quel discorso interrotto sei anni fa, quando il full length Ultimi non riuscì a bissare il piccolo successo ottenuto dall’Ep d’esordio La vita è un tutto sommato.

Gli anni dell’Indie sono finiti da tempo e finita sembra anche la stagione dell’It Pop, che ha lasciato il posto a qualcosa di ancora difficile da inquadrare e definire. Loro comunque sono lì, senza peraltro neanche chiedere di essere guardati, spinti semplicemente dalle circostanze di questo ultimo anno e mezzo.

È successo che Jacopo Maria Magrini, cantante, chitarrista e principale compositore, bloccato dal primo lockdown a Parma, dove si trovava per motivi lavorativi, ha interrotto anni di aridità compositiva e si è rimesso a scrivere, sera dopo sera, con l’unica compagnia di una bottiglia di vino. Sono nate una ventina di canzoni, registrate con una vecchissima versione di Cubase e sette di queste sono state poi affidate alla sapiente cura di Francesco D’Oronzo, che si era occupato anche dell’Ep.

Il risultato è una mezz’oretta scarsa del solito songwriting de Il Geometra, la voce limpida ed intensa di Jacopo sopra un’intelaiatura strumentale semplice, quasi Lo Fi nell’impronta generale ma allo stesso tempo ben definita e cristallina, grazie ai tocchi di Synth di Francesco Bitocchi e a una sezione ritmica che ha il suo fulcro nel basso di Lorenzo Venanzi e che dialoga a più riprese con drum machine discrete ma parecchio efficaci, ingredienti preziosi per ravvivare la base acustica predisposta dallo stesso Jacopo.

Ritroviamo la band come l’abbiamo lasciata ma molto più matura e consapevole, come se gli anni non fossero trascorsi invano. Ci sono melodie fantastiche, come quella dell’iniziale “Il suono dell’ambulanza”, che ha un ritornello che non esce più dalla testa, oppure il singolo “Per quel che resta”, ammantata da un senso di epica solennità, che si candida seriamente ad essere una delle canzoni italiane dell’anno; o le più vivaci “Da Damasco a Parigi” e “Quanto tempo” o anche la dolcissima e altrettanto melodicamente efficace “Per tutte le madri”.

I testi poi sono un altro punto di enorme forza: Jacopo è sempre stato un paroliere di altissimo livello e qui ne dà ulteriore prova: linguaggio alto ma mai sofisticato, immagini complesse e non sempre facilmente decifrabili, un tono evocativo che però non sfugge mai all’importanza degli argomenti trattati. L’ambientazione è quella di una “Waste Land” contemporanea, che prende le mosse dal Covid e approda alla consapevolezza del fallimento, passando per ritratti ironici e disincantati dei personaggi che affollano “Quanto tempo” e le difficili ragioni del trascendente, all’interno di un mondo sempre più preda di un materialismo radicale. Che il cristianesimo, non più praticato ma comunque guardato con uno sguardo a tratti ammantato di nostalgia, possa rappresentare una chiave di lettura per superare certe contraddizioni, è una scommessa che si gioca lungo tutto l’arco del disco. Un disco fragile, consapevole della difficoltà delle circostanze, ma allo stesso tempo forte e deciso, che non riesce a superare le contraddizioni di cui sopra (l’ipotesi di partenza è troppo labile e annacquata per poter funzionare fino in fondo) ma che si staglia autorevole in mezzo ad un mare magnum di uscite senz’anima, confezionate secondo una ricetta che un certo universo mainstream ha giudicato l’unica possibile per ottenere un rapido consenso.

Siamo sinceri: il pubblico difficilmente potrà accorgersi di Canzoni cristiane. Eppure è ugualmente necessario che ci sia, per mostrare che si può continuare a pagare un certo debito di riconoscenza con la tradizione, senza per forza imitarla pedissequamente, bensì arricchendola con la propria personale visione del mondo. Il Geometra è cresciuto e senza essere più quello del 2015, ci ha regalato un disco che è perfetto per leggere questo nostro tempo e che accenna timidamente a verità di cui tutti, in fondo in fondo, abbiamo ancora bisogno.