Cerca

Banner 1
logo
Banner 2
REVIEWSLE RECENSIONI
29/08/2022
Viagra Boys
Cave World
Il mondo diventa sempre più folle e i veri folli devono tenersi al passo. Passa quindi a mala pena un anno e mezzo da Welfare Jazz che i Viagra Boys, ormai diventati band di culto della scena post punk internazionale, non possono esimersi dalla possibilità di raccontare con sagacia e ironia la de-evoluzione dell'umanità.

«"Dove se n’è andato Dio? – gridò – ve lo voglio dire! Siamo stati noi ad ucciderlo: voi e io! Siamo noi tutti i suoi assassini! Ma come abbiamo fatto questo? Come siamo riusciti a bere tutto il mare fino all’ultima goccia? Come ci consoleremo noi, gli assassini di tutti gli assassini? Quanto di più sacro e di più possente il mondo possedeva fino ad oggi, si è dissanguato sotto i nostri coltelli; chi detergerà da noi questo sangue? Con quale acqua potremmo noi lavarci? Non è troppo grande, per noi, la grandezza di questa azione? Non dobbiamo divenire dei noi stessi per essere degni di lei?”. A questo punto il folle tacque e fissò nuovamente i suoi ascoltatori; anch'essi tacevano e lo guardavano stupiti. Quindi gettò a terra la sua lanterna, che andò in pezzi spegnendosi. “Sono venuto troppo presto – disse – non è ancora il mio tempo. Questo evento mostruoso è tuttora in corso e non è ancora giunto alle orecchie degli uomini"»

Nietzsche, La Gaia Scienza, aforisma 125.

 

Se Nietzsche nella sua Gaia Scienza usa la figura dell’uomo folle non tanto per prendere posizione sull’esistenza o meno di Dio, ma sulla grave crisi morale del mondo contemporaneo, che vive una profonda crisi di senso e di valori, forgiando un presente decadente e permeato di intima tragicità, i Viagra Boys (al netto delle similitudini blasfeme) con Cave World fanno un po' lo stesso. Una manciata di folli, che al posto della lanterna hanno in mano un microfono, un sassofono, un paio di chitarre e qualche synth, e gridano al vento e al prossimo la de-evoluzione dell’uomo che sta avvenendo tra i nostri schermi, i nostri vicini e nei nostri animi.

Se Nietzsche usava il mezzo e lo stile teatrale della tragedia per raccontare il disastro, loro lo narrano con sagacia e inarrestabile ironia, anche a costo di essere equivocati, incompresi o – per l’appunto – presi per folli. Entrambi, però, arrivano alle stesse conclusioni: Dio (se vogliamo tenerlo come metafora per il mondo e i nostri valori, come ha fatto il filosofo tedesco) è stato ucciso nell'indifferenza e nella disattenzione, con la furbizia e il compiacimento dell’uomo mediocre.

 

Sebastian Murphy, voce e frontman della band, dopo due dischi (Street Worms, 2018 e Welfare Jazz, 2021) in cui affrontava di petto la misoginia e la responsabilità personale, mettendosi in gioco come protagonista in quella che definiva “l’arte di essere uno stronzo”, tra passati di droga e relazioni fallite a causa di comportamenti distruttivi, fatta mea culpa e affrontato i propri demoni senza vergogna, tornato un homo novus volta pagina ed è pronto a poter mettere in discussione il mondo. Come sempre in questi casi, per farlo parte dall’osservazione di ciò che lo circonda: le divisioni ricorrenti e spesso senza senso, le idee della gente sul perché delle cose e la follia generale, soprattutto in reazione alla pandemia, oltre alla situazione degli Stati Uniti come vero crogiolo di follia (ricordiamo che Sebastian è nato a San Francisco), in quanto paese capace di contenere pazzi figuri come gli sparatori folli o gente che prende d’assalto il Campidoglio in abiti discutibili, il tutto condito dalla visione compulsiva di tanti documentari sulle scimmie. Questo, oltre che aggiungere la scimmia all’elenco dei favolosi animali del bestiario dei Viagra Boys (ricordiamo gli imperituri gamberetti, i cani e i polli), converge tutto nei testi e nello spirito dell’album che, bisogna dirlo, è probabilmente il più riuscito e completo finora pubblicato.

 

Il tema della de-evoluzione dell’uomo non poteva quindi che sostanziarsi nel titolo di Cave World, un mondo delle caverne, popolato da personaggi bizzarri, patetici e incoscienti quali aspiranti cecchini, anti-vaccinisti trumpiani, cospirazionisti.

 

Il viaggio in questo moderno mondo ancestrale incomincia su note ovviamente ironiche, raccontando in “Baby Criminal”, con leggerezza e un pizzico di sorpresa, le avventure da contemporaneo Gianburrasca del piccolo Jimmy. «Il piccolo Jimmy era un bambino molto carino. La sua mamma gli diceva che un giorno sarebbe diventato una stella. Quando diventò grande, la gente disse che era pazzo. Dicevano che un giorno quel ragazzo ci avrebbe uccisi tutti». La canzone narra, in un brillante stile da cantastorie, la degenerazione del piccolo Jimmy, un bambino psicopatico che passa dall'uccidere scoiattoli per farne cappelli alla costruzione di un ordigno nucleare fai-da-te vestito in una tuta di carta stagnola.

 

Il successivo brano, “Troglodyte”, permette di addentrarsi ancor di più in questo Cave World, personificando e sintetizzando altri personaggi del microcosmo che ci circonda, e mostrandoci come, senza che ce ne rendiamo conto, siamo stati invasi da tribù di fanatici iper-reattivi e sconsiderati, ignoranti e disinformati. Murphy, infatti, li tratteggia cantando sdegnato: «Va a lavorare al computer e pensa alla sua pistola a casa. Un giorno diventerà un tiratore, porterà la sua pistola al lavoro. Pensa a coloro che gli hanno fatto un torto, e alle punizioni che dovranno affrontare. Dice di non credere nella scienza. Pensa che tutte le notizie siano false. E a tarda notte si siede al suo computer e scrive delle cose che odia». Seguendo l’argomentazione di questi figuri, che spesso racconta di una felicità che si può ritrovare solo in una società più basica ed elementare, dove si combatte per sopravvivere, ognuno può imbracciare un’arma e decidere chi deve vivere e morire, Sebastian però non gli lascia sarcasticamente scampo, rispondendogli che «se fosse un milione di anni fa e vivessimo ancora nelle caverne, non sareste accolti dalle altre scimmie, perché vi siete evoluti un po' troppo tardi». Troglodita significa infatti “abitatore delle caverne”, “persone rozze e arretrate sul piano culturale e scientifico”, ma anche “persone che abitano in locali e ambienti sotterranei o interrati, o comunque privi di luce e di aria”, come spesso sono i luoghi da cui i cospirazionisti e i troll di Internet sputano sentenze.

 

Con “Creepy Crawlers” la follia si mette in musica, o meglio, si mette in scena quasi come fosse un cabaret, perché se prima di questi figuri si è parlato, con questa traccia si entra nei loro pensieri. Murphy, con un monologo delirante che sfocia in guizzi di sassofono, inizia la parodia, raccontando con finta indignazione e veemenza lo shock nel leggere (e credere) a bizzarre teorie cospirazioniste.

«Oh, non posso crederci, non posso credere a quello che ho letto ieri sera. Ci sono bambini che crescono con peli di animali. Alcuni di loro stanno crescendo con la coda, forse anche con due code, amico! Stanno mettendo dei piccoli microchip nei vaccini. Piccoli esseri striscianti con minuscole zampette che si muovono intorno al tuo corpo. Raccolgono informazioni, oh, raccolgono informazioni. Perché alcune persone sembrano così giovani? Te lo dico io perché. Iniettano adrenocromo per mantenere la pelle lucida. I bambini che non hanno il vaccino vengono raccolti, perché il loro sangue è incontaminato, il loro sangue è puro. Il loro sangue è puro e perfetto per l'adrenocromo! I miei figli crescono con le branchie da lucertola e peli di animali. Oh, è disgustoso, non posso crederci. Quando ero più giovane tutto questo non esisteva. Tutto andava bene. Tutto era perfetto. E ora è rovinato. È rovinato perché hai votato il figlio di puttana sbagliato. Perché non gli hai creduto. Non hai voluto credere alle fonti che ti ho linkato. Ti ho detto di leggere. Ti ho detto di fare le tue ricerche. Te l'ho detto, amico».

 

“The Cognitive Trade-Off Hypothesis” si tinge di electro-pop e, con il suo incedere suadente e magnetico (che la rende una delle più belle tracce del disco), racconta un mondo ancestrale di scimmie. Prende il nome da quella che è conosciuta come “l’ipotesi del compromesso cognitivo” di un noto primatologo giapponese, la quale sostiene che nell'evoluzione cognitiva degli esseri umani ci sia stato un compromesso evolutivo tra la memoria di lavoro a breve termine e le abilità linguistiche complesse. I primi ominidi avrebbero sacrificato la robusta memoria vista negli scimpanzé per le rappresentazioni più complesse e l'organizzazione gerarchica utilizzate nel linguaggio. A corollario del fatto che stiamo però pur sempre parlando di de-evoluzione umana, a un certo punto Sebastian si chiede ironico: “ma cosa ha a che fare tutto questo con me? C'è una sorta di connessione con il mio ADD? [Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività]”.

 

In Cave World non mancano neppure i piccoli ritorni all’autoironia, dove Sebastian torna a puntare i riflettori su se stesso, mischiando il finto machismo alle sue insicurezze. Tra le piccole perle su questo tema annoveriamo “Big Boy”, che con il suo incedere da finto disco blues degli anni Cinquanta vanta anche un featuring nelle strofe finali con Jason Williamson degli Sleaford Mods, ammiratore di lunga data della band, e la geniale “Punk Rock Loser”, singolo principale e traccia tra le più riuscite e burlesche del disco. Il video inoltre (presente in coda alla recensione), rimane uno dei più brillanti e divertenti dell’anno. Sebastian non ha paura di farsi vedere nei suoi lati peggiori, di rinvangare un passato in cui alcune cose orribili le ha fatte o le avrebbe potute fare, ma attenzione alle facili etichette. Murphy si diverte a sovvertire le regole, far dimenticare a chi lo ascolta dove sta la verità e dove la menzogna, o la maschera; e se quello che il pubblico vuole vedere sul palco o nelle canzoni è il panciuto e tatuato scavezzacollo, allora quello è proprio ciò che Sebastian gli darà, con un sorriso divertito, mentre a casa se ne sta ormai placidamente soddisfatto a godersi cani, gamberetti, la fidanzata e un film insieme sul divano.

 

E se con “Ain't No Thief” si torna a un divertente racconto in cui il nostro protagonista (che Sebastian come sempre impersonifica) racconta storie sempre più assurde per scagionarsi dai furti di cui è accusato, con la finale “Return to Monke” si torna al mondo delle scimmie in cui sembra che molti degli attuali trogloditi stiano vivendo, persi e creduloni, mediocri e senza ambizioni, vogliosi solo di distrazioni a breve termine e occupati a temersi l’un altro, cercando di convincere quante più persone possibili a lasciare la società e tornare scimmie. La canzone e l’album stesso infatti terminano sul mantra “Leave society, be a monkey”, che sfida sardonicamente l’ascoltatore a fare una scelta.

 

Se il mondo diventa sempre più assurdo e controverso, i Viagra Boys possono diventare i suoi folli con la lanterna, i giullari che fanno ridere la corte ma che in realtà fanno pensare (e pesare?) al sovrano le miserie e la realtà del suo regno. Cave World, in questo senso, diventa il documento di riferimento di un’epoca, la narrazione beffarda e pantagruelica della sua decadenza. Un racconto in parole e musica che trabocca di storie, colori, toni e inquietudine, riuscendo a essere al tempo stesso profondamente attuale, magnetico, divertente e sinistro. Un fascino multiforme che si sostanzia, come sempre, non solo nelle liriche sarcastiche e pungenti e nell’atteggiamento punk di modello Devo, ma anche nella musica e nell’eccezionale lavoro strumentale svolto dalla formazione composta da Oscar Carls al sassofono, Henrik Höckert al basso, Tor Sjödén alla batteria ed Elias Jungqvist alle tastiere, che con sapiente libertà creativa danno forma ad un groove trascinante, riconoscibile, variegato e sempre inconsueto, che loro stessi definiscono come “post-truth-cow-funk-kraut-wave-enlightenment”.

 

I Viagra Boys non sono mai solo ciò che appaiono e non sono mai solo ciò che comunicano. Sono una band piena di risorse e che si pone pochi limiti, composta da musicisti jazz di formazione classica, tatuatori amanti del karaoke e veterani della scena hardcore, che si fanno influenzare molto poco dalle briglie di ciò che potrebbe essere facile (per loro o per chi li ascolta) e che si divertono a prendere in giro se stessi e il mondo che li circonda, con ironia, intelligenza, disillusione, sarcasmo, venata ambiguità e calma svedese.

 

La de-evoluzione è iniziata, Cave World ne è l’inno e i Viagra Boys i suoi profeti. Saranno anche loro dei folli nietzschiani troppo in anticipo sui tempi per essere compresi, o sono forse dei giullari che dietro una risata descrivono fin troppo acutamente il mondo che li circonda? Qualsiasi tipo di ascoltatore siate, restate sovrani del vostro mondo, ridete quanto ne volete del pazzo quadro che vi raccontano, coltivate l’ironia e la leggerezza, ma poi affilate le vostre armi intellettuali contro i trogloditi delle caverne, la loro invasione è già iniziata e non sia mai che prendano le redini anche del vostro regno.