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RE-LOUDDSTORIE DI ROCK
04/11/2019
Tragic Mulatto
Credo in Dio, nella famiglia e nel McDonalds
Esibizionisti, viscerali, scatofili, i Tragic Mulatto vantano come degni compari i coevi, e ben più considerati, Butthole Surfers; le prime due opere, davvero notevolissime, stemperarono poi in un hardcore più professionale, ma indenne da qualsiasi compromesso.
di Vlad Tepes

I Tragic Mulatto[1], da San Francisco, vantano a tutt’oggi la discografia più compattamente eccentrica del rock d’avanguardia mondiale (quattro opere tutte di alto livello).

La loro prima testimonianza musicale (preceduta da un 7” rivelatore), l’incredibile EP Judo For The Blind (1984), è già un evento: sedici minuti di allucinato cabaret per sezione ritmica e fiati che anche il cristo della copertina, assiso sulla coppa del cesso, pare subire con assorta rassegnazione (mentre una [santa?] figura femminile irrora la propria vulva in una vasca); otto composizioni di circa due minuti l’una, in cui un ossessivo tam tam e i singulti del basso sostengono il sassofono e la tromba che se ne vanno a spasso sbarazzini mentre Shenksley declama le più empie provocazioni. “Tac Squad” (“I believe in God, family and McDonalds”), le gemelle “Not My Barn Dance” e “Not In My Movie” (orge con fiati impazziti, strilli di maiale e abbaiamenti in cui si richiama lo Zappa più discorsivo e goliarda) e la scorrevole “Stop My Hand” si imprimono subito nella memoria anche se il disco vola via in un baleno. Il Siciliano di California e Beefheart sono paragoni inevitabili, ma i Nostri fanno storia a parte.

Tale stuzzicante anteprima prepara il pasto appena più sostanzioso di Locos por el sexo (1987), ancora otto brani per poco più di mezz’ora. I Mulatto, ridotti a quattro elementi[2], abbandonano il free-jazz dell’esordio, le cadenze si fanno più pesanti (compare la chitarra) e si aggiunge la voce di ‘Flatula’ Lee Roth (probabilmente già al sassofono nel precedente disco), urlatrice coprolalica di prim’ordine. Si comincia con “Freddy”, sbracato rock-blues in cui la cantilena dissacrante di Roth sul galateo spermatico viene contrappuntata dai latrati di Shanksley che innervano anche l’eccezionale “Sexy Money”: qui la voce del Reverendo, il consueto bulldozer ritmico e una chitarra sporchissima formano il blocco sonoro che , davvero inopinatamente, viene interrotto dagli assoli di tuba di Flatula. Quest’ultima, peraltro, diviene progressivamente padrona del disco grazie alle interpretazioni sfrenate, che oscillano fra sguaiataggine e isterismo, e alle geniali inserzioni di sassofono in “Potato Wine”, “Underwear Maintenance” e nel capolavoro “Twerpenstein”.

Il successivo Hot Man Pussy del 1989 (in copertina si sbeffeggia l’Adamo di Lucas Cranach!) perde molto della sua ribalderia circense limitando le scorrerie dei fiati allo straniamento di pezzi quasi canonici (“Fist Of The Fleet”, “Hardcore Bigot Scum Get Stubbed” con assolo di tuba di Flatula, ribattezzatasi Fistula, “The Hat”, “Mr. Cheese”) ma, in compenso, propina i consueti atti terroristici stavolta guidati dalle distorsioni della chitarra: da “She’s A Ho” (con iniziale omaggio ai Bee Gees seppelliti dallo scarico dello sciacquone) a “I Say”, dall’eccezionale “My Name Is Not O’Neill” con uno Shanksley davvero beefheartiano sino ad una “Whole Lotta Love” degna del Vecchio Dirigibile.

Chartreuse Toulouse (1990) mantiene le caratteristiche del precedente disco sciorinando altre dieci composizioni distorte, confezionate da un gruppo ormai maturo e saldamente guidato dalla e dalla voce sopra le righe di Flatula (nuovo cambio di nome): “Stinking Corpse Lily”, “Rhythm Of Barcelona”, “Bathroom At Amelia’s”, “Scabs On Lori’s Arms”, “Rise Up Get Down” sono i nuovi inni degli scalmanati californiani.

Esibizionisti, viscerali, scatofili, i Tragic Mulatto vantano come degni compari i coevi, e ben più considerati, Butthole Surfers; le prime due opere, davvero notevolissime, stemperarono poi in un hardcore più professionale, ma indenne da qualsiasi compromesso. Sconosciuti ai più, introvabili per lungo tempo anche in Rete, possono essere ormai annoverati tra i “maggiori” degli anni Ottanta.

[1] Il “mulatto tragico” è una figura topica della letteratura americana, introdotta da una novella di Lydia Maria Child, The Quadroons (1842): la disperazione dell’uomo nato da genitori bianchi e neri rifiutato da entrambe le razze o inadatto alla vita entro una sola d’esse.

[2] Difficile definire le formazioni, mutevoli, nei sei anni di vita di un gruppo che, oltretutto, si diverte a stilare in modo volutamente erroneo le track-list: il quintetto di Judo for the blind vede Fluffy (basso), Blossom (batteria), Flossy (voce), Sweetums (tromba) e A Piece of Eczema (sassofono), nomignoli sotto cui si nascondono almeno due dei successivi componenti; il quartetto di Locos por el sexo vanta Flatula Lee Roth (voce, tuba, sassofono); Jazzbo Smith (batteria); Richard Skidmark (chitarra); Reverend Elvister Allistair Shankley (voce, basso); il settetto di Hot man pussy vede le new entries Bambi Nonymous (batteria), Humpty Doody (batteria), Jack-Buh (chitarra); il finale Chartreuse Toulouse consiste in un quintetto, forse il nocciolo duro di Locos più il chitarrista Jehu.


TAGS: loudd | TragicMulatto