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REVIEWSLE RECENSIONI
23/04/2021
Normandie
Dark & Beautiful Secrets
Miscelate il post-hardcore con il rock alternative, una sensibilità pop nello strutturare canzoni accattivanti e danzerecce, e una manciata di segreti svelati a seguito di una personale autoanalisi. Il risultato farà felici i fan di Bring Me The Horizon e Royal Blood, che potranno avere nuove canzoni da cantare a squarciagola e mandare in loop nelle casse. A voi i Normandie.

Potete dire quello che volete, ma gli svedesi ci sanno fare: va bene l’Ikea e le famose polpette, ma oltre agli Abba hanno ormai dimostrato di saper produrre ottima musica di tutti i generi: Millencolin, Satanic Surfers, Hives, Ghost, Meshuggah, Viagra Boys e Royal Republic solo per citare alcuni esempi. Quello dei Normandie, attivi dal 2013, è uno degli ennesimi casi di band (svedese) poco famosa al grande pubblico, ma non per questo meno valida, anzi.

I Normandie sono in tre (Philip Strand alla voce, Håkan Almbladh alla chitarra e Anton Franzon alla batteria) e hanno iniziato a conoscere il successo con il precedente White Flag del 2018, lo stesso anno in cui hanno firmato un contratto con Easy Life Records, la quale, fiutato l’affare, ha ristampato anche il precedente Ingutz, del 2016. Con l’attuale Dark & Beautiful Secrets i Normandie sono così arrivati al terzo album in studio e la formula proposta non può che dirsi azzeccata se non addirittura studiata con strategia, vista la precisa calibrazione di tutti i punti di forza e attrazione che la band poteva giocare.

Il trio svedese offre al suo pubblico una sapiente miscela di rock alternative e post-hardcore e una sensibilità pop nella struttura di canzoni catchy e danzerecce, dove i bpm pompano nelle casse con eleganza elettronica, regalando ritornelli e singoli che rimangono in testa a giorni e settimane di distanza.

Una volta che Dark & Beautiful Secrets è in rotazione, è impossibile non pensare ai riferimenti musicali a cui si viene rimandati: un mix di Bring Me The Horizon, Royal Blood, Nothing But Thieves, Papa Roach e Blackout Problems. E questo è un male, vi chiederete? Direi di no. Il fatto che band diverse possano offrire la stessa tipologia di soluzioni sonore non è un limite né un difetto, a nessuno è chiesto di innovare per forza, quello che conta è piuttosto come lo si fa e il risultato che si ottiene. Tutti vorrebbero fare delle belle canzoni, orecchiabili, potenti e di successo, ma quanti riescono effettivamente a farlo? Il mondo è pieno di brutte copie e tentativi falliti o mal riusciti (credetemi), album carini ma a cui manca qualcosa, artisti che ci provano ma i cui risultati sono deludenti e quant’altro. I Normandie, invece, sono riusciti a fare un album ben strutturato e con dei singoli che potrebbero tranquillamente gareggiare alla pari con quelli delle band sopracitate.

A livello sonoro, quindi, a questi tre ragazzi non si può dire proprio nulla. Già solo avere una prima metà del disco in cui si inanellano pezzi da novanta come “Babylon”, “Jericho” e “Holy Water” basterebbe a far valere il prezzo dell’album, ma se a ciò si aggiunge che anche le altre tracce alla fin fine non sono da meno (canzoni come “Thrown in the Gutter” e “Renegade” dove le mettiamo altrimenti? Si potrebbe discutere su “Atmosphere”, ma è comprensibile che per gli amanti delle belle ballate questo potrebbe essere invece un punto a favore), si può capire come mai chi scrive, nel giro di pochi ascolti, sia finita a cercare di capire con chi e quando i Normandie vorrebbero fare dei tour, non appena ciò sarà di nuovo possibile.

Sul piano testuale, invece, troviamo il motivo per cui all’album è stato dato il titolo di “oscuri e bellissimi segreti”. Philip Strand, dopo anni da “penna” dei Normandie, l’ha usata per la prima volta per mettere nero su bianco il suo vissuto più privato, rendendo partecipe l’ascoltatore di un processo di autoanalisi personale e sentito. Philip scrive di diversi aspetti che riguardano la sua vita, i quali però possono considerarsi condivisibili da molte persone: il suo rapporto con l’ansia sia nel sentirsi ostaggio degli attacchi di panico (“Hostage”), sia nella solitudine e fragile irritabilità che ne derivano, grazie a internet e ai social network (“Atmosphere”); il fatto che il bisogno di scavare più a fondo in se stessi possa portare a far perdere di vista la realtà delle cose (“Babylon”), ma anche la sincerità con cui ci si rende conto di quanto possa essere pericoloso e doloroso confondere amore e lussuria (“Chemicals”).

Uno dei temi trattati e più propriamente “segreti” di Dark & Beautiful Secrets (per lo meno sino a questo album) è però il rapporto di Philip con la religione. Da “Mission Control”, in cui il frontman esamina chi era da bambino e quanto siano cambiati i suoi valori di riferimento nel corso della vita, a “Holy Water”, “Bury Me Alive” e “Renegade”, in cui rivela come a 14 anni la sua vita sia cambiata per sempre nel momento in cui ha deciso di voltare le spalle alla chiesa in cui era cresciuto, non accettando oltre di vivere in un’atmosfera velenosa e oppressiva.

Guardandosi indietro, Philip si è reso conto che non augurerebbe a nessuno un’esperienza del genere e per questo tenta quasi di generalizzare le sue parole, di modo che possano servire da ispirazione per chiunque senta di avere bisogno di liberarsi da un percorso che qualcun altro ha scelto, di modo che possa trovare la forza di iniziare a ritagliarsene uno nuovo.

I Normandie con questo album tentano quindi di regalarci un po’ tutto: contenuti, chitarre, atmosfere, sintetizzatori, energia, voglia di ballare e cantare, ma anche di pensare. Ci sono riusciti? A parere nostro e visto il numero di volte che abbiamo sentito le loro canzoni sì, ma a voi l’ultima parola. Nel frattempo qui si continua a cantare e ad alzare le braccia al cielo sui ritornelli, sperando di non rompere qualche soprammobile nella foga.


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