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REVIEWSLE RECENSIONI
05/06/2019
Defeater
Defeater
Concettuali, evocativi, oscuri, drammatici e profondamente narrativi. Tutta la loro discografia non è altro che una lunga e articolata narrazione di un’unica storia. Quella di una famiglia della classe operaia nel dopoguerra. Questo è il quinto capitolo. Ma concedetevi di iniziare anche da qui.

I Defeater sono cinque ragazzi del Massachusetts che, formatisi nel 2004 all’interno della scena hardcore di Boston, l’hanno poi interpretata, evolvendosi nel post-hardcore e unendo al proprio suono un’intensa drammaticità, un velo di amarezza e un’alta dose di pathos, data dalla sempre emozionale interpretazione del cantante Derek Archambault.

Perché è così importante l’interpretazione dei testi in questo caso? Perché quelli scritti e interpretati nei cinque album e tre EP della band si rifanno tutti ad un’unica, enorme e intricata storia. Un’unica narrazione, esattamente come quella che potremmo leggere nei capitoli di un romanzo.

Di che storia stiamo parlando? Di quella delle lotte e delle fatiche di una famiglia operaia del New Jersey nel secondo dopoguerra.

Il primo album, Travels (2008), ne ha stabilito personaggi e intreccio iniziale: un padre alcolizzato, violento e veterano di guerra, una madre tossicodipendente che ha rinunciato da tempo ad ambire a qualcosa di migliore, e due fratelli: il maggiore che cresce ammirando il padre e il minore che si ribella alla situazione in cui vive, tanto da scappare di casa dopo aver ucciso il padre. I “viaggi”, quindi, divengono quelli che il ragazzo compie, tra vagabondaggi e grandi città, fino a che non incontra un senzatetto che lo spinge a tornare a casa, dove non troverà alcuna possibilità di redenzione.

Nel successivo EP, Lost Ground (2009), la band racconta la storia del mendicante, un veterano deluso e tradito dalla guerra che diventa alcolista e artista, lasciando che le sue canzoni possano ispirare qualcuno a cambiare in meglio. Mentre nel secondo album, Empty Days & Sleepless Nights (2011), affrontano la figura del fratello maggiore e della vita che ha vissuto, tra il sostegno alla madre tossicodipendente e un matrimonio in rovina. Con Letters Home (2013), il terzo album, le protagoniste divengono le lettere che il padre scriveva mentre era al fronte, mostrando come un animo può subire tanti colpi fino a che non si rompe e corrompe definitivamente. Mentre con Abandoned (2015) si racconta la storia di un prete cattolico presente in una delle canzoni del primo album che, salvatosi al fronte durante la guerra, torna in America e prende il sacerdozio per pagare il debito che sente di avere per la sua salvezza, pur non credendo in Dio. Un prete che (sorpresa!) ha una relazione con la madre della famiglia protagonista della narrazione, da cui scoprirà di aver avuto un figlio: il fratello minore di Travels, che però, andando in cerca dell’assoluzione dal prete per la sua condotta, dopo che, per caso, non lo troverà in sede, deciderà di uccidersi saltando dalla cima della chiesa.

Una storia degna dei migliori romanzi e delle migliori tragedie, non vi pare?

Ma quindi, in questo ultimo capitolo che prende il nome dalla band stessa, cosa succede?

La gestazione è stata più difficile del previsto. Gli anni passati in tour hanno messo a dura prova le relazioni tra i componenti. I problemi in famiglia, quelli di salute, gli abusi di sostanze e l’espulsione di un membro di lunga data (Jay Maas, chitarrista fondatore e produttore del gruppo) hanno richiesto loro una pausa e del tempo per se stessi e la necessaria decompressione, fattori che hanno portato ad un lavoro solitario che solo successivamente è stato ricondiviso in gruppo.

Il risultato è un disco crudo, oscuro, impantanato nel dolore e nella rabbia, affogato nel rimorso, a tratti frustrante, ma nel complesso completo ed elegante. Defeater è costituito da un’ottima padronanza dei propri strumenti, musicali, lirici ed espressivi, scorre fluido nei suoi 34 minuti di musica e porta l’ascoltatore a navigare tra i flutti delle 11 tracce che lo compongono. Si fa apprezzare per la sezione ritmica attenta, un basso apprezzabilissimo in particolare nei momenti più distesi, dove si fa notare per la cura nelle soluzioni scelte e delle chitarre che si fondono perfettamente nel pennellare ogni accento e atmosfera, scegliendo accuratamente dove emergere e dove far invece far diventare protagonista o comprimaria la voce urlata, disperata e devastata di Derek.

Prodotto in collaborazione con Will Yip (Quicksand, La Dispute, Angel Du$t, The Bouncing Souls, Turnstile, The Mezingers, etc.), Defeater porta i Defeater a raggiungere nuove vette di profondità e nuovi abissi di lirismo, coinvolgendo nella sua oscurità dolorosa e affascinante, portando avanti la storia della famiglia di cui si occupano da undici anni a questa parte e scrivendo e componendo in modo tale che anche chi si avvicina a loro per la prima volta possa venirne conquistato.

Gli elementi ci sono tutti e, se il genere vi piace, non ho proprio capito cosa state aspettando ad ascoltarli e a farvi travolgere.


TAGS: alternative | defeater | hardcore | nuovoalbum | recensione | review | rock