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THE BOOKSTORECARTA CANTA
Delitti esemplari
Max Aub
1981  (Sellerio)
LIBRI E ALTRE STORIE
all THE BOOKSTORE
27/03/2023
Max Aub
Delitti esemplari
Un opuscoletto mortuario e perverso che si legge con piacere, quello dei “Delitti Esemplari” di Max Aub. Una nera mistura di ilare e tragico racchiusa in piccole pillole di molteplici confessioni dei più disparati delitti, forse realmente avvenuti o forse fittizi. Al lettore assistervi silente, talvolta impressionato, altre divertito e forse in tutte complice.

Può capitare di sedere a tavola una mattina appena svegli ed essere assaliti da urla casuali provenienti dal ventre del proprio condominio. Non il migliore buongiorno. Le urla crescono, non accennano a chetarsi e in tutto quel baccano di clangori di ringhiere, citofoni urlatori, squillanti echi di nomi per le scale, si rimane seduti, vuoti gli occhi, pensando con calma: “ora li ammazzo”, fra un sorso e l’altro di caffè.

 

Max Aub avrà certo avuto molti pensieri simili quando negli anni ‘50 delirava questi Delitti Esemplari. Spessissimo premeditati, a volte inevitabili, di rado colposi, svariati deliziosi omicidi vengono qui elencati senza un ordine particolare (“solo gli ultimi due”, annota Aub, “sono commessi da alienati mentali”). E come l’atto dell’uccisione dura qualche minuto, cosi queste confessioni non durano che poche righe di semplice, lucida, clinica ammissione. Molti di noi, me compreso, non hanno troppo genio per delitti, coltelli, membra sguainate e sbudellamenti, eppure mai ci si aspetterebbe di trovare in noi un fascino quasi umano che ci leghi all’assassinio. E, va sans dire, all’assassino.

Max Aub, uno tra gli scrittori spagnoli di questo secolo tra i meno conosciuti in Italia, trascrive (o dice di trascrivere) diverse confessioni omicide recuperate tra Francia, Spagna e Messico e “trasferite direttamente dalla bocca alla carta”. Sia chiaro, questo è un libro che ha dell’umoristico, ma nella nera mistura di ilare e tragico sembra a tratti venire fuori qualcosa di più della semplice finzione letteraria.

 

Aub fu scrittore estremamente fittizio e capzioso, di scuola borgesiana. Essenzialmente bugiardo, riuscì più volte a fare letteratura delle sue menzogne, basti pensare al suo libro del 1958, Jusep Torres Campalans, nel quale si profilano vita, miracoli e morte di un pittore mai esistito, in maniera tanto seria da spingere l’autore a organizzare una mostra dei suoi invisibilissimi quadri. Con questa adorabile bugia tenne impegnati i critici per un paio d’anni, per poi svelare controvoglia l’inganno, come un piccolo bimbo bugiardello che ammette sbuffando uno scherzo.

Siamo quindi di fronte a uno spirito giocoso, forse un minchione, ma sicuramente un sottile scrittore capace di spingersi oltre la morale comune. Ed è proprio quella la foresta dove Aub si spinge e insieme educatamente ci guida, cancellando di volta in volta le tracce del sentiero.

In uno scritto che precede l’elenco dei delitti, questo giullare, il solo autorizzato a punzecchiare e a volte scudisciare il re lettore, rassicura i lettori sulla semplicità di stile e contenuto di queste criminose confessioni, ma al tempo stesso parla di grandi verità imboscate fra quelle parole d’odio, invidia, amore disperato e voglia di silenzio. Insomma, le ragioni per uccidere qualcuno sono tante e Aub ne riporta qualcuna falsamente attribuendola a immaginari rei confessi.

 

Un piccolo libretto-fiume di maschicidi, uxoricidi, femminicidi e ce n’è persino uno che si potrebbe chiamare oniricidio: “Lo uccisi in sogno, poi non potei far altro che sopprimerlo sul serio. Inevitabilmente”.

Ma la peculiarità di queste confessioni, la loro “verità”, per usare le parole di Aub, sta forse nel loro carattere allusivo, nel loro legame intimo e segreto con altre sfumature di carattere. Per questo “vanvero di deilosicidio”, un tipo omicidio che rimanda alla fondamentale codardia o viltà di chi lo commette: “Lo uccisi perché ero sicuro che nessuno mi vedeva”. “Lo uccisi perché mi dettero venti pesos per farlo”.

Ce n’è un altro che si potrebbe chiamare ludicidio, che mostra in controluce il lato giocoso dell’omicida: “Lei non ha mai fatto la festa a nessuno per noia, per non sapere che cosa fare? È divertente”.

Infine un altro ancora che è forse il più allusivo e sibillino di tutti, ma proprio per questo uno dei più fulgidi: “Ci provi adesso, a fare sciopero!

 

Un opuscoletto mortuario e perverso che si legge con piacere, anche quando se ne resta impressionati si prova un nascosto divertimento, al punto da chiedersi chi sia il vero assassino: quello sulle pagine, chi le ha scritte o addirittura chi le legge?

In fondo, chi non ha mai pensato di uccidere qualcuno per qualsivoglia capriccio? Ed è proprio questa la verità provocatoria contenuta nelle confessioni, anche se “a negarne l’esistenza o la possibilità ci sono, sempre pronti, il moralismo e la logica”, come nota Lucrezia Panunzio Cipriani, curatrice delle note dell’edizione Sellerio. Il lettore/lettrice è dunque complice, e infatti leggendo, scorrendo da un omicidio all’altro il lettore in silenzio vi assiste, e qualche volta, forse inconsapevolmente, vi prende parte.