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REVIEWSLE RECENSIONI
10/06/2022
Def Leppard
Diamond Star Halos
Sulla scia del disco precedente, “Diamond Star Halos” vede i Def Leppard coniugare ancora una volta tradizione (la propria e quella dei loro idoli) e modernità, non disdegnando di inserire anche qualche piacevole novità.

Anche se sembra passato più in fretta, l’intervallo di tempo trascorso tra questo nuovo Diamond Star Halos e il precedente Def Leppard (sette anni) è lo stesso che divide quest’ultimo da Songs from the Sparkle Lounge. Quel disco arrivava dopo l’ottimo album di cover Yeah!, nel quale i Def Leppard si riscattavano dall’insipido adult contemporary di X riappropriandosi delle proprie radici musicali, incidendo gemme prese dal catalogo dei loro artisti preferiti, come T. Rex, Mott the Hopple (per i quali Joe Elliot ha una venerazione), Roxy Music e David Bowie. E se Songs from the Sparkle Lounge condivideva con quel progetto la verve e la semplicità, oltre che un suono immediato e ficcante (ovviamente per i parametri della band britannica), il successivo Def Leppard cercava di far convivere la produzione digitale tipica del XXI secolo con il sound epico di Pyromania e Hysteria, aggiungendo al menù anche qualche piacevole novità, come il blues, la disco e un accenno di elettronica.

In Diamond Star Halos i Def Leppard proseguono su questa strada, continuando a sposare la tradizione (la propria e quella della musica con cui sono cresciuti) con una loro versione di contemporaneità. Per cui ecco che ai “soliti” pezzi nei quali dispiegano a piene forze il loro collaudato armamentario – chitarre glam e hard rock, sezione ritmica marziale, ritornelli da arena ed elaborate armonie vocali –, si affiancano anche riuscite divagazioni, come la ballata a tinte country “This Guitar” (un genere con cui i britannici hanno già flirtato in passato, vedi le collaborazioni con Tim McGraw e una giovane Taylor Swift), qualche accenno di psichedelia beatlesiana (nel finale di “From Here to Eternity” non si può non pensare a “I Want You [She’s So Heavy]”), le tablas di “Liquid Dust” e la produzione moderna di “U Rok Mi” (con degli inediti inserti di chitarra classica e batteria programmata).

Registrato nel corso degli ultimi due anni, con i vari membri della band sparsi per il mondo – il cantante Joe Elliott in Irlanda, il bassista Rick Savage in Inghilterra, i chitarristi Phil Collen e Vivian Campbell e il batterista Rick Allen negli Stati Uniti – Diamond Star Halos risente positivamente del clima di serenità durante il quale è stato realizzato. Senza scadenze e senza impegni immediati all’orizzonte, i Def Leppard hanno riversato nelle 15 canzoni del disco tutta l’energia di cui disponevano, ispirandosi ancora una volta alla triade glam David Bowie, Marc Bolan e Ian Hunter (il titolo del disco, tra l’altro, riprende un verso di “Bang a Gong [Get It On]” dei T. Rex), ma riuscendo allo stesso tempo ad aggiornare il proprio sound al 2022.

Arricchito dai contributi della star del bluegrass Alison Krauss (sua la voce in “This Guitar” e “Lifeless”) e dello storico pianista di Bowie Mike Garson (“Goodbye for Good” e “Angels [Can’t Help You Now]”), Diamond Star Halos è la fotografia perfetta dei Def Leppard oggi: una band di veterani che ama il passato ma non lo idolatra, che si guarda indietro ma è felice di trovarsi a questo punto della propria carriera. È chiaro che i capolavori sono altri, come il trittico dei miracoli Pyromania, Hysteria e Adrenalize (e i britannici sono i primi a esserne consapevoli), ma a conti fatti Diamond Star Halos è un’ottima aggiunta a una discografia che non ha punti deboli.