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REVIEWSLE RECENSIONI
07/03/2020
cmqmartina
Disco
Da qualunque parte la si voglia guardare, questa è una storia di successo e l’impressione è che ne parleremo parecchio nei prossimi mesi.

Da dove cominciare? Da un’etichetta che, in meno di cinque anni, a partire dalla provincia di La Spezia sta lentamente e inesorabilmente ponendosi come uno dei nomi di riferimento nel campo della nuova generazione musicale italiana? O da una ragazza di vent’anni uscita fuori praticamente dal nulla che, con una manciata di singoli, sta sollecitando sempre più le attenzioni e gli entusiasmi di pubblico e addetti ai lavori? O ancora, da un ragazzo altrettanto sconosciuto che, collaborando con lei, ha tirato fuori un lavoro di produzione da fare invidia a nomi ben più blasonati?

Da qualunque parte la si voglia guardare, questa è una storia di successo e l’impressione è che ne parleremo parecchio nei prossimi mesi. Cmqmartina (un monicker che certifica definitivamente l’entrata del linguaggio da telefonino anche nella musica, nel caso non fosse bastato tha Supreme) è il progetto di Martina (il cognome non lo so, non è scritto da nessuna parte) e Matteo Brioschi, che a partire da esperimenti su Ableton si sono messi a fare sul serio fino ad approdare, dopo la canonica infilata di singoli, ad un disco vero e proprio.

Si chiama “Disco” e, nonostante la banalità, non avrebbe potuto esserci titolo più azzeccato. Perché Martina ha una doppia anima, come lei stessa mi ha raccontato nell’intervista che potete leggere sempre qui: ha iniziato col canto, sulle orme degli artisti che si ascoltavano in famiglia e poi ha scoperto la Techno, che ha iniziato a ballare nei fine settimana sin da adolescente. La sua produzione risulta esattamente dall’incontro di questi due mondi, che ha dato vita ad una fusione perfetta, un equilibrio tra i due elementi tale da lasciare decisamente a bocca aperta. C’è l’aspetto della forma canzone (la ragazza canta benissimo, ha una preparazione teorica alle spalle e si sente) con brani che funzionerebbero perfettamente anche con un arrangiamento più scarno o tradizionale; e c’è l’aspetto della produzione, con Matteo che confeziona un vestito potente, fatto di una Dance che guarda tantissimo agli anni ’90, cassa dritta ed elementi EDM bene in evidenza. Il tutto scorre via benissimo: ci si fa trascinare dalle melodie vocali immediate e irresistibili, che rendono ogni singolo episodio un potenziale hit single ma allo stesso tempo si balla (per lo meno chi è capace, io sicuramente no), apprezzando un sound che, grazie anche al lavoro di Leonardo Lombardi, avvolge le melodie e contribuisce a valorizzarle.

I paragoni che sono stati fatti con Cosmo sono senza dubbio appropriati, anche se è bene precisare che qui siamo dalle parti de “L’ultima festa”, quando ancora la dimensione cantautorale era quella che predominava all’interno del songwriting di Marco Bianchi.

Notevoli anche i testi: al di là del luogo comune che un certo tipo di proposta sia quasi costretta a puntare poco sulle parole, Martina si muove all’interno di una dimensione autobiografica accentuata, senza tuttavia sfociare nella narrativa spiccia. Le sue liriche sono una serie di impressioni e di immagini fulminee, che mettono in evidenza le insicurezze e le fragilità che una ventenne di questa generazione non può non avere (dai rapporti usa e getta alla bassa autostima, passando per un uso dei Social Network che rischia di appiattire e stereotipare la personalità) ma che allo stesso tempo denotano una maturità e una lucidità di sguardo che per una ragazza della sua età non sono poi così scontate. Compreso un rapporto spontaneo e spassionato con la propria femminilità che, in un paese dove il ruolo della Pop Star risulta ancora parecchio compresso, potrebbe anche aprire nuovi orizzonti nella percezione comune di un certo modo di fare arte.

A chiudere, una splendida versione piano e voce de “La prima cosa bella”, il classico di Nicola Di Bari, un omaggio alla nonna che gliela cantava da piccola e, nell’economia dell’album, la perfetta chiusura del cerchio, l’ideale ponte tra la dimensione cantautorale e quella elettronica; la conferma, se ancora ce ne fosse stato bisogno, che siamo davanti ad una cantate vera.

La sfera di cristallo non ce l’ha nessuno ma, fossi in voi, terrei d’occhio Martina e tutto il roster de La Clinica. Può darsi che la strada del rinnovamento del Pop italiano passerà dalle loro parti.


TAGS: cmqmartina | disco | loudd | lucafranceschini | recensione