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RE-LOUDDSTORIE DI ROCK
30/07/2018
Boz Scaggs
Down Two Than Left
Boz Scaggs adesso è un tranquillo signore di settantaquattro anni, bluesman di razza da sempre, che incide i suoi dischi senza chiedere nulla di più alla sua gloriosa carriera.

Boz Scaggs adesso è un tranquillo signore di settantaquattro anni, bluesman di razza da sempre, che incide i suoi dischi senza chiedere nulla di più alla sua gloriosa carriera. Sempre belli e raffinati, prova ne è anche il suo ultimo lavoro uscito da poco, Out Of The Blues, ma che scivolano via dopo un paio di ascolti. Se per caso eravate presenti negli anni Settanta forse stenterete a riconoscere quello che fu uno degli eroi del nascente suono californiano che mischiava sapientemente rock, soul e pop. Scaggs ha avuto dei dischi venduti nell'ordine dei milioni di copie e un ragguardevole numero di hits e di canzoni che ancora oggi vengono suonate nei parties a basso grado di tamarraggine.

Down Two Than Left arrivava dopo le stratosferiche vendite di Silk Deegrees, album seminale per il genere, e vede un cambio alla guida artistica: Michael Omartian qui prende il posto di David Paich. Il risultato è un lavoro orientato al blue-eyed soul rispetto al precedente, non c'è una hit come fu “Lowdown” ma nel complesso considero l'album non molto distante da Silk Degrees.

Se "Hollywood" paga il suo tributo alla scena disco, qui giocata in chiave funk, è con "A Clue" e "Watcha Gonna Tell Your Man", due autentici monumenti del soul bianco che il disco prende il volo. 

Nel mezzo troviamo il soul virato jazz (anzi chiamiamola pure fusion, termine nobilissimo per chi non fa del purismo a tutti i costi il proprio credo) di "We’re Waiting", una bellissima ballad divenuta un classico come "Then She Walked Away" e tanta classe da vendere. La saltellante "1993" ricorda "Lido Shuffle" mentre il blues entra mani e piedi nel bel funkettone "Gimme The Goods".  Da par suo il grande Jeff Porcaro ci regala una delle sue migliori performance alla batteria, coadiuvato in modo preciso dalla crema dei musicisti californiani di allora, tra cui vanno ricordati Jay Graydon, Ray Parker Jr. e Steve Lukhater alle chitarre, Victor Feldman alle tastiere e David Hungate al basso. 

Si ha un bel dire che la musica va avanti, ed è giusto così, ma davanti ad un lavoro come questo, si vorrebbe essere per sempre prigionieri degli anni Settanta.