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REVIEWSLE RECENSIONI
Dragon New Warm Mountain I Believe in You
Big Thief
2022  (4AD)
IL DISCO DELLA SETTIMANA INDIE ROCK ALTERNATIVE AMERICANA/FOLK/COUNTRY/SONGWRITERS
8/10
all REVIEWS
14/02/2022
Big Thief
Dragon New Warm Mountain I Believe in You
Dragon New Warm Mountain I Believe in You è, a conti fatti, questa cosa qui: un racconto autobiografico in formato Lo Fi, un’atipica seduta di analisi ai quattro angoli dell’America. Il disco migliore dei Big Thief? Sarà un luogo comune ma non si può che rispondere affermativamente.

C’è il serio rischio che il nome dei Big Thief, per il sottoscritto, rimanga per lungo tempo legato all’inizio della pandemia: il 22 febbraio 2020 avrebbero dovuto suonare a Milano, al Circolo Magnolia, ma le notizie sempre più allarmanti provenienti dall’epicentro di Codogno li hanno portati a rinunciare all’esibizione, nonostante fossero saliti sul palco a Bologna soltanto la sera prima e nonostante non vi fossero ancora indicazioni precise da parte delle autorità. Dissero che avevano a cuore la salute dei fan e tanto bastò. Col senno di poi sappiamo che non sarebbe successo niente ma tant’è, eravamo già entrati, senza accorgercene, in quella condizione psicologica in cui il confine tra giusta cautela e paranoia si sarebbe fatto sempre più difficile da misurare. Fu così che me li persi (consolandomi in maniera poco convinta col ricordo del loro bel set al Primavera Sound del giugno precedente) e che quello de Il Triangolo a Varese della sera prima sarebbe rimasto il mio ultimo concerto per diversi mesi a venire.

Perdonate questa rievocazione inutile ma se è vero che la musica è in un certo senso inevitabilmente legata ai nostri vissuti, allora chiamare in causa il quartetto americano non può essere disgiunto da quel primo confuso avvertire che il mondo sarebbe cambiato per sempre.

Sono passati due anni da quel giorno, tre dall’accoppiata UFOF/Two Hands, usciti a pochi mesi di distanza e frutto più maturo della band di Alt Folk più famosa del momento.

Il dato interessante in effetti è questo: che l’incontro tra la cantante Adrianne Lenker e il chitarrista Buck Meek, avvenuto nel 2015 a New York (lui texano, lei di Indianapolis) abbia nel giro di così poco tempo prodotto quattro dischi acclamati da critica e fan, nonché portato a due nomination ai Grammy; il tutto suonando un genere complessivamente datato, scarsamente appetibile per il pubblico più giovane, poco importa se Bright Eyes e Wilco ne hanno in tempi recenti risollevato le sorti.

Talmente tanto al centro dell’hype, i Big Thief, da non aver paura di lanciarsi in un’iniziativa decisamente ambiziosa, per marcare il loro ritorno sulle scene: registrare 45 canzoni in quattro location diverse, ciascuna con un proprio ingegnere del suono; selezionare le 20 migliori e ficcare tutto all’interno di un doppio cd da un’ora e mezza scarsa.

Dragon New Warm Mountain I Believe in You è, a conti fatti, questa cosa qui, un racconto autobiografico in formato Lo Fi, un’atipica seduta di analisi ai quattro angoli dell’America, tra Upstate New York (dove hanno lavorato con Sam Evian), Topanga Canyon (Shawn Everett), Arizona (Scott McMicken) e Rocky Mountains (la vecchia conoscenza Dom Monks, che li aveva affiancati nei due dischi precedenti). Lo ha prodotto il batterista James Krivchenia ed è il loro personale tentativo di ripartire dopo due anni di isolamento.

Non è stato comunque un periodo morto, quello appena trascorso: si sono tutti dedicati ai loro progetti personali, la Lenker addirittura ad un disco doppio (gli acclamati Songs e Instrumentals), esplorando territori anche diversi da quelli abitualmente battuti col gruppo; James Krivchenia ha per esempio suonato in alcune tracce della nuova versione di Red di Taylor Swift, mentre il bassista Max Oleartchick ha portato avanti il suo lavoro Ambient.

Il progetto di questo disco, ad onor di cronaca, era nato prima del Covid, quando erano impegnati in quel tour europeo che avrebbero poi dovuto interrompere. Il titolo, che suona così strano ed enigmatico, nasce da un verso di “Anything”, sul disco solista di Adrienne, ma è stato in qualche modo spiegato dalle parole che Max avrebbe detto a sua madre, nel tentativo di raccontare che cosa avesse voluto dire tornare a suonare col gruppo dopo questi anni di pausa: “Sembra di stare sulla groppa di un drago. Non possiamo davvero parlare tra noi perché siamo impegnati a cercare di guidarlo dove vogliamo”.

E ad ascoltare queste composizioni (alcune delle quali già anticipate negli ultimi mesi del 2021) si ha proprio questa impressione: un collettivo ritrovato, che suona dal vivo in sala prove, si diverte a sperimenta idee, a trovare soluzioni, ricercando il suono più scarno e allo stesso tempo più caldo possibile, lasciando fluire le sensazioni, i pensieri, e cristallizzandoli definitivamente in canzoni che hanno dentro la primordiale bellezza della natura nella quale sono state concepite.

Se l’idea iniziale era quella di racchiudere in un unico disco tutte le sfaccettature della loro scrittura, ci sono riusciti appieno: le dimensioni potranno anche spaventare ma il songwriting, pur nell’adesione ai soliti dettami stilistici, è assolutamente vario, non ci si annoia mai.

Rispetto ai loro precedenti lavori, si avverte un feeling da ritorno alle radici, all’essenzialità dei vari John Prine, Blaze Foley, Guy Clark, Iris DeMent, artisti che sia Buck Meek che Adrianne Lenker ascoltavano nel momento in cui hanno dato il via alla band. Episodi come “Sparrow”, “Time Escaping”, “Certainty” (meravigliosa quest’ultima), ammantate di Folk primordiale, “Spud Infinity” e “Red Moon” impreziosite dal violino dell’amico Mat Davidson (Twain), “No Reason” dal flauto di Richard Hardy. E ancora un tocco di Pop con “Wake Me Up To Drive”, che ha tanto di drum machine, o l’apparente solarità di “Simulation Swarm”, brano fiume dove Adrienne Lenker fa la summa delle sue ferite personali, dalla rottura della sua ultima relazione al fratello biologico che non ha mai conosciuto, fino all’esaurimento che l’ha portata in ospedale nel maggio del 2020, dopo anni di tour ininterrotti.

La cantante è una songwriter di prima classe e quando dà libero corso all’ispirazione non ce n’è per nessuno, basti vedere la forza liberatoria di un ritornello come quello di “No Reason”, la contemplazione malinconica di “Promise is a Pendulum”, l’insolita cupezza di “Blurred View”, che lascia una sorta di inquietante scia di sofferenza ed è avvolta da un’atmosfera onirica che la rende, almeno per chi scrive, l’autentico capolavoro del disco. Chiusura un po’ classica con “Blue Lightning”, lettera d’amore e d’amicizia di Adrienne ai suoi tre compagni d’avventura, una gemma a metà tra Blues e Country, che esprime tutta la bellezza dell’essersi ritrovati.

Il disco migliore dei Big Thief? Sarà un luogo comune ma non si può che rispondere affermativamente. Poi chissà, tra qualche mese, conoscendoli, potrebbero pure fare uscire le 25 che hanno lasciato fuori e farci scoprire che erano addirittura migliori di queste. Quando hai un potenziale creativo infinito può succedere questo ed altro.