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MAKING MOVIESAL CINEMA
Drive
Nicolas Winding Refn
2011  (Netflix)
NOIR
9/10
all MAKING MOVIES
20/03/2023
Nicolas Winding Refn
Drive
Nonostante nello sviluppo Driver non ci porti nulla di davvero nuovo, Nicolas Winding Refn firma un capolavoro di estetica urbana come solo pochi riescono a fare e ci regala un personaggio indimenticabile, che custodisce il cuore di un bambino ma che cova sotto la cenere una furia indomita pronta ad esplodere.

Drive ha quella potenza che serve per far imprimere un personaggio nell'immaginario, il driver, con pochissimi elementi: un volto semi impassibile (quello splendido di Ryan Gosling), un giubbotto, un paio di guanti, uno stuzzicadenti, magari un martello (ma per quello c'era già Old boy) e un'auto del tutto anonima.

In un impianto noir (o neo-noir se preferite) che batte strade già risapute, seppur con almeno una sostanziale differenza a scombinare un poco le carte, il personaggio senza nome (come lo straniero di Clint) interpretato da Gosling si rivela essere uno di quelli che non è facile dimenticare in quanto estraneo a un contesto che in realtà abbiamo già visto nei contenuti, negli sviluppi, ma in forme e sensibilità diverse. E' un protagonista (post) moderno con qualcosa di ingenuo e antico a muoverne i passi, è una figura archetipica eppure macchiata dalle contraddizioni imposte da una società (o/e da un passato sconosciuto) corrotta e violenta, un mondo finzionale che guarda a un reale dove l'eroe non può più essere solo un eroe, in qualche modo non gli è permesso, perché contaminato, perché inserito in un mondo dove un uomo innamorato di una donna innamorata (bellissima la scena sul pianerottolo con Oscar Isaac terzo incomodo) non può essere felice, dove la posta in palio che interessa al protagonista e quella ambita dall'antagonista in fondo nemmeno collimano, eppure tutto va a catafascio a causa di un ambiente circostante fatto di soprusi, inganni, avidità e violenza. All'uomo innamorato non resta che tornare a essere un driver.

 

Il driver (Ryan Gosling) è un ragazzo pieno di qualità ma anche molto chiuso e riservato: lavora nell'officina dell'amico Shannon (Brian Cranston) e ha un vero talento per le auto, lavora infatti anche come stuntman nell'industria cinematografica in qualità di pilota (siamo a Los Angeles). Di quando in quando si mette a disposizione come autista in alcune rapine, un mago della fuga con le idee ben chiare e regole ferree: tu entri, il driver fa partire il cronometro, ti aspetta per cinque minuti e poi se ne va, se ci sei bene, lui ti porta lontano dalla polizia, se non ci sei lui non ti aspetta.

In ballo c'è anche con Shannon il progetto di tirare su un bolide per il circuito delle corse, servono soldi e Shannon ha qualche contatto poco pulito che potrebbe finanziare, Nino (Ron Perlman) ad esempio, o Bernie (Albert Brooks). Nel condominio dove abita, il driver incontra la vicina di casa Irene (Carey Mulligan), madre del piccolo Benicio (Kaden Leos) il cui padre, Standard (Oscar Isaac) è in galera.

Il driver prova da subito un sentimento sincero (e platonico non dichiarato) per la donna e affetto per il bambino, quando Standard tornerà dalla galera con il fiato sul collo di gente pericolosa al driver non rimarrà che fare ancora una volta il driver per aiutare Standard e tenere al sicuro la donna e il bambino. Ma le cose non sempre filano lisce, nemmeno per lui...

 

Nonostante nello sviluppo Driver non ci porti nulla di davvero nuovo, Nicolas Winding Refn firma un capolavoro di estetica urbana come solo pochi riescono a fare (mi vengono in mente Mann con Collateral e non solo o anche Nolan con la sua Gotham ad esempio). Estetizza e inasprisce quegli sprazzi di violenza che arrivano duri e potenti (qualcuno dice meglio il Cronenberg di A history of violence ma siamo lì) e ci regala un personaggio indimenticabile, che custodisce il cuore di un bambino ma che cova sotto la cenere una furia indomita pronta ad esplodere e nessuno sa perché, magari non lo sa nemmeno Winding Refn ma questo poco importa.

Un eroe romantico si è detto di questo driver, ma è davvero così? È possibile definire così un uomo capace di tanta efferatezza (seppur provocato)? Direi di sì, il finale è lì a dimostrare che cosa conta e ha contato per il nostro protagonista, quali erano le sue vere motivazioni di fronte alle quali, seppur provando anche un poco di paura nei confronti di questo "eroe", siamo disposti a giustificare questo driver e stare senza dubbi dalla sua parte.

Prova di regia di grande talento, premiato a Cannes proprio per la regia, Refn riesce a mantenere in equilibrio il lato noir e quello romantico della vicenda grazie anche alla scelta di affidare a un Gosling adattissimo il ruolo del driver. Gosling riesce a mostrare tutto ciò che ha dentro il suo personaggio tramite un'impassibilità espressiva che dice tutto con variazioni minime delle linee facciali, qualche sorriso abbozzato e pochissime parole.

Alla fine, quando si tirano le somme, Driver è sì un bellissimo saggio di forma e di estetica (quei titoli in rosa...) ma porta al suo interno anche qualcosa di molto sostanziale e qualcosa di nuovo nelle dinamiche action, ottime le sequenze di inseguimento ma soprattutto nella prima il driver. A differenza di altri piloti in altri film, sembra guidare con la testa più che d'impeto e d'istinto, un vero artista, uno stratega della fuga, e poi ancora quel finale che scombina le carte, quel borsone, quell'ultima scelta.