Cerca

Banner 1
logo
Banner 2
SPEAKER'S CORNERA RUOTA LIBERA
16/12/2022
Le interviste di Loudd
Due chiacchiere con... gli artisti di Graduate Unskilled
Dodici delle band e artisti dietro al progetto di Graduate Unskilled, il primo tributo italiano ai Replacements, si raccontano ma soprattutto ci raccontano del loro rapporto con una delle band di culto del panorama underground americano, regalandoci qualche piccola chicca che li lega alle canzoni che hanno scelto di omaggiare.
di La Redazione

Carlo Pinchetti – “Sadly Beautiful”

Raccontaci un po' chi sei e cosa fai.

Ciao, sono Carlo Pinchetti, ho iniziato a sviluppare il mio progetto solista durante il lockdown, quando è stato chiaro che il tour previsto per l’uscita del disco della mia vecchia band, Lowinsky (il cui ultimo pezzo registrato prima di sciogliersi è presente anche in questa compilation), sarebbe stato completamente cancellato. Così, solo, chiuso, in camera, ho iniziato a scrivere canzoni acustiche. Ho pubblicato il mio primo disco solista Una Meravigliosa Bugia nel 2021 e ora sto completando il mio prossimo EP.

 

Che rapporto hai con i Replacements? Chi sono per te?

I Replacements sono una band che “esiste” in chiunque abbia un passato o un presente indie, punk o affini. È come se fosse stata impiantata in automatico nel cervello di tutti noi. Poi però serve sempre un input particolare per scoprirla bene ed innamorarsi. Nel mio caso la scintilla è stata la lettura della stupenda biografia Trouble Boys, scritta da Bob Mehr, che consiglio vivamente a tutti.

 

Come mai hai scelto di fare una cover proprio di questa canzone? Ha un significato particolare per te?

“Sadly Beautiful” è un pezzo di All Shook Down, disco non molto amato dalla maggior parte dei fan, ma decisamente uno dei miei preferiti. È una ballata acustica e triste, decisamente il mio campo di gioco…

Si narra fosse stata scritta originariamente per Marianne Faithfull, ma poi per qualche ragione scartata, e ripresa dunque da Westerberg perché “I realized it was too powerful to throw away”. Per me rappresenta una vera perla nascosta. Inoltre, la mia versione vede l’importante contributo di Elena Ghisleri al violoncello e ai cori e Pete Mayhew dei Gently Tender alle tastiere. Lusso!

 

 

 

 

Jim Mannez – “I Will Dare”

Raccontaci un po' chi sei e cosa fai.

Sono Jim Mannez, alterego di Andrea Manenti, un insegnante che fino a qualche anno fa sognava di diventare una rockstar. Oggi un po' ha perso l'illusione un po' non gliene frega più davvero molto, stando bene così con la vita che ha e con un rapporto con la musica sempre d'amore completo, ma non più visto come un modo di essere poi chissà chi. Alle spalle dodici anni nei Le Madri degli Orfani, appena al di là della propria gamba intenta a passeggiare un futuro con un disco solista che uscirà il 27 gennaio per Gasterecords.

 

Che rapporto hai con i Replacements? Chi sono per te?

I Replacements li ho scoperti abbastanza tardi, diciamo verso i trent'anni. Una volta entrato nel loro mondo non l'ho però più lasciato. La musica di Paul Westerberg e soci, come anche la loro attitudine, mi sono entrate profondamente dentro. Una carriera da perdenti, ma poi vincenti più dei vincenti dato che sono entrati comunque nel cuore di tante persone per cui la musica è molto più di un passatempo. Ho ascoltato e letto quindi tutto di loro in questi cinque anni e ora mi sento un po' come un bambino che ha a portata di mano il suo regalo da quando ho saputo che Tommy Stinson sarà al Druso di Ranica (BG) a febbraio!

 

Come mai hai scelto di fare una cover proprio di questa canzone? Ha un significato particolare per te?

"I Will Dare" è la prima traccia del primo album che ho ascoltato dei Replacements e di cui mi sono innamorato. Un album con la sbruffoneria di intitolarsi Let It Be come un altro album ben più famoso dei Beatles, ma che a ben ascoltare ha oggi un posto ben più importante nel cuore del sottoscritto. Inoltre è la prima canzone che ho inciso da solista, prima di registrare l'album di cui alla risposta sopra: motivo in più per rimanerne per sempre legato.

 

 

 

 

Crooks  – “I’m in Trouble”

Raccontateci un po' chi siete e cosa fate.

Siamo i Crooks da Milano, ci siamo formati nel 1997 e suoniamo punk rock ma con riferimenti al Power pop americano.

 

Che rapporto avete con i Replacements? Chi sono per voi?

Con i Replacements abbiamo un ottimo rapporto, sono tra i nostri miti anche perché hanno mille connessioni anche con il punk rock...Tommy Ramone ha prodotto il loro disco più fico!

 

Come mai avete scelto di fare una cover proprio di questa canzone? Ha un significato particolare per voi?

Abbiamo scelto questo pezzo dal loro primo disco perché ci sentiamo dentro tutti i riferimenti comuni che abbiamo con loro, sound compreso.

 

 

 

 

Andy Burch – “Swingin’ Party”

Raccontaci un po' chi sei e cosa fai.

Io mi chiamo Andy Burch, e sono un cantautore neozelandese che vive da ormai 15 anni a Bergamo, in Italia. Provengo da una piccola città costiera neozelandese, si chiama Napier, che è ha sempre avuto un bel giro di musica dal vivo. Nasco in una famiglia di musicisti e presi in mano la chitarra intorno ai 10 anni per la prima volta. Scrissi il mio primo pezzo a 15 anni, poco dopo la perdita della mia talentuosa sorella Emily. Da quel punto in poi non ho mai smesso di esprimermi tramite musica. Attualmente ho due progetti; faccio anche il frontman in un gruppo Indie / Alternativo che si chiama Long White Clouds, oltre al mio progetto di solista.

 

Che rapporto hai con i Replacements? Chi sono per te?

La musica dei The Replacements girava spesso nelle casse delle feste-in-casa che frequentavo quando abitavo a Melbourne intorno ai primi anni 2000. Non la mettevo io però, questa musica. In realtà ho sempre avuto amici sfegatati dei The Replacements, senza mai esserlo veramente io.

 

Come mai hai scelto di fare una cover proprio di questa canzone? Ha un significato particolare per te?

Quando mi hanno chiesto di contribuire al disco, c’erano già altri artisti che avevano “preso” tante delle canzoni del gruppo. Ero felicemente sorpreso che “Swingin’ Party” fosse disponibile. È sempre stata la mia preferita. Il testo è eccezionale secondo me. Non riesco a non ricordare certe scene edonistiche dal mio periodo a Melbourne, quando sento questo pezzone.

 

 

 

 

The Junction – “Bastards Of Young”

Raccontateci un po' chi siete e cosa fate.

Siamo un power trio indie rock della zona di Padova. Suoniamo imperterriti da molti anni, durante i quali abbiamo pubblicato 3 LP (Let Me Out nel 2012, Hardcore Summer Hits nel 2015 e Dive nel 2019), oltre ad alcuni demo/EP. Abbiamo in programma l’uscita di alcuni nuovi singoli a partire da dicembre 2022, in collaborazione con la nostra etichetta Dischi Soviet Studio di Cittadella (PD). Il contesto più congeniale per sfogare la nostra indole punk è sicuramente il live.

 

Che rapporto avete con i Replacements? Chi sono per voi?

Fino ad un certo punto della mia esistenza, avevo solo “sfiorato” l’ascolto dei Replacements, senza mai dargli la giusta importanza. Poi, intorno al 2012, mi piacevano molto i singoli di una band di Milano, i Chaos Surfari. Avendo letto da qualche parte che quei brani ricordavano per l’appunto i Replacements, ho deciso che era il momento di approfondire l’argomento. Mi sono quindi procurato gli album Let It Be e Tim e sono entrato in fissa per un bel pezzo.

 

Come mai avete scelto di fare una cover proprio di questa canzone? Ha un significato particolare per voi?

“Bastards Of Young” è uno dei migliori brani in assoluto dei Replacements, un vero e proprio inno rock ‘n roll. È carico, “spinge” molto ed è allo stesso tempo orecchiabile. Inoltre rispecchia decisamente il nostro stile. Peraltro, la struttura del pezzo si prestava alla nostra idea di utilizzare due voci “principali”. Nota finale: abbiamo registrato la cover presso lo studio della nostra etichetta grazie al patron di Dischi Soviet Studio, Matteo Marenduzzo.

 

 

 

 

Lester – “God Damn Job”

Raccontaci un po' chi sei e cosa fai.

Ciao sono Lester, scrivo le mie cose dai primi anni novanta, niente di trascendentale: un po’ di rock and roll in salsa newyorchese fine settanta. Venti anni fa dalla batteria passo full time al microfono, da allora incido prima a nome Lester And The Landslide Ladies e ancora oggi come solista. Ho suonato tanto in tutta Europa assieme a chiunque me ne desse la possibilità dagli Offspring a Marky Ramone, da Renato Zero al Piotta, lo so che fa ridere ma è andata proprio così. Accanto alle mie cose ho fatto il bassista ed inciso per Honest John Plain (UK), The Crybabys (UK), Brandy Row (UK) e Brijitte West (USA) ma non voglio annoiarvi oltre, diciamo pure che mi sono dato e continuo a darmi parecchio da fare.

 

Che rapporto hai con i Replacements? Chi sono per te?

Penso che siano una delle band più vere alle quali mi sia mai appassionato. Penso che Westerberg sia uno degli autori più intuitivi e allo stesso tempo raffinato in cui mi sia mai imbattuto. Un talento naturale capace di parlare a tanti di noi in modo viscerale ed immediato, ma sempre con un registro compositivo che incanta ed affascina. Un cantastorie disperato e romantico, un antieroe suburbano, emarginato e anticonformista che parla a chiunque ne abbia condiviso la condizione anche per pochi istanti. Gli Stinson sicuramente ne sposavano naturalmente indole, visione e poetica, come poi evidenziarono le rispettive esperienze artistiche successive; perciò, anche in questa sensibilità condivisa credo che stia la magia della band, senza Replacements il mondo si sarebbe perso un gran bel gruppo.

 

Come mai hai scelto di fare una cover proprio di questa canzone? Ha un significato particolare per te?

L’idea di portare i “Mats” degli esordi, più ruvidi e spigolosi mi ha subito entusiasmato, Stink, l’extended play in cui è comparso il brano per la prima volta, per me è una stupenda polaroid di “quei” Replacements. Personalmente credo che “God Damn Job” racconti in modo coinciso ed efficacissimo la frustrazione comune a chiunque, assorbito dal suo mondo interiore, si ritrovi fuori sincrono rispetto alle aspettative del mondo esterno. La frizione tra quello che si sente di essere e quello che ci “viene richiesto” di essere, nel brano, deflagra amplificando al massimo il disagio e la necessità di recuperare per mettersi in “pari” anche solo per mero spirito di sopravvivenza. Il tutto è sicuramente nelle mie corde, infatti, cercando di vivere di musica il più possibile da oltre vent’anni a questa parte, ho una certa dimestichezza con la questione.

 

 

 

 

Massilanciasassi e i Panamas – “Shiftless When Idle”

Raccontateci un po' chi siete e cosa fate.

Sono Massilanciasassi, dopo una vita passata a suonare Punk rock con molte band (The Leeches, Orange juice from the crypt...) ora lo faccio con una chitarra acustica e con delle storie che mi piace raccontare in italiano! In studio e dal vivo mi aiutano spesso gli amici Nick e Teo! Anche Freddy dei Panamas mi ha spesso dato una mano... e proprio da lì è nata l'idea di collaborare insieme a loro per questa canzone!

 

Siamo i Panamas (Gian, Lollo Freddy e Zano), veniamo dalla brianza e diciamo che proviamo a suonare del punk rock da molto tempo. Veniamo da varie Band (Hawai Zombies, Drawing Dead, The Leeches, Colin Farrell) ora continuiamo a cercare di suonare del punk rock un po' più scanzonato, divertirci e divertire e per cercare di farlo bene abbiamo avuto l'idea di collaborare con Massilanciasassi per questa canzone!

 

Che rapporto avete con i Replacements? Chi sono per voi?

I Replacements sono la faccia perdente dell’America. Se penso agli anni ‘80 e a uno Springsteen che ce la fa, loro mi sembrano esattamente l'altro lato della medaglia. Sconfitti e autodistruttivi ma capaci di scrivere canzoni eterne e bellissime!

 

Come mai avete scelto di fare una cover proprio di questa canzone? Ha un significato particolare per voi?

Mi affascina tutta la carriera dei Replacements, ma se devo scegliere un momento scelgo quello iniziale. Il mischiare Punk/Hc con la canzone d'autore è stato qualcosa che non avevo mai sentito prima e che raramente mi è capitato di risentire con quella spontaneità! Per questo scegliere qualcosa dal loro primo disco mi è venuto naturale.

 

 

 

 

Broomdogs – “Portland”

Raccontateci un po' chi siete e cosa fate.

Broomdogs nasce da una manciata di miei brani, sviluppati poi a distanza con un collettivo di musicisti. Ho pubblicato l'EP High Harbour nel 2021 e due singoli nel 2022 ad anticipare l'uscita del primo LP Hole on the surface il 9 dicembre. Ad oggi il progetto si è trasformato in una band a tutti gli effetti con un mini tour in via di definizione a inizio 2023.Tra le coordinate del sound: folk americano, alternative, glam, indie pop. Tutto velato da una sottile vena psichedelica.

 

Che rapporto avete con i Replacements? Chi sono per voi?

Il primo incontro è avvenuto in realtà con Paul Westerberg, in piena epoca grunge, tra i brani della colonna sonora di Singles. All'epoca, in quel calderone di chitarroni e capelloni, non avevo dato troppo peso a quello che a tutti gli effetti mi suonava come un intruso. Poi col tempo ho imparato ad amare i Replacement per il loro essere outsiders, storti e poco accomodanti.

 

Come mai avete scelto di fare una cover proprio di questa canzone? Ha un significato particolare per voi?

“Portland” ha tutte le caratteristiche del brano perfetto: incedere da ballad, gran melodia, testo che narra di normali situazioni intriso di elementi che ti strappano un sorriso un po' amaro. Ci ho sentito i Byrds, una tra le mie band del cuore.

 

 

 

 

Claudia Buzzetti and The Hootenanny – “Nightclub Jitters”

Raccontateci un po' chi siete e cosa fate.

Claudia Buzzetti and The Hootenanny è un progetto che nasce dal desiderio di Claudia di pubblicare alcuni brani scritti negli anni e tenuti nel cassetto. Claudia Buzzetti canta, recita, suona da quando è giovanissima e all’oggi ha alle spalle una fiorita carriera con diverse collaborazioni con artisti dall’Italia e dagli USA (Verdena, Andrea Parodi, Bocephus King, Chris Buhalis, Jaime Michaels, Jono Manson e altri). Nel 2019, al rientro dagli USA dove si reca per ragioni musicali, la band (The Hootenanny, un termine antico che a grandi linee può essere tradotto come “festa folk”) lavora al primo disco di inediti di Claudia, 7 Years Crying uscito per Edonè Dischi nell’estate 2020. I brani riportano le influenze dell’autrice (musica e testi) e dei componenti, dal soul al country, fra le sonorità jazz e la classica canzone pop. Il tutto su un tappeto di voci armonizzate. Dopo una lunga serie di date per pubblicizzare la prima uscita, ben ricevuta dalla critica italiana e statunitense, il gruppo sta lavorando al prossimo disco. Album full lenght?

 

Che rapporto avete con i Replacements? Chi sono per voi?

Forse L’amore per i Replacements rientra nel grande lettone di quei musicanti che hanno scritto pezzi che ti ricordi. La prima volta che ho ascoltato i Replacements me li aveva consigliati un amico, Matteo Tovaglieri, un grande estimatore della band. Sicuramente la conoscevo già e ne avevo già sentito diversi pezzi, ma ricordo bene! Arriva il giorno in cui i Replacements restano impressi sulla carta assorbente mentre metti su il disco e sei sotto la doccia e hai la rivelazione “oh ma che spaccare raga”.

 

Come mai avete scelto di fare una cover proprio di questa canzone? Ha un significato particolare per voi?

Abbiamo scelto “Nightclub Jitters” perché era il brano più vicino al jazzy, un po' cool un po' groove un po' glitter (che non piacciono né a noi né ai Replacements giusto), un po' sciallo…morbido, come un whiskey? Ecco sì. L’abbiamo registrato nello studio dei Verdena, con un bellissimo ricordo di Albi che con 2 o 3 “tac tic”, ti tira fuori tutto. Abbiamo forse registrato 1 take di voce e 1 take suonata, andava benissimo così. Buona la prima. Bravi tutti.

 

 

 

 

L’ Armata Delle Tenebre – “Kiss Me On The Bus”

Raccontateci un po' chi siete e cosa fate.

L’armata delle tenebre non è una band ma nemmeno un progetto solista. È qualcosa che mi aiuta a rappresentare la mia idea di musica evolvendosi un po’ nel tempo.

 

Che rapporto avete con i Replacements? Chi sono per voi?

Sono il punk per come l'ho vissuto ai tempi in cui li ho scoperti. Lontani dalla protesta, dall'esibizionismo e dalle apparenze. Ma un po’ sfigati e romantici.

 

Come mai avete scelto di fare una cover proprio di questa canzone? Ha un significato particolare per voi?

È il pezzo che mi ha fatto innamorare di loro.

 

 

 

 

Dust – “Rock N Roll Ghost”

Raccontateci un po' chi siete e cosa fate.

Siamo il ricordo di una band pop-rock.

 

Che rapporto avete con i Replacements? Chi sono per voi?

Per noi i Replacements sono la band di uno dei songwriter più sottovalutati di sempre. Nella fragilità delle loro canzoni, soprattutto quelle più Pop in cui le melodie risultano più limpide, il contrasto tra perfezione melodica e tendenza all’autodistruzione è una componente che ci ha sempre affascinato.

 

Come mai avete scelto di fare una cover proprio di questa canzone? Ha un significato particolare per voi?

“Rock n’ Roll Ghost” è interpretata come se fosse la canzone limite di un’intera carriera. È il suono di una band sull’orlo del collasso che guarda a ritroso lo spettro di un successo solo sfiorato. Provare a misurarci con l’intensità emotiva e il senso di precarietà che il pezzo comunica è stato molto stimolante.

 

 

 

 

Edward Abbiati – “If Only You Were Lonely”

Raccontaci un po' chi sei e cosa fai.

Sono Edward Abbiati, nato a Portsmouth in Inghilterra e Pavese dal 2003. Ex leader dei Lowlands (Band Roots Rock) con cui per 10 anni, dal 2008 al 2018, ho suonato in tutta Europa, da Stoccolma a Galway e da Londra a Roma, esibendomi in piazze, pub, club, teatri, prigioni e perfino in qualche chiesa. Coi Lowlands ho inciso una decina di album, ottenendo dozzine di recensioni, incontrando qualche centinaio di anime belle che uscivano a sentire i live e un pugno di mosche stupende che coltivo amorevolmente ancora oggi. Da solista il mio Roots Rock ha preso pieghe Indie, incidendo " Me and the Devil con Chris Cacavas (Green on Red, Dream Syndicate, Giant Sand) e successivamente “Beautiful, at Night” (fondando gli ACC con Stiv Cantarelli). Un disco Garage Punk che era una lettera d’amore alla Minneapolis degli anni ‘80. Il mio ultimo disco solista Beat The Devil, un disco prevalentemente acustico, uscito nel Novembre 2019. Attualmente sta terminando la produzione del nuovo To The Light in uscita a primavera 2023. Quando mi chiedono che musica faccio rispondo “hai presente quella che vende? I’m the other kind!”. Ho avuto la fortuna di suonare in studio o sul palco con artisti incredibili (e amici generosi) come  Syd Griffin (Long Ryders), Chris Cacavas (Green on Red, Dream Syndicate), Winston Watson (Bob Dylan, Warren Zevon) Mike "Slo Mo" Brenner (Magnolia Electric Co., Wild Pink, Marah), Michele Gazich (Eric Andersen, Mary Gauthier), Nick Barker (Reptiles), Tim Rogers (You Am I), Joey Huffman (Soul Asylum), Antonio Gramentieri, Antionio Rigo Righetti e molti altri.

 

Che rapporto hai con i Replacements? Chi sono per te?

I Replacements in un universo parallelo (dove ogni tanto se chiudo gli occhi mi ci trovo) sono l’equivalente dei Rolling Stones per gli anni ‘80. Capaci di prendere a piene mani (prendendo sempre in giro il derubato!)  dal punk, dal pop, dal rock e dal country. Canzoni scritte in maniera perfetta e suonate come se il mondo dipendesse da loro (a volte) e poi sabotate appena le cose si facevano serie. Ho potuto vederli dal vivo a Londra due volte (con gli You Am I, altri beautiful losers) in apertura. Sono i campioni di chi suona storto… ma con cuore indomito!

 

Come mai hai scelto di fare una cover proprio di questa canzone? Ha un significato particolare per te?

Nei primissimi anni coi Lowlands chiudevamo il concerto con “If Only You Were Lonely”, una canzone che parla di innamorarsi in un bar, coi jeans sporchi di alcol e un po' di vomito in bagno. Era ESATTAMENTE ciò che sognavamo succedesse ai nostri concerti. Non la incidemmo mai e quindi sono stra felice di inciderla con quell’arrangiamento (col violino dei Lowlands sostituito dalla chitarra del genio blues di Maurizio “Gnola” Glielmo).  I Lowlands invece incisero “Left of the Dial” una notte in Galles ai Northhouse Studios. Suonavamo in città (dividemmo il bill con Keith Levene dei PIL) e potevamo dormire sul pavimento di questo studio di registrazione. Chiudevamo tutti i concerti di quel tour con “Left of the Dial” e invece di dormire abbiamo chiesto al fonico Chris Peet di potere incidere il brano; lui accettò e da quel giorno non ho più fatto nessun disco senza Chris! “Left of the Dial” è l’inno nazionale delle band che non ce l’hanno fatta ma continuano a girare e a suonare (leggermente a sinistra del mainstream) alla ricerca di una voce amica nella notte.