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SPEAKER'S CORNERA RUOTA LIBERA
21/10/2022
Le interviste di Loudd
Due chiacchiere con... Subconscio
È una calda sera di settembre e sto camminando con la Marty (la fotografa) nei vicoli del centro di Bologna cercando di raggiungere lo studio di Subconscio, location designata per l’intervista. Quando arrivo al civico trovo Giulio (Subconscio) che ci sta aspettando di fronte ad una vetrina. Ci spiega che è un coworking e ci accompagna al piano inferiore. Entro nel suo studio e mi trovo subito a mio agio, il banco del mixer e il computer davanti, a destra un pianoforte elettrico e perpendicolare un divano su cui ci fa accomodare.

Questa è la tua tana?

Eccoci qua. Si esatto, sai avevo bisogno di uno spazio dove poter lavorare e produrre, in casa non è possibile. Però sai a distanza di due anni, da quando ho aperto questo posto, incomincia a starmi stretto. Stavo pensando di cambiare, di allargarmi.

 

Questo è il posto dove produci la tua musica?

Qui vengono fuori le prime idee, le prime bozze del brano. Spesso le faccio piano e voce o chitarra e voce o anche semplicemente la melodia. Poi vado in studio del mio produttore, Davide Luzi (aka Luzee) e sviluppiamo il brano. Ci vogliono sempre molti step prima di arrivare alla conclusione di una traccia e non sempre ci impieghiamo lo stesso tempo. Per questo motivo ho deciso di lasciare il lavoro per potermi dedicare interamente a questo progetto.

Sento infatti che siamo arrivati al punto in cui serve dedicare a Subconscio il tempo di un professionista, senza essere ancora professionisti (infatti non viviamo ancora solo di questo). Personalmente questo fatto non si sposa con un lavoro, è difficile produrre quando arrivi a casa la sera che è tardi e sei stanco, per questo ho deciso da due mesi a questa parte di dedicare tutto il mio tempo a questo. Quindi ora vivo un po’ qui, nel mio studio, un po’ nello studio di Davide Luzi e un po’ anche in altri spazi come lo Sghetto (locale della scena underground bolognese) che nel tempo è diventato un nostro punto di riferimento dove andare a provare, suonare e incontrare tanta gente interessante. Tra l’altro lì registreremo il nostro nuovo disco e siamo molto contenti di questo, i ragazzi dello Sghetto lavorano davvero bene.

 

Ho visto che sei con Totally Imported. Come ti trovi?

Guarda, con Totally Imported ho finalmente trovato la mia dimensione. Prima di arrivare da loro mi sono girato un po’ il mercato discografico e devo dire che è un mondo davvero difficile. A parte che tutti ti chiedono i soldi, da un bel po’ non esiste più il concetto dell’etichetta che paga tutta la produzione. Sono pochissimi quelli che ottengono contratti con un budget di produzione e riescono a mantenere la loro identità. Con Totally Imported non solo sono rimasto me stesso, ma ho trovato un team di persone che davvero mi valorizza.

 

Cavolo che bello! Non è semplice da trovare una realtà così! Sai io nel mio piccolo ho visto molte realtà differenti, compresi casi di alcune produzioni con budget dove l’etichetta agiva molto attivamente nella produzione artistica, a volte modificando le scelte dell’artista.

Infatti, è per questo motivo che già il fatto di poter lavorare con persone che credono nel mio progetto e mi lasciano carta bianca dal punto di vista creativo lo considero una cosa preziosissima: posso esprimermi al massimo senza timori. In passato, invece, quando lavoravo con altre realtà è stato un dramma, sono arrivati addirittura a modificarmi il pezzo in fase di mix e master senza dirmi nulla!

L’altra cosa bella, però, è che si è creato un bel rapporto tra di noi, sembra poca cosa ma in realtà la trovo molto preziosa, non ultimo perché questo legame si è formato anche e nonostante la distanza, visto che siamo in due città differenti. La rapporto si è consolidato quando, dopo la pandemia, ho incominciato ad andare spesso a Milano, a vivere con loro esperienze fino ad arrivare a quella di Sanremo, dove mi hanno accompagnato, è stato davvero bellissimo. Li ho capito che per poter andare avanti avevo bisogno di una squadra affiatata, che credesse in me e nel progetto.

 

Mi spieghi com’è composto il tuo team? Io, per esempio, ti ho visto live due volte e hai sempre avuto la band.

Tu ci hai visto allo Sghetto e alla presentazione del disco al Baraccano e lì ho sempre avuto la band, però il progetto Subconscio è fondamentalmente solista, anche se non potrebbe andare avanti senza il team che ho alle spalle. Questa decisione è nata ovviamente dalle delusioni maturate in storie precedenti, per cui sono arrivato a scegliere di produrre i miei brani da solo o con chi volevo io, per poi portarli in sede live con i musicisti stupendi che scelgono di imbarcarsi insieme a me in questo progetto.

 

Ma quindi quando dico Subconscio chi sto nominando? Chi c’è con te dietro le quinte?

Innanzitutto, parto considerando tutta la band, perché al di là del fatto che Subconscio sono io, suoniamo con la stessa formazione da almeno tre anni. Ad esempio il batterista, un fratello, era un membro della band storica, era con noi da quando è nato il progetto, siamo cresciuti insieme, per cui con lui c’è un legame speciale. Gli altri sono tutti musicisti con cui ho creato legami grazie alle jam session che ci sono qui a Bologna. Prima c’erano le jam in via dei Carracci al Binario 69 dove c’era un evento che si chiamava Spit On It; è stato lì che ho conosciuto Antonio De Donno (il tastierista) e in maniera più approfondita Davide Luzi (produttore), che è stata la mia vera svolta.

Venivo da un momento molto buio in cui ero stato abbandonato dalla band, avevo perso un po’ la voglia di fare musica dopo quella delusione per cui per un paio di anni sono rimasto fermo. Poi ho firmato un contratto per la Miraloop, un’etichetta discografica di Bologna, ma come grafico, non come artista, ed è stato lì in ufficio che ho conosciuto Davide che lavorava come informatico, in coworking nello stesso ufficio. Dopo cinque minuti avevamo già scoperto che avevamo gli stessi interessi, gli stessi ascolti, le stesse vibes. Abbiamo capito che dovevamo fare qualcosa insieme. Da lì è nato tutto.

Per cui nel progetto Subconscio considero anche (anzi che dico, innanzitutto) mio fratello Davide Luzi, perché senza di lui non saremmo neanche qui a fare questa intervista, poi tutta la band, musicisti incredibili che hanno scelto di sposare il mio progetto mettendo da parte un sacco di impegni e proposte, e non ultimo tutti i ragazzi dell’etichetta che fin dal giorno zero hanno creduto in me.

 

ASCOLTA “QUALCOSA DI SPECIALE”

 

Tu invece come sei arrivato a fare quello che stai facendo? Raccontavi prima che stai scommettendo tutto su questo progetto, per cui sono curioso di sapere qualche cosa in più del tuo background.

Tutto è iniziato quando la prima fase del progetto Subconscio si è interrotta, quando gli altri membri della band mi hanno lasciato. In quel periodo ho incominciato a collaborare con una realtà molto interessante di Bologna che si chiama Bologna Underground Movement (B.U.M.) che di fatto era la portabandiera di certe sonorità a Bologna come la bass music o la drum and bass. Con questa realtà organizzavamo vari eventi e in quel periodo (e in quel contesto) è incominciata la mia ricerca musicale o meglio dire la contaminazione, soprattutto in campo elettronico. Prima che nel mio panorama arrivassero i live, la band, gli strumenti, la musica suonata insomma, c’è stata l’elettronica, che mi ha permesso di collaborare con un sacco di artisti interessanti, spesso drum and bass anche di livello internazionale.

È un peccato perchè spesso in Italia la musica drum and bass è vista male, quasi fosse musica da punkabbestia, ed è un peccato perché invece è una cultura vastissima e molto interessante.

Questa parentesi mi ha permesso di acquisire una componente elettronica che oggi nel progetto Subconscio è fondamentale.

 

E gli strumenti invece? Quando sono arrivati?

Quelli sono arrivati dopo, quando un mio amico della crew di B.U.M. che è un grande digger, uno in continua ricerca di musica nuova, nel 2015 mi fa sentire un disco di Jordan Rakei: ho ascoltato il brano “Alright” e lì sono impazzito. Quando ho sentito quel pezzo ho pensato che dovevo fare quello nella mia vita.

Io comunque nella mia vita sono sempre stato legato all’R’n’B, alle sonorità jazzy, all’hip hop, anche perché ho sempre frequentato molto i locali underground di Bologna, i centri sociali dove questo tipo di musica veniva ascoltata e sperimentata. Per cui quando ho sentito questo brano ho riconosciuto subito dei connotati familiari, ma con una veste del tutto nuova, e sono andato subito a studiarlo, analizzarlo e farlo mio.

 

Tra l’altro la cosa curiosa è che mentre ascoltavo il tuo nuovo disco, Il Mondo Invisibile, ho incominciato a segnarmi le reference che ci sentivo…

Davvero?! Cavolo le voglio sapere, adesso!

 

Certo! Ne ho segnate qualcuna. Ovviamente poi vediamo se corrispondono alla tua visione, anche perché è solo il mio ascolto, frutto del mio punto di vista. Il primo che ho scritto è stato Oscar Jerome, poi ho segnato Acid Jazz segnandolo come un grande calderone che comprende tutto quel movimento musicale, invece per la parte elettronica, chill, mi sono segnato Koralle e i Funk Shui Project, poi ho segnato Jordan Rakei e Jorja Smith. Sulla parte italiana l’unico che per sonorità mi è venuto in mente è stato Venerus.

Cavolo se ci hai preso, di fatto sono tutti, per un motivo o per un altro, miei punti di riferimento. Sulla musica italiana io sono più legato, a livello di ascolti, al cantautorato italiano, però mi fa davvero piacere che hai citato Venerus perché è un artista che ammiro tantissimo e penso sia uno dei progetti più forti e veri che al momento gira in Italia; sono davvero grato che un nome così faccia crescere tutta la scena, perché se guardiamo altrove in Italia sembra che esista quasi esclusivamente la trap e l’indie.

 

Infatti, se mi concedi una mini-riflessione, Subconscio è un progetto in italiano ma lo vedo molto più vicino ad un pubblico internazionale. In fondo c’è l’elettronica, l’hip hop, tutta l’influenza jazz, mi sembra molto internazionale come mood. Se dovessi mettere il tuo genere sono un’etichetta (per quanto limitante possa essere) andrebbe bene nu-soul?

Mah, oggi si tende sempre a doversi auto-identificare in etichette, anche solo per ritagliarsi dello spazio. Io sicuramente mi identifico più nelle sonorità nu-soul perché mi piace quel tocco più street legato anche alla cultura hip hop, però come hai detto tu ci sono tante sfumature, c’è l’elettronica o il funk che forse hai potuto assorbire meglio nei live che hai sentito; infatti, con la band tendiamo ad andare molto più verso quella direzione, ma anche un po’ acid come giustamente notavi prima. Però chiaramente è un’etichetta, e in quanto tale è limitante. A me piace molto vagare tra i generi, e infatti so che prima o poi tornerò alla drum and bass! Tra l’altro mio fratello, di sangue, è un producer drum and bass (ha prodotto “Distante”) per cui capisci che questa musica è assolutamente di casa!

 

ASCOLTA “DISTANTE”

 

Il 16 settembre hai pubblicato la tua nuova opera. Mi ha incuriosito molto il titolo, Il Mondo Invisibile. Che tra l’altro è anche il primo brano che incontriamo.

Ed è anche l’ultimo brano scritto. Pensa che non doveva neanche esistere quel brano, infatti è nato prima il titolo del disco. Mentre stavo lavorando ai brani e il disco stava prendendo forma, stavo già pensando anche a tutti gli aspetti grafici, come la copertina (che in generale preferisco fare io, quasi mai lascio fare queste cose all’etichetta, mi piace troppo farle), e la cosa aveva già preso forma. Poi una sera mi sono messo al piano e mi è piombato tra le mani questa canzone, quasi caduta dal cielo. Immediatamente ho capito che c’era una forte connessione con il disco per cui inserirla è stato quasi immediato. Di fatto è il brano a cui sono più legato.

 

Però i singoli che avete pubblicato prima del disco sono “Distante” e “Qualcosa di Speciale”, che tra l’altro sono i miei pezzi preferiti.

Grande! Beh come ti dicevo il mio brano preferito è la title track, però è evidente che ho fatto bene a fidarmi della scelta di Totally per la pubblicazione singoli, l’unica cosa che ho chiesto è che uno dei due singoli fosse “Distante”, poi hanno fatto loro. Ci tenevo soprattutto perché volevo valorizzare molto il featuring con Arya, che penso sia una delle voci italiane più belle in circolazione attualmente (infatti collabora con Venerus).

 

Vedendoti, anzi vedendovi, al Baraccano e allo Sghetto si vede che la tua musica ha respirato molto l’aria di Bologna, di questa Bologna underground. È così?

Sì assolutamente! E mi piacerebbe porre delle radici profonde a Bologna. Vedo molti amici artisti che si spostano inevitabilmente a Milano, io invece non mi ci vedo. La cosa bella di Bologna è che ha una scena che è davvero viva, ovunque vai c’è sempre qualcosa e si suona molto. Anche a Milano, per dire, non si suona così tanto come a Bologna. Qui ogni sera c’è almeno un locale dove si fa musica, che è accessibile e dove puoi conoscere e incontrare un sacco di artisti, un sacco di realtà tutte diverse. Come le serate del giovedì sera allo Sghetto.

 

Ecco esatto, se posso, farei una personalissima nota di merito allo Sghetto perché, per quello che ho visto io, con le serate jam hanno ritirato fuori una dinamica che mancava! Il fatto che arrivi, ti ascolti il gruppo di apertura e poi se vuoi puoi partecipare alla jam senza doverti preiscrivere, fare audizioni etc è stupendo, vai e ti metti in lista. Io personalmente avevo sentito la mancanza di una scena del genere.

Si esatto mancava una cosa come questa. Certo, a volte non è semplice da gestire perché comunque devi sempre capire chi gestisce la jam, ordinare il più possibile le persone, come il fatto che non sai mai chi salirà sul palco e questo non è semplice. Però questo è lo spirito della jam. Altrimenti vai in altri locali dove fanno le jam ma in realtà suonano sempre le stesse quattro persone da venticinque anni, e non si rinnova mai nulla.

 

Secondo te il progetto Subconscio sarebbe stato possibile in un'altra città?

No, non credo. Per come mi vivo io il mio progetto, per come è nato, se non ci fosse stata quella componente bolognese dell’uscire un lunedì sera a caso in cui magari non dovevi neanche uscire e ritrovarti alle 6 di mattina ribaltato da qualche parte, fa parte di tutta la contaminazione che c’è a livello culturale. Ti ritrovi spesso ad incontrare in serate da qualche parte gente che magari si è appena trasferita e ha una formazione completamente diversa dalla tua e tutto questo è bellissimo. Ecco, per tutto questo, sinceramente se non fossi cresciuto e vissuto a Bologna non so se Subconscio ci sarebbe oggi.

 

ASCOLTA “IL MONDO INVISIBILE”

 

Volevo concludere con un affondo sul nome del disco. Volevo che mi spiegassi che cos’è per te questo “mondo invisibile”.

Ci sono sempre stati dei momenti, soprattutto quando ero piccolino, nei quali mi piaceva isolarmi, rinchiudermi nel mio mondo invisibile, interiore. Per cui lo vedo un po’ come uno spazio personale che abbiamo tutti a disposizione dove possiamo essere quello che vogliamo, possiamo desiderare ciò che vogliamo, e sappiamo che nessuno può entrarci. Questo è il concetto che si lega alla copertina, che infatti rappresenta questo mio spazio intimo, illustrato come il mio studio di casa ma in mezzo al mare, per cui in una situazione completamente insolita. Sicuramente è un luogo che vedo anche come uno scudo, che ci difende da ciò che ci minaccia dall’esterno.

 

Che poi è curioso perché sembra che questo Mondo Invisibile ci possa aiutare ad affrontare le difficoltà di tutti i giorni. Infatti, per come ho ascoltato io i brani, nella title track esponi questo concetto, ma nelle altre tracce racconti fatti di tutti i giorni, cose che sono successe anche a me, e questo è molto bello perché si capisce che sono tutti brani legati a fatti ben precisi, ma allo stesso tempo ci si riesce ad immedesimare.

Esattamente, era il mio intento. Io sono il mezzo che ti porta a capire questa roba, e per facilitare questo processo non faccio mai riferimenti precisi a persone luoghi o fatti, cerco sempre di far sì che l’ascoltatore ci si possa immergere, ma vivendo le sue esperienze uniche e personali. Poi ogni brano ha una sua caratteristica, una sua sfumatura. C’è quello che parla d’amore, quello che parla di amicizia e rapporti e anche quello dove sono arrabbiato con una persona, o con una tipologia di persone.

 

Ti riferisci a “Rimani Davvero”?

Si esatto! Li sono incazzato con una persona in particolare, ma anche con un tipo di persone, quello che arriva cercando di importi uno stile che non è il tuo, pensando di avere ragione a tutti i costi senza ascoltare. Mi è capitato infatti di avere una discussione con un personaggio di questo tipo e lui mi diceva che non avrei mai avuto successo con “questa roba”. A me sinceramente non mi interessa dare ascolto a persone del genere e preferisco continuare ad essere chi sono: me stesso.

 

ASCOLTA “RIMANI DAVVERO”

 

Ormai sembra che uno debba iniziare a fare musica solo ed esclusivamente per avere successo, sembra che il mondo mainstream si sia dimenticato cos’è l’arte. Non che non si debba cercare il successo, ma che non sia il primo e unico obiettivo.

Esattamente. Chiaramente sarei un’ipocrita se non mi augurassi di riuscire ad arrivare al disco di platino, però lascio che le cose avvengano un po’ da sole, non forzo nulla, lascio che i passi vengano da sè. E poi siamo qui innanzitutto per fare arte, è un’esigenza, e sinceramente parlando, anche se non avessi tutte queste opportunità che ho ora, la farei lo stesso.

 

Grazie di questa mega chiacchierata! È stato davvero bello esplorare la tua musica e anche in un certo senso questa città che entrambi amiamo. Ti saluto con il domandone dei domandoni di rito: cosa ci dobbiamo aspettare adesso da Subconscio?

Grazie mille Steve e grazie mille a Loudd. Guarda, sicuramente uscirà un nuovo singolo prima di Natale e sarà un’altra collaborazione con un artista incredibile di Bologna che per ora rimarrà segreto. Oltre a questo sto lavorando con Davide Luzi al nuovo progetto anche se lo stiamo facendo con molta calma, senza sapere che cosa salterà fuori. Voglio innanzitutto godermi l’uscita di questo disco e farlo girare e conoscere il più possibile. Per cui vedremo!

 

 

Photo credits: Martina Esposito